NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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La Pianta Angelica torna al Museo Diocesano

Realizzata cinque anni fa dagli argentieri di casa nostra sul modello cinquecentesco sparito nel 18esimo secolo ad opera delle armate napoleoniche, la Pianta è una riproduzione a cerchio della città, diametro 58 centimetri, frutto di una lunga ricerca storica e di immagini culminata nell'utilizzo di sofisticatissime tecnologie laser: l'Expo di Milano premia così l'eccellenza dell'artigianato vicentino

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La Pianta Angelica torna al Museo Diocesano

(g. ar.)- Il Priore di Monte Berico trascrive fedelmente nel suo diario della primavera del 1787 tutta la frustrazione nel vedersi trafugare qualsiasi oggetto prezioso che costituiva per il santuario un patrimonio intoccabile  e sacro dedicato alla Madonna, quella che aveva salvato Vicenza dalla pestilenza del 1578. Dopo duecento anni insomma i frati subivano l'aggressione delle armate napoleoniche che avevano in mente un unico obiettivo: spogliare di tutte le cose preziose i beni ecclesiastici e trasformarli in bottino di guerra. Avevano cominciato in pianura questa rapina, la conclusero in collina, invadendo la chiesa e il convento e facendosi consegnare proprio dal Priore tutti gli oggetti preziosi. Si trattava di ex voto e molto altro, soprattutto erano oggetti di argento, molti dei quali di grande valore artistico, ma anche economico. Il pezzo forte della rapina fu ovviamente la Pianta Angelica, un gioiello di argento rotondo di oltre mezzo metro di diametro che riproduceva a sbalzo il centro storico della città. Un valore praticamente inestimabile. Era l'oggetto che i vicentini avevano deciso di dedicare alla madonna di Monte Berico la cui apparizione nel 1578 era ritenuta alla base della salvezza della città dalla pestilenza terribile che l'aveva colpita. Un ex voto eccezionale, dunque, che in pochi secondi passò dalle mani dei frati che la custodivano da quasi due secoli a quelle dei soldati di Napoleone, i quali nei giorni precedenti si erano distinti particolarmente nella loro attività di aggressione e spoliazione dei beni consacrati appartenenti alla Diocesi di Vicenza non tralasciando praticamente alcun angolo di qualche valore da cui poter trarre un successivo forte guadagno in termini di moneta.

La Pianta Angelica torna al Museo Diocesano (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)LA "PIANTA" CAMBIA MANO- Avvenne così che la Pianta Angelica uscì dalla Basilica di Monte Berico per mai più farvi ritorno e senza naturalmente che si trovasse una traccia del suo viaggiare verso la Francia. La più accreditata fu da subito l'ipotesi che con tutti gli altri oggetti preziosi trafugati fosse destinata alla fusione e quindi al successivo riciclo in termini di valore economico del metallo prezioso ricavato. Quella Pianta Angelica cambiò dunque mano in modo brusco e storicamente documentato, ma tanti anni dopo eccola riapparire all'Expo di Milano dove ha ricevuto un premio di eccellenza come manufatto artigianale. Non è la stessa di duecento anni prima naturalmente, ma come vedremo è tale e quale e frutto di un lunghissimo lavoro che si è avvalso della tecnologia laser più moderna ricavando immagini e proporzioni dalla documentazione storica in possesso dei musei. Oggi la Pianta, la nuova Pianta, sta cambiando nuovamente mano: dopo essere rimasta esposta e premiata all'Expo di Milano, sta compiendo il suo viaggio di ritorno che la riporterà questa stessa settimana nella sua sede proprio, dato che chi l'ha realizzata l'ha da subito affidata al Museo Diocesano di Vicenza. Nella Sala dei Priori, la prima saletta a sinistra del Museo, tornerà dunque sulla colonna tronca di legno -anche questa realizzata dagli artigiani- che le fa da base espositiva. Una bellissima soddisfazione, come dice il direttore del Museo mons, Francesco Gasparini, che testimonia tra l'altro come questa sede costituisca la risposta più adeguata alla necessità di esposizione per opere pittoriche, scultoree e preziose in genere che non custodite nel modo più adeguato diventerebbero facile preda di malintenzionati.

DA CAPOBIANCO AL LASER- Diciamo pure che si chiude in questo modo, il più soddisfacente, quello che la storia ci tramanda come una vera e propria tragedia del tempo perché il furto dei soldati francesi colpiva a fondo la città e la sua tradizione di devozione. Dall'orefice Capobianco, insomma, che era stato l'autore della Pianta alla fine del 1500, il manufatto originale d'argento che i vicentini avevano voluto dedicare alla Madonna di Monte Berico, si passa all'iniziativa del 2010 che regala una copia del gioiello, ma una copia di valore forse altrettanto difficile da misurare in termini economici. Il rientro al Museo Diocesano, d'altra parte, rappresenta come la chiusura simbolica di tutta questa lunga storia e questa volta nei termini più tranquillizzanti. La memoria trasmessa dal diario quotidiano del Priore di fine 1500, ci spiega infatti che il fatto drammatico di questa invasione nel Santuario, fu soltanto la conclusione di almeno due settimane terribili in cui l'esercito napoleonico mise allo scoperto senza possibilità di equivoco che cosa intendeva davvero per sequestro dei beni ecclesiastici.

Il trasferimento degli oggetti direttamente alla proprietà definitiva della Repubblica francese fu immediato e condito da varie aggressioni, comprendendo terreni e case religiosi, ma più generalmente tutto ciò che era possibile depredare quanto a oggetti d'arte. I più colpiti furono oltre che la sede vescovile di Vicenza e tutte le parrocchie che detenevano misure anche minime di patrimonio artistico, alcuni obiettivi specifici che per la precisione e la sicurezza con cui vennero assaliti e spogliati di tutto sicuramente facevano parte di un'agenza specifica preparata in precedenza rispetto all'invasione della città.

Forse il caso più emblematico di tutta questa attività predatoria fu ad esempio quello dei conventi benedettini femminile e maschile: a San Felice il convento maschile fu assalito e praticamente cancellato per sempre dalla mappa dei riferimenti religiosi in città, mentre a San Pietro, dove c'era molto di più da depredare, e dove l'insediamento delle monache era molto più radicato e importante, i soldati francesi costrinsero le suore ad allontanarsi dalla loro sede per rinchiudersi nel loro altro insediamento di Grumolo, dove a partire dal loro arrivo in Italia al seguito dell'imperatore Corrado il Salico avevano realizzato in tre secoli una fiorente piantagione di riso che come noto dà ancora frutto ai coltivatori.

Uscite a forza le suore, la chiesa di San Pietro e tutti gli edifici che ne costituivano le pertinenze furono spogliati di tutto, tanto che ancora oggi, tutto quel che rimane di quel grande patrimonio, a parte muri, chiostro e qualche antico affresco, è una piccola collezione di alcuni capi d'abbigliamento d'epoca custodite nelle vetrine. Questa è la storia molto breve ma significativa, di quanto accadde allora e che fece però da premessa a questa realizzazione straordinaria degli argentieri vicentini.

LE ECCELLENZA ARTIGIANALI- La nuova Pianta Angelica è rimasta in esposizione al Padiglione Italia dell’Expo di Milano fino alla settimana scorsa; sono state due le eccellenze dell’artigianato vicentino, selezionate nell’ambito del concorso nazionale “Nutrire il futuro: energie dalla tradizione – Settore Manifatturiero” promosso da Confartigianato cui hanno preso parte 193 candidati. Obiettivo dell’iniziativa era quello di segnalare il meglio della produzione artigianale contemporanea italiana, prodotti cioè capaci di esprimere valore artigiano attraverso requisiti di eccellenza, personalizzazione, identità e tracciabilità.

Una espressione di eccellenza intesa -come ha sottolineato il presidente di Confartigianato Vicenza Bonomo- come qualità riconosciuta e certificata delle materie prime e delle lavorazioni oltre a personalizzazione come espressione della personalità, dello stile unico dell’artigiano, identità quale insieme delle caratteristiche che rendono il prodotto riconoscibile e lo differenziano, tracciabilità quanto a possibilità di riconoscere la filiera produttiva e la provenienza delle materie prime, fondamentale anche come indicatore di sostenibilità ambientale e di eco-compatibilità. Il concorso, dunque, era mirato a dare risalto e a premiare la capacità dell’artigianato italiano di rinnovare le proprie tradizioni, di lavorare con tecnologie e materiali innovativi, di offrire un’alternativa di qualità e di varietà alle proposte standardizzate e seriali della grande industria, coniugando manualità e innovazione, creatività ed esperienza.



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