NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Tommaso Cevese, Faville. Poesie e immagini

di Italo Francesco Baldo

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Tommaso Cevese, Faville. Poesie e immagini

Tommaso Cevese ci ha donato una sorpresa: un nuovo volume; dopo Stanze della mente. Poesie e immagini nel 2010, ecco quest’anno Faville poesie e immagini, già alla seconda edizione con Introduzioni di G. Cortese, D. Golden Folena e C. Gerolimetto. Ambedue raccolgono fotografie e poesie, modi diversi per esprimere artisticamente la visione e riflessione sul mondo. I due testi sono legati, ma non siamo di fronte ad una semplice continuazione del libro precedente, ma ad un approfondimento. Attraverso immagini e poesie l’Autore entra in sintonia con il creato mondo, ma non esaurisce ciò nella semplice constatazione dell’ esserci, il dasein direbbe il filosofo Martin Heidegger, che nel tempo e nello spazio esaurisce tutto se stesso. Tommaso Cevese va oltre e non potrebbe non essere così. Non vi è un orizzonte entro il quale il poeta e il fotografo “vedono”, ma un travalicare al di là del fisico dove gli artisti cercano di pronunciare quella lingua che non è contenuta nei vocabolari e nelle grammatiche, ma è quell’universale coglimento che ogni uomo cerca di tradurre in sé con quanto ha in sé a disposizione e per gli altri da sé in una visione dove il classico e il moderno si intrecciano alla luce della libertà, che fonda il vivere umano.

L’opera di Tommaso Cevese ha un illustre precedente: Gabriele d’Annunzio con l’opera Le faville del maglio, prose poetiche che furono pubblicate tra il 1911 e il 1914 su “Il corriere della sera”. Il Vate le ritenne “saggi di analisi interiore”, come ebbe a scrivere a Emilio Treves del 19 marzo 1913. Una sintonia parrebbe, ma le direzioni sono diverse. Nel poeta pescarese l’analisi del proprio ego di fronte a se stesso, in quella di Cevese la dimensione meditativa sull’uomo e i suoi destini di vita e di libertà in un mondo difficile anche per il poco rispetto della natura e della dignità dell’uomo.

Tommaso Cevese, Faville. Poesie e immagini (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Il volume di Tommaso Cevese ci fa vedere con gli occhi dei sensi, con quelli della mente e del cuore in un ritmo incessante che coinvolge in una dinamica ludica. Ben diceva il pensatore fiammingo Johan Huizinga in Homo ludens: Tutto quel che è poesia si svolge in gioco: gioco sacro di devozione, gioco festoso del corteggio d’amore, gioco battagliero di rivalità in millanteria, insolenza e scherno, gioco di ingeniosità e di abilità… e la connessione fra poesia e gioco non si riferisce soltanto alla forma esteriore del discorso. Ma si manifesta ugualmente reale per le forme dell’immaginazione per i motivi e il loro modo di presentarsi e di esprimersi” in una cultura arcaica il linguaggio poetico è ancora il mezzo espressivo per eccellenza. La poesia adempie funzioni più larghe e più vitali che non il solo appagamento di aspirazioni letterarie. Essa converte il culto in parola, decide dei rapporti sociali, diventa veicolo di saggezza, di legge e di usanza”. (tr. it. C. von Schendel, Saggio Introduttivo di U. Eco, Einaudi, Torino, 1973, p,151, 155 e 153).

Tommaso Cevese, Faville. Poesie e immagini (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica) 

Tommaso Cevese

 

Ricchezza della poesia che ritroviamo nella fotografia, essa, possiamo azzardare, è la continuazione della poesia perché ci fornisce quello che la poesia ci ha sempre dato fin dalle sue origini, le origini dell’uomo, Nasce, infatti, la fotografia dalla luce e nella luce dà vita alle persone, alla natura, non come copia, ma interpretazione per la meditazione.

Il protagonista di questo lavoro, come abbiamo sopra accennato è l’occhio, occhio dei sensi, della ragione e del cuore, Noi non “vediamo” l’essenza del cuore e della mente di Tommaso Cevese ma attraverso le sue opere si forma nella nostra immaginazione una certa immagine rappresentativa del poeta e del fotografo. Per questo dobbiamo, per così dire, abbandonarci e lasciarci cullare dei versi e delle immagini fotografiche, perché solo così possiamo intendere in qualche modo il pensatore, il poeta, il fotografo e da qui l’integralità della sua persona, come corpo e come anima.

Tommaso Cevese, Faville. Poesie e immagini (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Per questo motivo mi sono abbandonato al gioco dei versi e delle immagini che sono scorse sotto i miei occhi, spero anche quelli della mente e del cuore e, leggendo Tommaso Cevese, leggo anche me stesso in quella sintonia di umanità che tutti ci coinvolge, non per un vago senso di cosmopolitismo, ma per l’essenza autentica dello spirito umano che è sempre uno, seppur declinato in miliardi di esseri. Proprio questo è il bello di essere uomini.

Quando ci accostiamo ad un artista dobbiamo tener presente che se essi sono interpreti di sé per gli altri da sé, noi certo non potremo essere interpreti degli interpreti come ci avvisa Platone nello Jone.

Credo quindi che sia sempre cosa buona inserirsi nel volume stesso per “vedere” le fotografie e leggere almeno qualche verso in un intreccio di tutte le composizioni, che diverse, sono, in realtà un unico grande affresco o, meglio, un inno alla vita in tutti i suoi molteplici e talora fuggenti aspetti, come ben ricorda l’articolo apparso su “Vicenzapiù” del 16 ottobre 2015: “Esige la creazione di nuovi, personali percorsi di senso tra i versi e le fotografie”, proposte nel volume. È quell’aspetto ludico di cui si diceva sopra, di fronte alle poesie è bello abbandonarsi ad un intreccio totale tra i versi per dare immagine di quei componimenti, e nel contempo, invitare a leggerli nella loro interezza.

Tommaso Cevese, Faville. Poesie e immagini (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Ecco Tommaso Cevese: si muove dal corso naturale della vita…nel sentire dischiuso... al limitar del bosco... custode di sacre memorie e a cantar la nostalgia dell’ultimo chiarore, nel fluir delle stagioni in un ambiente sconvolto e sconfitto dalla logica bruta del puro profitto. Possiamo perciò avere il suo pensiero su cui soffermare almeno la nostra attenzione, se non il nostro pensiero per cogliere: Una pace immensa respira l’altopiano e silente giunge l’ora del canto di primavera e stille di ritmo ineguale gocciano il mio pensiero sul foglio bianco e sottile, elevano i pensieri ove arresta il cuore l’inquieto errare su binari opposti o da fugaci impressioni spezzare il tempo della vita.

Continua Tommaso Cevese Oltre il buio ho baciato il tuo profondo sorriso perché non fugge dal mio cuore vaga fanciulla, cerbiatta ferita, ti ho perso nell’oscuro labirinto della vita. Nel cuore e nella mente tra morbide pieghe di memorie sfumate scorrono volti perduti, vivi nell’animo inquieto di un uomo stranito e sordo nei cupi meandri di un tacito cuore e la ragione sfuma. Ma solo la vita è ciò che vale e l’amore che nutre e consola quando ti vedrò nei volti amati e nei luoghi vissuti insieme lassù aquiloni danzanti odono voci perse nei venti, fragile uomo.

Nelle viscere della terra, su abissi ignoti esistiamo e solo nel cuore brillano un baleno, faville di speme, di vita, oltre il sole e le stelle e nella genesi del tutto riposa dell’essere il senso primo e ultimo anche di vaghe presenze di grazia e somma gloria nella chiesa spoglia e vuota sul letto del destino ove il ricordo si posa oltre moltitudini là dove il tutto eternamente racchiude e trascende l’uomo nel suo essere terreno e lascia col pensiero volare un’emozione. Mai a una dimensione ma perché figlio del logos e della croce hai smarrito la memoria? E non seduce l’armonia dell’arte e del creato dove corre l’inquieta voce e il passo dell’ultimo tratto s’è fatto lento e incerto, muto.

Però nel grembo dell’umida terra un seme fecondo germoglia, ti perdi sognando frammenti di vita nel ciclo d’eterno ritorno di età lontane.

 Così il poeta canta faville di vita del proprio destino, che scorrono e sfidano il tempo e si fa chiaro il ritorno di cadenza universale al sacro medicamento di ferite e di dolori, di sensi smarriti. Ma vive il pensiero ed erra su ceneri di parole impotenti a dire ciò che è dal nulla e al nulla ritorna per essere ancora e di nuovo sfumare nell’ineffabile vuoto, scopre il saggio. Attende, dimmi, la ridente primavera? O il soffio della morte che prende per mano?

Natura dal diafano manto, nel riverbero fioco di un sole nebbioso, classiche armonie si spengono la sera?

Sboccia la rosa bianca d’arditi, giovani cuori di vero e libertà, fulgide imprese anche senza metro a suscitar un’emozione, un poetar leggero di farfalla che non consoce pacco scomodo. Con impeto e passione ecco lo svago del pallone che unisce una nazione in una sussurrata speranza di un nuovo domani, in attesa del volo di vita dall’agile grazia elegante. Così scorre il tempo, s’apre l’anima ma orribil eco dall’antro nero. Che risucchiava vite di uomo…una fredda mattina invernale la dignità perduta e resa la vita, la libertà attesa, un’eternità improvvisa, l’alba di una vita vera. La mano pietosa nel ricordo memore posa fiori, per non buttare altre vite invano.

Pensiero rimembrante non si sfuoca neppur per vita spezzata o maestro rapito alla vita dal tempo, teatro di luci nell’ombra.

Amante del bello, un fare d’antico gentiluomo, indomito novello don Chisciotte, s’aggira mio padre esteta all’antica, diffidava di fumose parole dal verbo moderno. Ti sarà il tempo testimone.

Così: È tempo di salire la valle. A me non restan che faville di memorie a sfidar l’oblio ove tutto è eguale e tace.

 

Ma non tace perché le faville di Tommaso Cevese han acceso il fuoco di saperne di più, di cogliere in ogni altro verso, qui non ricordato, quell’intreccio tra il passato e il presente che caratterizza il volume e di ogni pagina possiamo dire: Ecce parva favilla quam magnam silvam incendit, ed è la selva della nostra mente e del nostro cuore, sempre esplorati mai definiti.



nr. 38 anno XX del 24 ottobre 2015

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