NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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CARITÀ

di Italo Francesco Baldo

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CARITÀ

Una buona parola da venti secoli è stata annunciata al mondo e da allora milioni di uomini l’hanno pronunciata e, pronunciandola, l’hanno vissuta nel cuore e nella mente, perché capace di smuovere le montagne. Non è confondibile con nessun’altra, non può essere distratta da nulla, edifica e senza di essa nulla giova: è la carità. Tornano sempre in chi, accettandola come stile di vita, la considera, fondamentale, perché essa: “ è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà”. (Corinti 1, 13, 4-8). Infatti, conclude l’Apostolo: “ tre cose rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!“, che sposta le montagne.

Queste parole hanno accompagnato per secoli i cristiani e ne hanno qualificato la vita e l’impegno, che non è semplicemente diretto agli uomini, ma eleva l’orizzonte umano a più alta considerazione, perché essa non si restringe in particolari ambiti, come la solidarietà. Non trova realizzazione solo nell’ambito politico, sociale ed economico, non è un modo di vivere nella società, magari, come nella Repubblica Italiana, un dovere legale, seppur inderogabile. La carità riguarda tutto l’uomo, tutti i suoi molteplici aspetti, e ad essi dà significato, quel significato che parte dalla relazione orizzontale tra gli uomini, ma eleva l’umanità verticalmente a Dio, perché a Lui riferisce i suoi pensieri ed atti.

Ben precisa la definizione che il doctor angelicus, San Tommaso d'Aquino (Summa Theologiæ, II-ΙI, q.23, art.1,3) dà della carità teologale, come “amicitia quaedam hominis ad Deum”, un tipo di amicizia dell’uomo con Dio, che per primo ha offerto la sua amicizia all’uomo; infatti, l'iniziativa viene da Dio. L’uomo che l’apprezza si rivolge alla fonte e prega. Non diversamente Antonio Rosmini che così, nella seconda delle Massime di Perfezione cristiana, si esprime: “ La perfezione del Vangelo consiste nella piena esecuzione dÈdue precetti della carità di Dio e del prossimo; di che quel desiderio e quello sforzo che fa l'uomo cristiano di essere portato con tutti i suoi affetti e con tutte le opere della sua vita totalmente in Dio, per quanto è possibile in questo mondo, essendogli stato imposto quanto segue: «Amerai il Signore Dio tuo di tutto il cuor tuo, e in tutta l'anima tua, e in tutta la mente tua», ed «amerai il prossimo tuo come te stesso» (Mt 22, 37.39)”.

Due importanti pensatori che a distanza di secoli esprimono la stessa sostanza e così è per tutti i fedeli, non vi è differenza d’interpretazione di quella che è considerata la massima delle tre virtù teologali(fede, speranza e carità).

In ogni momento della vita e in qualsiasi sua espressione la carità è a fondamento per il cristiano. L’attuale pontefice romano nella sua ultima enciclica Laudato si’ così si esprime: “L’amore per la società e l’impegno per il bene comune sono una forma eminente di carità, che riguarda non solo le relazioni tra gli individui, ma anche «macro-relazioni, rapporti sociali, economici, politici”.e con ciò ribadisce quanto i suoi predecessori, ma anche i fedeli hanno sempre posto alla base: Deus caritas est. Nell’enciclica di Benedetto XVI che porta questa espressione, possiamo ritrovare tutto quanto nel corso dei secoli è stato affermato a proposito della carità, che è amore, un amore che si rivolge a tutti gli uomini, nessuno escluso, non si rivolge a questo o a quello, a questa o quella circostanza, ma è totale, non si riduce o relativizza, richiede quella adesione di cui si fa essa stessa promotrice. Afferma il papa emerito: La carità della Chiesa come manifestazione dell'amore trinitario, cioè di Dio stesso ed è compito della Chiesa:” L'amore del prossimo radicato nell'amore di Dio è anzitutto un compito per ogni singolo fedele, ma è anche un compito per l'intera comunità ecclesiale, e questo a tutti i suoi livelli: dalla comunità locale alla Chiesa particolare fino alla Chiesa universale nella sua globalità. Anche la Chiesa in quanto comunità deve praticare l'amore. Conseguenza di ciò è che l'amore ha bisogno anche di organizzazione quale presupposto per un servizio comunitario ordinato. La coscienza di tale compito ha avuto rilevanza costitutiva nella Chiesa fin dai suoi inizi: « Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno » (At 2, 44-45)”.

L’esercizio della carità, sorretto dalla fede e dalla speranza, nei vari settori della vita umana è realizzazione dell’amore, non ha un’unica direzione. Dopo il Sacco di Roma nel 1527 San Filippo Neri, di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita, si adoperò per aiutare i fanciulli orfani e abbandonati a se stessi e nei modi possibile. Questa era la carità, Oggi non sarebbe accettata dalle istituzioni statali, ma oggi, non ieri, perché la carità si esprime nel tempo storico e nei modi storici a favore dell’uomo, a prescindere da considerazioni sociali, economico e politiche. La carità non è, bisognerebbe affermarlo con chiarezza, la solidarietà di cui oggi spesso si parla. La carità è benigna non è un dovere legale, non si può prescrivere, bisogna che sia accettata come espressione di se stessi e si rivolge, indipendentemente da ogni realtà, a tutto e a tutti. Non richiede nemmeno una “scienza” ne capaci dottori che ne illustrino l’esigenza e la necessità. Essa sgorga dalla fede che, ricorda Benedetto XVI, “ ha la sua specifica natura di incontro con il Dio vivente — un incontro che ci apre nuovi orizzonti molto al di là dell'ambito proprio della ragione. Ma al contempo essa è una forza purificatrice per la ragione stessa. Partendo dalla prospettiva di Dio, la libera dai suoi accecamenti e perciò l'aiuta ad essere meglio se stessa. La fede permette alla ragione di svolgere in modo migliore il suo compito e di vedere meglio ciò che le è proprio”. La carità si esprime nella speranza, tanto che essa: “si articola praticamente nella virtù della pazienza, che non vien meno nel bene neanche di fronte all'apparente insuccesso, ed in quella dell'umiltà, che accetta il mistero di Dio e si fida di Lui anche nell'oscurità”. Ogni persona è chiamata a ciò, in virtù dell’essere creatura di Dio e di conoscere la Sua rivelazione nel Figlio, cooperante lo Spirito Santo.

Purtroppo quella parola che da secoli si aggira nel mondo, appare ottenebrata dall’eccessivo interesse per la politica, intesa come gestione del potere e non come ricerca del bene comune. Non a caso nella politica come gestione si ricorre alla propaganda della solidarietà, ma non si chiede la convergenza verso il bene. Obbligati a dare, non si matura nella carità e il filosofo Rosmini lo affermava con chiarezza perché lo Stato è posto al servizio della società e non viceversa. La libertà del diritto di natura si esprime nei rapporti di natura economica, mentre la libertà nel diritto sociale è benevolenza reciproca tra persone che instaurano rapporti di giustizia e ben afferma: “non alcuna società umana potrà dunque imporre agli uomini il dovere vago della beneficenza – oggi solidarietà, questo non può essere intimato se non al cuore, non può venire che da Dio il modo e l’estensione ond’egli si deve eseguire. È necessario che venga anch’esso determinato nel fondo di ciascun cuore, dove quel dovere secretamente si promulga,e dove può trovarsi un tribunale competente a portarne giudizio “(A. Rosmini, Storia comparativa e critica dei sistemi intorno al principio della morale, Milano, Pogliani, 12937, p.279 cfr. il mio La proprietà non è un furto. A. Rosmini: la persona, la proprietà, lo Stato, Roma, LUISS, 1998, p.15).

Così l’amore, la carità, afferma Giovanni Paolo II, “per così dire, condiziona la giustizia e, in definitiva, la giustizia serve la carità”(Dives in misericordia, III), perché per il cristiano l’azione è retta dalla verità dell’amore che è carità operante sia per l’intelligenza, sia per il cuore: tutto si può con la carità, per questo motivo la solidarietà le è inferiore, in quanto essa è prescritta dalla legge, non dalla fede e dalla carità.

San Paolo è colui che sviluppa maggiormente la dimensione della carità a fondamento della vita cristiana insieme a lui anche San Pietro e San Giovanni nelle Lettere e nell’Apocalisse; il termine nell’Antico Testamento compare solo tre volte e significativa è quella del Siracide (40,24): “I fratelli e un aiuto servono nell'afflizione,/ ma più ancora salverà la carità”. L’Apostolo delle genti, cvome abbiamo riferito fin dall’inizio, fa della carità il punto decisivo della vita cristiana a questo s’informa ogni sua azione, perché la carità è vincolo di perfezione (Col. 3, 14) e per coloro che scelgono Gesù Cristo vi sia “misericordia a voi e pace e carità in abbondanza”. (Giuda, 1,1,).

I Padri della Chiesa e i Dottori scolastici molto si soffermarono sul valore delle carità che è una delle virtù teologali e che ogni cristiano è tenuto a esercitare, e coloro che lo hanno fatto in modo eminente sono annoverati tra i Beati e i Santi.

CARITÀ (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)

 

Sant’Agostino - San Tommaso d’Aquino

         

Sant’Agostino nel suo Manuale sulla fede, speranza e carità afferma con chiarezza che “Il culto che si deve rendere a Dio… è con fede, speranza e carità” (1,3), diverse tra loro ma sempre implicatesi; esse sono racchiuse nel Simbolo, Credo, e nel Pater noster. Richiamandosi esplicitamente a San Paolo ribadisce: “La carità di Dio e del prossimo, culmine di ogni comandamento, nel secolo presente e in quello futuro”. Tanto che tutti i comandamenti sono sempre riferiti alla carità (ivi, 31,120 e 32, 121). Tra i tantissimi ricordiamo Sant’Alberto Magno, il maestro di San Tommaso d’Aquino che nel L’unione con Dio afferma:” Ho pensato di scrivere un’ultima parola (per quanto mi è possibile nei languori di questo esilio e pellegrinaggio) sul distacco completo da tutte le cose; e sull’unione libera, sicura, assoluta e totale con Dio. Il fine della perfezione cristiana, infatti, non è altro che la carità che a Dio ci unisce e s’impone a tutti gli uomini” (I,12) nella loro ricerca di Dio ed è proprio la carità che fa cessare ogni esitazione perplessità, dubbio, perché essa non è un vincolo, ma un vero e proprio habitus della vita. Prosegue il Dottore:” La carità non è altro che una grande volontà di servire Dio, un soave desiderio di piacergli, un bisogno fervidissimo di goderlo.(ivi, XI,21). È quell’unione d’amore di cui sarà maestra Santa Teresa d’Avila, per citare un esempio. La carità viene da Dio e va a Dio, non è un solo atteggiamento umano, in questo la differenza con quello che Platone chiamava la via dell’amore, che è eros, non agape, come ha ben illustrato Benedetto XVI nella sua enciclica Deus caritas est. Infatti, sostiene Sant’Alberto Magno: “La carità e le altre grazie si ottengono per mezzo della preghiera”(ivi, XIII, 367), non per ragionamento. Sosteneva Platone che l’amore è veicolato dalla bellezza e mira attraverso splendidi pensieri alla sapienza, fino a scorgere “una scienza unica e siffatta che è la scienza delle bellezze” (Simposio, 209.210 ad). Certo non un amore, insegnato da Dio all’uomo e che l’uomo rivolge all’altro uomo e all’uomo Dio, cioè Gesù Cristo, in quella relazione che la carità evidenzia come rapporto orizzontale,tra uomini, che si eleva, verticalmente, a Dio.

Se consideriamo altri esponenti della Chiesa, facilmente ritroveremo l’identica prospettiva, perché non vi è mutazione di sostanza, come abbiamo sopra detto, anche se vi sono espressioni diverse. San Bonaventura da Bagnorea nella sua Preghiera: “O dolcissimo Signore Gesù,ferisci anche me col soavissimo e salutare tuo amore, affinché l'anima mia si riposi nella serena e apostolica tua santissima carità. La mia anima ti brami e si purifichi nell'attesa del Paradiso, e non sospiri che di separarsi dal corpo per essere sempre con te”. Nel suo Itinerario della mente a Dio considera che l’intelligenza dell’uomo deve essere fuoco di carità”Nicolò Cusano nel 1400 chiarisce che la carità è sempre unita alla verità, tanto che essa non può essere a discapito della verità. La carità è a tutto tondo, non si limita a quella che un tempo si chiamava l’elemosina, l’elemosina di un piatto di ministra è la verità della necessità di amare il prossimo sovvenendolo anche nei bisogni materiali, ma non si riduce, giova ricordarlo a questo. In altre parole la carità non è il dovere legale di aiuto economico o il legame sociale o politico, come recita l’art. “ della Costituzione della repubblica Italiana, è coinvolgente ogni aspetto e non è mai riduttiva, perché, sostiene il pensatore è la realtà della relazione dell’uomo con Dio.

Senza la carità non vi sarebbe Chiesa e questa prospettiva è continua nei secoli, basti pensare a quanti istituti di perfezioni ricordano il termine “carità” nella loro denominazione o quanto afferma Erasmo da Rotterdam nell’Enchiridon militis cristiani: “Quando manca la carità, l'anima è morta, perché il centro della vita cristiana è appunto la carità e non il Dio che sovrasta l’uomo come in Martin Lutero e nella sua visione del De servo arbitrio. Una delle grandi differenze tra il mondo riformato e quello cattolico è nella prospettiva della carità, che Lutero, buon conoscitore di san Paolo, stranamente non mette al primo posto, ma ciò è dovuto, a mio avviso, proprio alla concezione che l’uomo non è libero, che Dio dispone tutto e che non vi è obbligatorietà di carità, ma solo una volontà soggettiva, se lo desidera, può aiutare il prossimo. La radice del volontariato non è la carità, ossia l’amore, ma l’atteggiamento di soccorso dell’individuo di fronte al mondo e alle sue necessità; si esaurisce più nell’orizzonte dell’aiuto materiale che non in quello della carità stessa.Infatti, la legge esige le opere, l’Evangelo la fede che sorregge la carità, che non è un obbligo eteronomo come la legge, ma autonomo, perché discende da un’accettazione del Verbo Incarnato e dal suo messaggio di salvezza.

CARITÀ (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Il Concilio di Trento SessioneVI (13 gennaio I547) Decreto sulla giustificazione VII, afferma ciò con la solita evidenza: “la fede, la speranza e la carità. Quindi, la fede, qualora non si aggiungano ad essa, la speranza e la carità, non unisce perfettamente a Cristo né rende membra vive del suo corpo. Per questo motivo è assolutamente vero affermare che la fede senza le opere è morta ed inutile e che in Cristo non valgono né la circoncisione, né l’incirconcisione, ma la fede operante per mezzo della carità”. In questa linea anche il Concilio ecumenico vaticano I Sessione IV (18 luglio 1870), Prima costituzione dogmatica sulla chiesa di Cristo che riafferma: “L’eterno pastore e vescovo delle nostre anime (33) per rendere perenne l’opera salutare della redenzione, decise di costituire la santa chiesa, nella quale, come nella casa del Dio vivente, tutti i fedeli fossero raccolti dal vincolo della stessa fede e della medesima carità”. E nondimeno il Concilio vaticano II nella Lumen gentium,5 : “La Chiesa perciò, fornita dei doni del suo fondatore e osservando fedelmente i suoi precetti di carità, umiltà e abnegazione, riceve la missione di annunziare e instaurare in tutte le genti il regno di Cristo e di Dio, e di questo regno costituisce in terra il germe e l'inizio. Intanto, mentre va lentamente crescendo, anela al regno perfetto e con tutte le sue forze spera e brama di unirsi col suo re nella gloria”. (cfr. ivi, 7,8,9 ecc.) La Gaudium et spes, 21 ci ricorda: “Ciò che contribuisce di più, infine, a rivelare la presenza di Dio, è la carità fraterna dei fedeli che unanimi nello spirito lavorano insieme per la fede del Vangelo” Non dimentichiamo quanto affermato dai papi negli ultimi decenni cfr. Humanae vitae 29 di Paolo VI: “Non sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo, è eminente forma di carità verso le anime”. Giovanni Paolo II nell’Ecclesia de Eucharistia richiama tutti i sacerdoti al valore della carità zelante: “Il Concilio Vaticano II ha individuato nella carità pastorale il vincolo che dà unità alla loro vita e alle loro attività. Essa – soggiunge il Concilio – " scaturisce soprattutto dal Sacrificio eucaristico, il quale risulta quindi il centro e la radice di tutta la vita del presbitero. " Infine Benedetto XVI proprio all’inizio del suo pontificato ha ben chiarito nell’enciclica Deus caritas est, dove afferma: “È perciò molto importante che l'attività caritativa della Chiesa mantenga tutto il suo splendore e non si dissolva nella comune organizzazione assistenziale, diventandone una semplice variante”. E prosegue: l’“attività caritativa cristiana deve essere indipendente da partiti ed ideologie. Non è un mezzo per cambiare il mondo in modo ideologico e non sta al servizio di strategie mondane, ma è attualizzazione qui ed ora dell'amore di cui l'uomo ha sempre bisogno. Il tempo moderno, soprattutto a partire dall'Ottocento, è dominato da diverse varianti di una filosofia del progresso, la cui forma più radicale è il marxismo”. Ciò perché essa non si riduce all’orizzonte umano, alla contingenza, ma è espressione del legame uomo-Dio. In questa direzione ricordiamo nuovamente l’affermazione recente di papa Francesco nella sua enciclica Laudato si’, 231: “ L’amore per la società e l’impegno per il bene comune sono una forma eminente di carità”, non è, però, tutta la carità, perché essa non si riduce alle realtà sociali o statali, ma investe tutto l’uomo e così nuovamente è ribadita la diversità tra solidarietà e carità.

Potremo affermare che la carità è spirituale, intellettuale, materiale ed è tradotta nelle circostanze di tempo e di luogo ed in ogni ambito della vita di un uomo, quello personale, familiare, sociale, politico, giuridico, economico e sociale e anche nella bellezza dell’arte capace di esprimere gli autentici temi della vita.

Proprio l’imminenza del Santo natale, dove nasce Gesù Cristo richiama alla carità che Dio ha donato all’uomo e l’uomo è chiamato a regalare, attraverso i fratelli, a Dio stesso, in un itinerario dell’anima che evidenzia quel particolare rapporto che Dio ha con l’uomo, come affermava san Tommaso d’Aquino: “Èevidente che non tutti possono dedicarsi a fondo alla scienza; e perciò Cristo ha emanato una legge breve e incisiva che tutti possano conoscere e dalla cui osservanza, nessuno per ignoranza possa ritenersi scusato. E questa è la legge della divina carità. (Opuscula theologica, II, nn. 1137-1154, ed. Marietti, 1954) e quattro sono gli effetti della carità: Il primo effetto è che genera nell’uomo la vita spirituale; il secondo effetto della carità è quello di promuovere l’osservanza dei comandamenti divini: “L’amore di Dio non è mai ozioso — dice san Gregorio Magno. Il terzo effetto della carità è di costituire un aiuto contro le avversità e l’ultimo è di condurre alla felicità. La felicità eterna è promessa, infatti, soltanto a coloro che possiedono la carità, senza la quale tutte le altre cose sono insufficienti”.

Parole chiarissime che il Natale pone in primo piano nella dimensione personale e familiare, che sono alla base anche di una vita sociale che abbia come scopo il fine del perfezionamento morale e non quello delle cose da usare nella contingenza.

CARITÀ (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Con Antonio Fogazzaro, possiamo affermare: “Natale, dolce nome; tenero, insistente richiamo delle false immagini di bene che andiamo seguendo, a Gesù Al Bene in cui solamente si quieta l’anima; tenero, insistente richiamo alla semplice fede dell’infanzia nostra, alla memoria dei cari che ne la insegnarono e son partiti, tranquilli in essa, fidando in essa di rivederci; tenero, insistente richiamo al focolare presso cui meglio si ama, meglio si gode, e meglio, anche, si soffre; e richiamo alla pace, all’unione dei cuori nel Nome del Santo. Non vi ha giorno che sia tutto un’aurora come il giorno di Natale. Se coloro così non pensano avessero occhi per vedere e intelletto per intendere, consocerebbero come il Natale di Cristo sia l’aurora della civiltà presente, di quella giustizia che forse professano di onorare e servire.

Andiamo nelle Chiesa a pregare il Re della luce anche per essi, a chieder luce, luce, sempre maggior luce dalla stella in cui la sapienza orientale seppe leggere il disegno divino della Redenzione; luce sulle vie della Scienza, luce sulle vie dell’Arte, luce sulle vie di chi lavora per la giustizia, per la libertà, per la fraternità umana”.

Auguri.

 

nr. 46 anno XX del 19 dicembre 2015



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