NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Giovanni Paolo II: è bello riflettere sull’arte e gli artisti

di Italo Francesco Baldo

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Giovanni Paolo II: è bello riflettere sull’arte e

Premessa

A Vicenza con prese di posizioni anche variegate si è discusso su una rappresentazione in programma al Teatro Olimpico. Ciò che è in parte mancato è un autentico approfondimento di che cosa debba essere l’arte e quale la sua finalità, coinvolgendo in questo dibattito anche gli artisti stessi, nel nostro caso non solo l’Autore, ma anche gli attori che sulla scena interpretano per degli spettatori, talora paganti, il testo. Due elementi sono da considerarsi. Il primo che lo spettacolo teatrale è per sua natura un divertimento, ossia un uscire dalla routine oppure è didascalico. Il secondo elemento è la domanda più importante se quanto proposto come “artistico” lo sia o no. Coinvolgendo proprio il più classico dei quesiti: che cosa è la bellezza nell’arte.

Questi interrogativi non hanno trovato vero spazio e anche da parte del capo dell’Amministrazione Comunale, si è avuta più una pilatesca presa di posizione che non una seria e precisa riflessione, ma si sa che a “giochi fatti” non è più possibile, opina tra le righe, il Dottor Variati, ritornare indietro, come se il mondo fosse sempre e in ogni caso irreversibile nel suo moto verso …non si sa che cosa. Ciò a proposito proprio dell’Olimpico e degli spettacoli proposti da diversi anni, a spese di Pantalone, ma non a godimento del popolo, tanto che si può affermare che il Comune di Vicenza non ha offerto nemmeno il circenses, figuriamoci il pane della cultura, soprattutto classica.

A questo proposito, indicare almeno un momento dell’importante dibattito sull’arte e gli artisti, ci sembra quanto mai interessante. Riproporre quanto papa Giovanni Paolo II ha riflettuto in un’importante Lettera agli artisti, sulla scia anche dell’ Omelia di Paolo VI il 7 maggio 1964 Messa degli artisti nella solennità dell’Ascensione, ci sembra un buon avvio ad un approfondimento che è mancato, ma è mancato perché sembra che a Vicenza, valga di più un’intervista, un’apparizione mediatica, che non una serena e quieta analisi.

Giovanni Paolo II: è bello riflettere sull’arte e (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Il pontefice indirizzò nel 1999 agli artisti una lettera in vista del giubileo e lui che conosceva l’arte, l’amava e amava anche il teatro sia per averlo da dilettante praticato sia per aver scritto qualcosa per il teatro, ben ha tracciato delle linee di riflessione. Proprio Giovanni Paolo II che a proposto del restauro della Cappella Sistina, aveva introdotto la dizione di “teologia del corpo” per significare che anche la dimensione della corporalità è, come attesta Michelangelo, non è negativa di per sé, lo diviene quando il corpo è considerato solo nell’orizzonte della materia. Delinea con efficacia la prospettiva del papa polacco P. A. Pedro Barrajón: ” Giovanni Paolo II che, partendo proprio dalla categoria “corpo”, tanto idealizzata dalla cultura, riuscì a mostrare la sua valenza teologica in un contesto d’ampio respiro che recuperava la profonda spiritualità insita nel corpo umano, corpo creato, corpo redento da Cristo, corpo unito all'anima, corpo personale, corpo cristificato, corpo destinato alla risurrezione, corpo sponsale. Facendo così ha potuto recuperare i concetti fondamentali dell'antropologia cristiana, sotto una prospettiva originale dove l'analisi dell'esperienza umana assume anche un valore forte, oggettivo, addirittura teologico. Giovanni Paolo II volle recuperare la bellezza dell'amore umano, anche corporale, nel matrimonio e creò la teologia del corpo che deve essere letta come la risposta pastorale di un sacerdote, che ha capito la grandezza dell'amore umano nel piano di Dio, ha intravisto le sue possibili deviazioni, ma anche il potere redentore di Cristo che è capace di redimere da dentro il cuore dell'uomo.” (P. A. Pedro Barrajón, L.C., La teologia del corpo di Giovanni Paolo II: uno sguardo d’insieme, in AA. VV., La teologia del corpo di Giovanni Paolo II, Atti del Convegno Internazionale, Roma 9-10 novembre 2011, Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, Roma, 2012, p.13)

 

Lettera di Giovanni Paolo II agli Artisti

Giovanni Paolo II: è bello riflettere sull’arte e (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)La parola di Giovanni Paolo II, dopo essersi rivolta ai filosofi ed ai teologi con l’enciclica Fides et ratio, dove affrontava con serenità la necessità che l’indagine razionale e la forza della fede contribuiscano, ognuna con le proprie capacità e specificità, ad elevare lo spirito dell’uomo, recentemente si è diretta agli Artisti con una Lettera. Questa è diretta “ A quanti con appassionata dedizione cercano nuove epifanie della bellezza per farne dono al mondo nella creazione artistica.” Con grande attenzione al particolare mondo degli artisti, il Papa li avvicina al pathos “ con cui Dio, all’alba della creazione, guardò all’opera delle sue mani” e a come Dio continuamente riguarda all’opera sua. L’artista se in sintonia con ciò eleva se stesso e traduce il suo stupore nella opera, che produce. Infatti, “l’artista quando plasma un capolavoro, non soltanto chiama in vita la sua opera, ma per mezzo di essa, in un certo modo, svela anche la propria personalità”, perché comunica con gli altri e li rende partecipi, come ha fatto Dio con l’uomo, di quanto egli ha plasmato, cercando quella condizione che è finalità dell’uomo, cioè la potenza del bene. Essa, come afferma Platone del Filebo, si è rifugiata nella natura del Bello, che si propone come apice della ricerca stessa dell’uomo. Proprio il tema della bellezza è qualificante per il discorso sull’arte; essa, infatti, quando è consapevolmente opera d’arte e non si lascia dominare “ dalla ricerca di gloria fatua o dalla smania di una facile popolarità, ed ancor meno dal calcolo di un possibile profitto personale” contribuisce a dare pieno significato all’uomo ed alla sua vita in questa terra. L’artista così è al servizio di una spiritualità che nel corso dei secoli si è affermata e nel mondo cristiano ha trovato nella Sacra Scrittura “un immenso vocabolario”, “un atlante iconografico” come affermavano P. Claudel e M. Chagall. Certamente i modi d’espressione sono stati diversi, dall’icona all’umanità di Giotto, dall’intensità mistica della tecnica strutturale del gotico all’abbraccio al mondo del colonnato del Bernini, dal poema sacro di Dante a L’Idiota di Dostoevskij, da Per Luigi da Palestrina a Mozart, a Verdi, da Sofocle, a Trissino a Shakespeare fino a Diego Fabbri, a tutti coloro che hanno fatto del lavoro artistico uno stile di riflessione e approfondimento delle tematiche fondamentali della vita e dell’uomo, del suo spirito che si eleva al di sopra della mera contingenza storica. Se è vero che nell’età moderna, ricorda il Papa, nell’arte “si è anche affermata una forma d’umanesimo caratterizzato dall’assenza di Dio e spesso dall’opposizione a lui” e talora, soprattutto in teatro, diviene un Ginnasio di malcostume paganizzante, come recita la poesia

 

Sotto l'Olimpico

la terra palpita

d’ogni scena

quando

variati e sardonici risi

accendesi,

e trepido risalta

il niente

che appare.

 

È pur vero che la Chiesa non ha mai rinunciato a mostrare apprezzamento per il valore dell’arte, che vede come un “ponte gettato verso l’esperienza religiosa” che costituisce “la patria dell’anima”.

Per questo è necessario avere chiarezza e non lasciarsi abbindolare da se-dicenti forme d’arte che si autodefiniscono tali ed utilizzano come unico parametro estetico solo se stesse. L’Autore, infatti, ritiene che non esista una valutazione estetica, ma solo la sua espressione, se gli spettatori accordano bene, altrimenti, lui si è espresso. Magari a spese di Pantalone.

Considerazioni importanti quelle di Giovanni Paolo II, perché coglie come l’arte sia comprensione dell’uomo, della sua autentica immagine e della sua ricerca della verità, che è il mistero dell’incarnazione, che ha dato sacralità all’uomo proprio perché gli ha fornito il senso compiuto del suo esistere nel mondo, ma non per il mondo. Con l’umiltà che deve caratterizzare ogni autentica ricerca filosofica, teologica e artistica, l’uomo può dialogare con se stesso ed il suo vertice, quel punto omega nel quale il Bene ed il Bello coincidono. Ciò non può che destare stupore, perché “di fronte alla sacralità della vita e dell’essere umano, di fronte alle meraviglie dell’universo, l’unico atteggiamento adeguato è quello dello stupore” dal quale nasce l’entusiasmo per quel bene che deve essere fatto bene, per superare le sfide cruciali che si possono annunciare all’orizzonte. Proprio perché molteplici possono essere i sentieri, gli artisti possono con il loro plasmare condurci a quell’intuizione creativa, che cerca nell’uomo il suo meglio.

Se l’artista saprà superare la mera contingenza, l’essere funzionale al consumo, l’essere propaganda di un regime politico o l’essere rinchiuso nel proprio edonismo ed egoismo, allora potrà proporre un’autentica dimensione dello spirito. Così Giovanni Paolo II invita gli artisti ad una nuova alleanza con la chiesa, perché essa ha bisogno dell’arte, così come l’arte della chiesa, perché, come affermava F. Dostoevskij “ la bellezza salverà il mondo” e che cosa è questa bellezza se non quell’arcana nostalgia di Dio, che l’uomo ama, come amò Sant’Agostino”: Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato!” (Confessioni, 10,27)

Vi è dunque bisogno di bellezza

 

Il bisogno di bellezza

Giovanni Paolo II: è bello riflettere sull’arte e (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)C’è bisogno di bellezza nei nostri giorni: troppo a lungo l’abbiamo trascurata, riducendola solo ad un fatto esteriore, a qualcosa che riguarda il piacere sensibile e basta, quando va bene, negando che essa investa tutto l’uomo, tutto ciò che riguarda l’uomo dal modo di pensare all’oggetto del pensare, dal bene, alla giustizia, all’utile. L’abbiamo negata anche là dove essa aveva un posto illustre, là dove essa era il punto di riferimento principale, tanto che si poteva chiamare “arte” solo ciò che era “arte bella”. Abbiamo chiamato “arte” qualsiasi cosa che si dicesse “arte”, cosicché questa altro non diventa che l’espressione di un singolo pensiero che sostiene che è arte quello che io chiamo arte, riducendo ancor più la definizione che Dino Formaggio diede nel 1973: "L’arte è tutto ciò che gli uomini chiamano arte”. (D. Formaggio, L’arte, Milano, ISEDI, 1973, p.9).

C’è bisogno di bellezza nelle parole: troppo le usiamo senza vera comprensione del loro significato, le addomestichiamo a nostro uso e consumo, le interpretiamo senza dare loro nessuna vera ragione. Le parole sono pittura delle idee, esse danno agli uomini la meravigliosa possibilità di comunicare, tanto che non possiamo immaginare un mondo senza parole. Di belle parole sia il discorso e non di quelle triviali che, pur esistenti, sono state sdoganate per illusione di liberazione. Si crede che con ciò sia possibile un’emancipazione, un affrancamento; si sostiene: nessuno mi può censurare, qualsiasi linguaggio io usi. Io, infatti, mi esprimo con le parole che “voglio” con un arbitrio assoluto. La parola non è importante, non ha vero significato se non quello che io le do e chi comprende, se proprio vuole comprendere, comprenda.

C’è bisogno di bellezza nei nostri pensieri: essi non sono agglomerati di parole in fila, secondo un singolare arbitrio. È pensiero, si dice, tutto quello che il mio cervello elabora, senza alcun parametro di riferimento. Ogni uomo costruisce il suo pensiero, secondo quanto può, ma soprattutto secondo quanto vuole. Un pensiero rigoroso… solo una schiavitù, un pensiero che possa essere compreso, una possibilità non necessaria, tanto che ogni pensiero altro non è che un singolare, il mio, modo di esprimermi, un’arte: che questa sia scientifica, o un semplice sofisma, poco importa. Io ho misurato con i miei pensieri il mondo e il mondo ha la misura dei miei pensieri. Chi può comprenderli? Chiunque pieghi la sua comprensione al mio pensiero e deve accettare che esso è in quel momento, ma un istante dopo, sarà quello che io dico subito dopo.

Non si tratta nemmeno più di riuscire almeno a farsi comprendere in qualche modo: se io dico che questo è il mio pensiero, questo è il pensiero.

C’è bisogno di bellezza quando riflettiamo su ciò che è e ciò che entra in relazione con noi, sia esso l’Essere che solo l’uomo sa pensare, oppure gli esseri particolari, quelli che sono oggetto delle scienze. Le nostre parole, i nostri pensieri non possono essere casuali o frutto dell’occasione, dell’opportunità o essere semplicemente “al servizio”. Non si può pensare una scienza ad arbitrio e ad uso del singolo. Così facendo è il singolo che si lascia trascinare dalla propria corrente nella quale non riesce mai a bagnarsi che una volta e sempre in modo impreciso.

C’è bisogno di bellezza quando interroghiamo noi stessi, e nella profondità del nostro essere, che chiamiamo anima, possiamo trovare il nostro autentico significato.

C’è bisogno di bellezza quando interroghiamo l’universo, questo cosmo nel quale viviamo e senza il quale noi stessi nulla saremmo.

C’è bisogno di bellezza quando indaghiamo se il fondamento del nostro stesso esistere sia Dio, l’essere fondamento di tutto: Colui che è, e senza di Esso altro non saremmo che esseri vaganti senza significato.

C’è bisogno di bellezza nella riflessione morale: essa non è dettata dall’urgenza, dalle situazioni, ma con pacatezza deve cercare di riflettere su quale, tra le possibili azioni, possa portare al bene che si coniuga con la bellezza dell’atto da compiersi e lo considera, quando esso è compiuto, buono oltre che bello. Nelle possibili azioni dell’uomo anche quelle che riguardano tutti gli uomini che vivono insieme vi è necessità di bellezza. Superando l’interesse individuale ci si apre alla prospettiva di un’armonia tra le persone per ciò che può diventare bene civile, mediante leggi che sono giuste perché hanno insito in loro la prospettiva del bene. (Mi permetto di rimandare al mio Antonio Rosmini La società e il suo fine, in AA. VV., Le ali del pensiero: Rosmini e oltre, Verona, Ed. Mazziana, 2009, pp. 123-134). Lo stesso bene che guida anche le azioni volte alla ricerca del benessere dei nostri giorni, che è necessario, ma non è mai il fondamento, se non per coloro che solo in basso sanno guardare o razzolare.

C’è bisogno di bellezza anche nell’estetica, ridotta sempre più a considerazione intellettualistica, dove nemmeno i sensi hanno più parte, quando semplicemente “vedono” quello che è definito dalla critica come “arte”, spesso, non si sa bene, con pensiero forzato. La critica sassifica, diceva il poeta Giacomo Zanella, fin da giovani, e fa perdere l’autentica relazione estetica, quella che si fa tale nell’incontro diretto con le opere, le quali vivono in noi e suscitano il desiderio di rincontrarle, di rileggerle.

C’è bisogno di riprendere la riflessione sulla bellezza perché essa tutto avvolge e in essa l’uomo trova autentico appagamento, ché, altrimenti, si limita a considerare ogni aspetto per se stesso o nella sola dimensione strumentale. Quando l’uomo diventa fantasma a se stesso, allora diviene fecondo di imposture e di inganni, prima di tutto verso se stesso, e finisce nel nichilismo, che oggi per alcuni è l’essenza stessa dell’Occidente. Il mondo, l’uomo non sono che “niente”, e in questo “niente” tutto si scioglie nell’oscuro che è proprio il contrario della bellezza. Il nichilismo è la rinuncia dell’uomo a cercare se stesso, a tentare una ricerca di senso, a tentare, seppur parzialmente, di definirsi.

 

Conclusione

Giovanni Paolo II: è bello riflettere sull’arte e (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Di quante lettere avremo bisogno per restituire all’uomo quella dignità e quella sacralità di cui oggi vi è gran necessità e per le quali ci si deve attivare, ognuno nel proprio campo e con quello spirito che gli artisti hanno manifestato e manifestano quando la loro ricerca e produzione aspirano al massimo per lo spirito e l’anima e non grufolano come i materialisti, ricorda nella sua canzone Cyrano il cantautore Francesco Guccini.

 

Il testo della Lettera agli Artisti è di facile reperibilità nel web.

 

nr. 32 anno XX del 12 settembre 2015

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