NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Della sesta e non ultima piaga della Chiesa

di Italo Francesco Baldo

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Della sesta e non ultima piaga della Chiesa

“La Chiesa ha in sé del divino e dell’umano. Divino è il suo eterno disegno; divino il principal mezzo onde quel disegno viene eseguito, cioè l’assistenza del redentore; divina finalmente la promessa che qual mezzo non mancherà mai, che non mancherà mai alla santa Chiesa e lume a conoscere la verità della fede, e grazia a praticarne la santità, e una suprema Provvidenza che tutto dispone in sulla terra in ordine a lei. Ma dopo ciò, oltre a quel mezzo principale, umani sono altri mezzi che entrano ad eseguire il disegno dell’Eterno, perciocché la Chiesa è una società composta di uomini, e fino che sono in via, di uomini soggetti alle imperfezioni e miserie dell’umanità. Indi è che questa società, nella parte in cui ella è umana, ubbidisce nel suo sviluppamento e nei suoi progressi a quelle leggi comuni che presiedono all’andamento di tutte le altre società umane. E tuttavia queste leggi, a cui le umane società sono sommesse nel loro svolgersi, non si possono applicare interiamente alla Chiesa, appunto perché questa non è una società alla Chiesa appunto perché questa non è una società al tutto umana, ma in parte divina”.

(A. Rosmini, Delle cinque piaghe della Santa Chiesa, pp.133-34)

 

La caduta del potere temporale, quello che coinvolgeva e molto spesso distraeva la Chiesa e soprattutto i membri del clero ed in particolare i vescovi che avevano privilegi mondani, nel 1870 ha tracciato un solco tra il passato e il futuro del quale la Chiesa stessa è divenuta protagonista. La sua piena libertà dal dominio temporale le ha imposto di riflettere su se stessa e sulle persecuzioni che il liberalismo prima e il comunismo poi hanno inflitto in modo sanguinoso al suo corpo fisico e mistico. Ciò però non pregiudicò nei Sommi Pontefici, in molti vescovi, sacerdoti e popolo di Dio, il coraggio di non aver paura di quei progetti sul mondo che intendevano e intendono subdolamente scristianizzarlo, anzi, stimolò ad un impegno maggiore nell’affermare la verità cattolica senza modernizzarsi forzatamente, ossia assumendo forme e contenuti che negavano proprio la verità che si doveva invece affermare. Quest’impegno di predicazione fu compiuto con grande intelligenza e cuore; infatti, la fede è insieme ragione e cuore, perché investe la globalità della persona cristiana. Per questo diffondevano il Vangelo e la parola del Magistero e ciò era una guida precisa, perché come continuità del Verbo era ascoltata e seguita. Coloro che hanno abbandonato la via sono finiti nelle schiere dei nemici della Chiesa, senza talora accorgersene. Con abilità i nemici della verità cattolica confusero prima le singole anime e poi attraverso costoro tutta la Chiesa, sperando che le posizioni individuali si affermassero e determinassero la caduta della Chiesa stessa. La sirena del liberalismo non riuscì a coinvolgere mai fino in fondo, perché la sua parzialità apparve chiara e lontana dalla visione cristiana e ben vigile da Pio VII in poi era stato il Magistero, non solo condannando la falsa illusione dei diritti proclamati non in nome di Dio, ma in quello delle sole contingenze umane e storiche. Furono anche rintuzzati i tentativi di far sposare il concetto di libertà cristiana con quello propugnato durante la rivoluzione francese, una libertà che non trovava e non trova alcuna giustificazione all’interno della visione cattolica, perché quella libertà è solo la libertà del volere individuale nel tentativo di garantirsi l’effettuazione di quanto di momentaneo possa piacere voluto nella circostanza-situazione, senza dimensione di bene e male morale. La libertà è scelta razionale per il bene e realizzazione della verità, non vi è libertà tra due equivalenti, bene e male, e non è una concessione dello Stato ai cittadini. Ben diverso il comunismo, bussò alla porta e per molto tempo, fino ad oggi, è il demone tentatore, l’ideologia del male, che sotto multiforme aspetto invita con parole simili nel suono (solidarietà, impegno per i bisognosi ecc.), ma contrarie a quanto il Vangelo e il Magistero affermano, i credenti della Santa Chiesa a seguirlo.

 Il pontefice Pio VII, come ricordato e soprattutto il beato Pio IX prima e poi tutti i suoi successori, in particolare s. Pio X, Pio XI, Pio XII e Giovanni Paolo II, non si lasciarono certo ingannare dalla lusinghe dell’uno o dell’altro nemico, anzi precisarono in molti documenti e in numerose encicliche il pericolo, ma queste anziché essere lette e tenute in debito conto, o sono state dimenticate o si è accolta come per la Pascendi l’ignorante critica degli avversari, o si è avuta addirittura paura di esporre anche semplicemente il loro contenuto per tema di essere tacciati per “antiquati”!

 Sempre più ciò che viene dal Magistero (Sacra Tradizione, Papi e Concili) è stato poco considerato o male interpretato finanche da vescovi, abati e in particolare dai chierici, che, mancando al senso e ancor più alla lettera dell’obbedienza, hanno letto quello che volevano o non l’hanno letto nemmeno, cosa di cui si lamentava il venerabile cardinale Elia Dalla Costa, che con chiarezza additava ai sacerdoti della diocesi fiorentina il pericolo del paganesimo e del comunismo ateo e materialista. Ma poi, si dimenticò e si confuse carità con impegno sociale, visita ai poveri, con lotta sociale, si detestò la lingua universale della Chiesa, il latino con la serva critica che esso non era popolare, ma classista, così come, in spregio al canone tridentino che lo prescriveva, si considerò la talare solo un abito da usarsi il meno possibile durante le funzioni liturgiche, ma quanti oggi la usano durante la S. Messa? Non è più un segno nella comunità della particolare funzione di servizio del sacerdote, tanto che oggi distinguere un prete da un qualsiasi laico è molto difficile, si preferisce, come disse un prete bresciano in visita a Vicenza: “Sono sacerdote dentro”, così gli fu replicato nessuno lo riconosce! Resistono solo le suore e le monache, ma che fatica, ragazze! Oramai i religiosi tendono a vestirsi “alla borghese” quando va bene, ma spesso alla “frikettona” o ad altre mode in voga, celebrando riti e funerali in scarpe da tennis o da corsa ovvero per correre fuori il prima possibile dalle funzioni. Solo i preti che seguono le idee “no global” hanno il coraggio di vestirsi in modo da essere identificati come preti, ma questo compiono per significare che la Chiesa deve essere lì e lo mostrano con un’evidenza, che fa riflettere.

Della sesta e non ultima piaga della Chiesa (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica) La predicazione e la liturgia erano un punto di forza, le due scuole, sostiene Rosmini, del popolo cristiano. “La prima ammaestrava i fedeli con le parole; la seconda colle parole insieme e con i riti e fra questi, principalmente con quelli a cui il loro divino Istitutore aggiunge particolari effetti soprannaturali, in altre parole a dire il Sacrificio ed i Sacramenti”. Anche questo ha ceduto il passo e pure ciò che è stato istituito dal divino Salvatore contaminato da simboli diversi, da predicazioni di parte fino a sostituire il simbolo della divina Pace con simboli di chiara origina pagana con i quali anche qualche vescovo occhieggia. Adducono che l’arcobaleno è stato il segno divino dopo il diluvio, ma ben altro era padre Noè rispetto a coloro che ne fanno oggi loro simbolo: che ha da spartire la bianca bandiera con la croce, simbolo della Pace che tutto in sé raduna, con fasce multicolori che negano nelle loro istanze proprio quanto Gesù Cristo ha predicato. Insigni teologi diocesani hanno nel Canone della S. Messa introdotto “ senza se e senza ma” e con enfasi il multicolore segno, credendo in con ciò di convertire? No, sono stati piegati da pensieri estranei, che certo non hanno nella divina Scrittura la loro matrice, il loro significato. Hanno dimenticato che in quel Libro vi è la verità e che essa non è multicolore, che va bene per qualsiasi posizione. Ma nemmeno a questo essi credono, la Bibbia, la scrittura per antonomasia, altro non è che una narrazione storica, un modo d’uomini di una certa epoca di credere in Dio, che va continuamente aggiornata con quanto accade ai nostri giorni. Non a caso certi scomodi preti, scomodi alla Santa Chiesa, ma molto comodi ai nemici della Chiesa, preferivano far leggere i contratti dei metalmeccanici francesi o italiani, piuttosto che la parola di Dio e invocano lo sciopero come parola sacra ai poveri, anziché il Verbo. Dov’è Dio in questi preti, in questi sacerdoti che predicano la possibilità stessa della violenza, parlando di una pace meramente terrena? Domande che non si dovrebbero mai fare, perché otterremo risposte di scienza comune, ma non di verità, ma questa da secoli lo si sa, è scomoda, tremendamente scomoda. Infatti, comunicare nel proprio impegno ecclesiale la parola viva di Cristo e non la parola umana fa paura, perché essa contraddice, si fa per così dire antitetica alla via solo umana. Infatti, la via maestra non accondiscende e soprattutto implica la generosa dazione di se stessi.

 Così si preferisce dissertare tra istruzione cattolica nelle scuole e catechesi, temendo che parlare di Dio nelle scuole pubbliche statali sia far opera di conversione e ciò non deve essere, ne andrebbe della laicità che gli stessi cattolici insegnanti di religione cattolica devono professare, ovviamente per non fare brutta figura ed essere tacciati nel seguente modo: ”Siete cattolici”. Come se parlare di Dio Salvatore non debba essere l’universale comandamento di predicazione che Egli ci ha dato. Non si danno due educazioni una per il mondo e una per Cristo da svolgersi quest’ultima ovviamente – sostengono - tra sicure mura, in modo che non vi sia colpa di leso laicismo Questo non è lo spirito delle catacombe o della Chiesa del silenzio, quella, ricordiamo vessata dall’ideologia comunista, che ha fatto finta di trasformarsi e che ha coinvolto con i”cristiani per il socialismo” anche qualche vescovo e tanti preti in cerca di modernità, se non di modernismo. Se la catechesi per non porre in pericolo i fedeli fosse nascosta, ciò avrebbe pure una ragione ed un significato profondo, in fondo è lecito scappare di fronte al continuo massacro, ma questo qui nell’Europa che ha dimenticato le proprie radici o considera proprie radici qualche quadro e qualche poesia, non è, unica fortuna, un pericolo. Ogni cristiano è chiamato a predicare Gesù Cristo, e lo deve fare per convertire i cuori e le menti e non deve temere di essere tenuto in conto di cattolico anziché di laico.

 Che dire poi di eleganti maestre che preparano il S. Natale, ricordando non Gesù Bambino – puer datus est nobis – ma una sorta di vecchio pagliaccio che vede poco il mondo e sorride sempre a chiunque, un po’arteriosclerotico e un po’ buffone, sostituto pubblicitario di un Santo vescovo. Quel babbo natale ricorda tanto Papà Gelo, caro ai comunisti polacchi, che lo posero in sostituzione proprio del vescovo di Bari che portava i doni. Così facendo si consente la confusione e si mescola il pagano con il cristiano e si svilisce il senso di una festa cristiana, non del mondo, ma si sa è diritto di ognuno utilizzare anche il contenuto sacro per qualsiasi scopo.

Della sesta e non ultima piaga della Chiesa (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica) S’inizia in questo modo l’educazione cristiana e la si prosegue, tanto che chiedere ad un giovane, che ancora si ricorda del cristianesimo, i contenuti precipui, che vi risponderà? Provate! Dio è solo un sentimento individuale, non la fede che vive nella persona individua capace di essere prima di tutto comunità ecclesiale. Gesù Cristo, che ha data la propria vita per gli uomini, è stato trasformato da insegnanti di Religione Cattolica, da catechisti, da prediche dall’altare e dai giornali diocesani, da occhietti rivoluzionari miscredenti, in un rivoluzionario che parlava di solidarietà, di arcobaleni, esibiti perfino sugli altari e alle finestre del Seminario di Vicenza e anche di alcuni vescovadi e nei contenitori degli Ostie consacrate. In fondo, il cantautore Francesco Guccini considera la figura di Cristo in modo più moderato di molti preti, lo considera un socialdemocratico! Lo Spirito Santo, non è la terza persona della Trinità, ma è considerato come un qualcosa in più, poco chiaro e un aggancio a visioni di fantasia care al paganesimo, ma potrebbe anche essere l’esemplificazione di una triade hegeliana, dove lo spirito è il punto di arrivo, ma basta capovolgere Hegel, ed ecco che lo Spirito si trasforma nella ben più chiara materia che è base per la realizzazione di una società di uguali, che invera l’umanità. La madre di Dio, Maria che in sé comprende il senso dell’umana gente che accoglie il Salvatore, che cosa è diventata: le femministe non sono proprio riuscite a farne una di loro o un’esponente del pensiero al femminile, anche se certe monache o suore occhieggiano a tali correnti di pensiero. ... Gli Apostoli, dei predicatori di una setta, animati dal desiderio politico di comandare. I martiri, coloro che hanno, testimoniato la fede, dei fanatici o degli esaltati. L’anima, alla quale il cappellano di Altavilla fa fatica a credere, è quello di cui ci parlano gli psicologi moderni e in particolare i n essa si esprime la libido, che con tanta cura la Chiesa elimina dalla vita dell’uomo. L’anima è misconosciuta, l’anima di cui è meglio non parlare, meglio utilizzare il senso interno, giace dimenticata e ciò che rende la persona nella sua individualità vero figlio di Dio non è che la reazione psicofisica che trova nella comunità e nelle assemblee la sua ragione di manifestarsi.

 I Padri della Chiesa, dei teologi che non comprendevano la filosofia e si affannavano a cercare strane conciliazioni o a rifiutare lo spirito razionale dei filosofi; i grandi Dottori, l’Angelico o il Serafico, altro non sono che coloro che hanno costruito i secoli bui del Medioevo, che con fatica gli illuministi riuscirono a illuminare, svelando l’assoluta ignoranza di quei grandi, ma meglio ci riuscì Feuerbach. Gli umanisti considerato solo nella parte degli studia humanitatis, mai in quelli divinitatis, iniziatori del processo di abbandono della fede. Così Niccolò Cusano è solo il principe vescovo di Bressanone che per il cappello cardinalizio cambiò posizione da conciliarista a favorevole al primato petrino e non colui che ha espresso il significato dell’analogia umano-divino e del senso di unità che nella Chiesa, attraverso gli episcopi, si manifesta nell’Eucaristico Pane, celebrato non come assemblea, ma come Divino Sacrificio. Per non parlare di Alessandro Borgia, che è considerato il riassunto di ogni papa e con lui Giulio II, come se essi fossero perennemente il pontefice, ma anche questo fanno senza leggere la storia, fanno del gossip storico e se ne servono, tanto che gli stessi fedeli con ciò finiscono con il mettere in discussione il Magistero le sue indicazioni per la realizzazione della fede cattolica.

Della sesta e non ultima piaga della Chiesa (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica) La Santa Messa, un culto tra i tanti possibili, da ricondurre ad assemblea dei fedeli, qualcuno vorrebbe parlare di tesserati. La Santa Messa, sosteneva il venerabile Servo di Dio, il cardinale Elia Dalla Costa, è il centro della vita cristiana ed essa non è un simbolo di unione, un ricordare l’ultima cena o un assemblea di fedeli, che deve scimmiotta quelle politiche come vorrebbero coloro che mescolano caoticamente il Verbo con le verbosità e si credono cittadini davanti a Dio e non sudditi di Cristo Re. La Santa Messa è il sacrificio del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo che, sotto le specie del pane e del vino, si offre dal sacerdote a Dio sull’altare, in memoria e rinnovazione del sacrificio della croce. Parole chiare semplici, come quelle evangeliche, quelle del catechismo, formule che consentivano di essere continuamente ripensate e richiamate e soprattutto facilmente comprensibili. Pur diverse nel suono, sono le stesse che anche il recente catechismo della Chiesa cattolica ricorda. Ma si sa gli intellettuali sessantottini hanno vietato l’uso della memoria, salvo quella a loro retorico scopo, e quindi il catechismo semplice e popolare di Pio X aborrito come se contenesse errori eretici e scismatici. La sostituzione è costituita da una serie di riflessioni proposte alla luce di un percorso progettato al fine di considerare quanto importante sia la funzione che si addice a Colui che chiamiamo Dio e che in relazione alle diverse espressioni di fede religiosa, si situa nel contesto di una dimensione, unica, della parola, che considera la possibilità di un’emancipazione, che parla dall’ambito vissuto e si allarga alla dimensione sociale e storica attraverso la parrocchia, sede di acquisizione di una coscienza pluriculturale aperta al mondano e indicazione di una liberazione totalitaria.

 Invece, è il senso della Santa Messa che distingue il mondo cattolico da altre espressioni che si richiamano al cristianesimo e lo distingue nettamente da altre umane religioni. La divisione di Lutero e Calvino, per citare i più noti, non avviene sulle indulgenze, sui costumi talora corrotti anche di qualche persona, magari investita dell’ordine sacro, ma sul tema della presenza di Gesù Cristo nel sacrificio eucaristico, non dimentichiamolo!

 Con grand’enfasi però, avendo letto solo qualche riassunto scolastico dell’opera di Max Weber, si sostiene che il mondo cattolico ha sbagliato tutto, da quando non ha accolto il messaggio che dal 1517 ha rovinato l’unità della Chiesa non con la piccola bega sulle indulgenze, ma con la grande questione della presenza, come già detto, di Gesù Cristo nel sacrificio eucaristico. Il capitalismo nato dal protestantesimo era la via da seguire e ciò non perché si debba essere capitalisti, ma perché se esiste il capitalismo esiste ovviamente la sua negazione, il comunismo, che è la meta. Comunismo che si è mascherato in ogni dove, anche nella democrazia cristiana, che non doveva essere un partito, ma il senso dell’impegno sociale dei cattolici, così sosteneva nella Graves de communi re, Leone XIII.

 Molti di più sono riusciti ad ottenere i compagni quando la storia ha decretato in Europa, purtroppo non in Asia e nell’America centrale, la fine del comunismo. Sono riusciti a coinvolgere chi già da anni era loro fiancheggiatore, ma aveva almeno una sorta di pudore, perché ricordava la scomunica lanciata da papa Pio XII. Cambiato il nome, non comparendo più il termine comunista, che però sopravviveva e sopravvive nelle teste degli ex comunisti, poterono affiancarli dapprima resuscitando un Partito Popolare, morto e poi confondendosi totalmente che non si riconosce nemmeno più che un tempo erano vicini al cristianesimo e al mondo cattolico. Hanno fatto mercimonio della loro posizione politica, per poltrone e cariche varie, hanno dimenticato la loro radice e oggi sono parte integrante di quelle visioni che negano la vita – quando mai un ministro della sanità che si proclamava cattolico, ha fatto qualche cosa per cambiare la legge sull’aborto? Hanno, come voleva Lenin, lasciato la fede nella profondità del loro cuore, temono solo che qualche volta possa risvegliarsi, ma sono ben corazzati dalla compagnia che frequentano, dove perfino che intesse le lodi di Lenin, fa finta di preoccuparsi del papa, così si fa bella figura, non ha nemmeno lui il coraggio di essere quello che dice di essere.

 Molti caddero e molti cadono, molti si confusero e confusero, andarono a predicare Gesù Cristo e finirono con il diffondere il decalogo del Manifesto del Partito Comunista, redatto da K. Marx e F. Engels, inneggiante anche alla violenza come arma politica, nell’ultimo capoverso. Non lo fecero stampando il Manifesto ma accomodandolo alle parole che possedevano. Il Movimento del Sillon, Romolo Murri, Dossetti, Milani, Turoldo e anche De Gasperi, non parliamo dei tristi epigoni che di costoro non seguono nemmeno gli scritti, ma solo i piccoli slogan, e che purtroppo partecipano ancora all’agone politico italiano. Costoro sono stati e sono la prova provata che quando si abbandona la verità, ci si fa schiavi della vita politica, della merchant bank degli interessi e delle poltrone. Se questo avesse contaminato solo i laici, presto si farebbe, come fece San Pio X per il movimento del Sillon e il modernismo politico a dimenticarsene, ma invece vi sono anche teologi, preti, monaci, suore, e membri di congregazioni secolari, associazioni scoutistiche, movimenti dei lavoratori cattolici, e qualche dom, che non è un monaco benedettino, ma un vescovo brasiliano, che seguono questa prospettiva, dimostrando che vale più la propaganda del marxismo-leninismo che non la verità evangelica. Hanno inventato teologie politiche, esprimendo la necessità anzi l’urgenza di adottare il metodo storico critico, derivato dal materialismo storico e solo in parte dal metodo positivista, per leggere la Sacra Dottrina. Hanno rifiutato San Tommaso d’Aquino e San Bonaventura, avendoli letti, soprattutto il primo, in compendi o Bignami. La critica storica della Bibbia non conduce più direttamente alla verità della fede, ma con l’aiuto dell’autoriflessione in esso attiva, ci pone di fronte alla questione di decidere per la fede in una possibile e individuale molteplice configurazione. Ma questo rischio, perché anche questo è un rischio, è presto risolto con una visione emancipativa totale di coloro che leggono la Scrittura. Il popolo di Dio è il popolo tout court, noi- sottointeso credenti – figli di un’epoca scientifica dobbiamo solo conservare il nocciolo del messaggio evangelico, ma questo non è né destoricizzato né soprattutto depoliticizzato. Il Vangelo è la nuova politica del mondo, infatti, la redenzione è intesa come un’abilitazione dell’uomo al mondo, perché pone la possibilità della liberazione, L’emancipazione del cristiano dall’ebraismo, porta così la necessità intrinseca dell’emancipazione dell’uomo da ogni comandamento, da ogni ordine preconcetto o precostituito. L’apparente astrattezza dei concetti evangelici è un elemento di proposta da calare nella storia, in modo che essa sia storia di liberazione, di emancipazione. L’identificazione del cristianesimo con la lotta sociale è compiuta sulla base di una lettura dell’Evangelo condotta in chiave di liberazione, ma non dal peccato, ma dalle condizioni sociali ed economiche. Il sospiro della creatura oppressa di cui parla K. Marx, è la religione, che va abolita e sostituita nella forma individuale da una fede di ordine sentimentale e nella forma dell’assemblea da una lotta di classe. Costoro affermano la valenza politica del Vangelo, rinunciano al Cristo storico, storia nel senso di Sant’Agostino, alla formulazione kerygmatica che piace alla Chiesa, e rivendicano da un lato l’interpretazione esistenziale, un tempo detta fede, del messaggio evangelico e dall’altra una teologia per l’assemblea della liberazione. Si ha così la forma della teologia politica, che supera la prospettiva della comunità di fede e fa dei credenti gli operatori o costruttori di una giustizia solo nell’orizzonte mondano, e per di più nella lettura che il marxismo ha dato della vita umana. Non di trascendente, non del fondamento, non di Dio, ma della contingenza, dell’immanenza costoro hanno fatto una precaria favelas per il messaggio di Cristo, dove lui, nonostante costoro, abita per indicare la via della fede nella trascendenza di là dalla difficile contingenza, che invece quelli assumono come necessaria, altrimenti che emancipazione, rivoluzione potrebbero mai proporre.

Non esiste una Chiesa, ordinata e gerarchica, consapevole delle diverse membra che con ragione e cuore nessun fedele abbandona, ma il linguaggio diventa quello delle maggioranze e delle minoranze, dei voti e delle decisioni sul da farsi. I sacerdoti solo i portavoce delle istanze assembleari, non presbiteri, nemmeno pastori, semplici esecutori della volontà espressa dall’assemblea. Resta solo da chiarire il metodo della loro elezioni, se debba avvenire secondo la capacità e la disponibilità al servizio, oppure attraverso candidature o il centralismo democratico. La democrazia non una forma possibile della gestione del bene civile, ma la democrazia diviene la forma eterna della vita del popolo, che non è più suddito di Cristo, perché si è emancipato, ed è diventato dio a se stesso. Non a caso forme della new age hanno invaso anche il mondo cristiano.

 Per coloro che hanno qualche perplessità sulla lettura politica del messaggio evangelico, possono riferirsi sempre e comunque a pratiche di meditazioni orientali in genere, poco importa il contenuto che esse propongono, consentono, questo è certo, che coloro che possono indicare vie diverse si estranino – alienino, dal mondo. Talora anzi è opportuno che qualcuno si rivolga a meditazioni esterne al mondo cristiano, indebolisce e se persona intelligente fa proposta; proposta che però allontana da Gesù Cristo.

 Per fare ciò soprattutto i sacerdoti hanno adottato il modo più facile, si sono con fusi tra la folla, non portano più nessun segno, vestono “alla moda” pantaloni e camicia, spesso in male arnese. Come disse un prete: “ Io sono sacerdote dentro”. Così gli fu replicato: “Così nessuno né ti conosce, né ti riconosce e puoi fare quello che vuoi!” Non portano nessun simbolo, temono di essere riconosciuti, che qualcuno chieda loro qualche cosa, si occupano della parrocchia come un impiegato con tanto d’orari: mai chiamare nei tempi prescritti anche per le estreme unzioni è necessario attendere l’ora giusta dell’ufficio per morire in pace e se si richiede la S. comunione qualche parroco, impegnato in cerimonie, risponde che ha altro da fare. I preti, dicono, sono disponibili, ad orario naturalmente, i preti vanno in vacanza, anche loro hanno questo diritto: le ferie sono irrinunciabili, recita la riforma del lavoro Bottai del 1927 e anche la Costituzione Italiana. I preti che più s’identificano nel movimento, hanno cura di vestirsi in modo adeguato, si fanno, come si diceva, riconoscere; così dimostrano che la chiesa è il movimento, perché loro lo benedicono, anche quando professano la necessità, l’ineludibile violenza, contro il capitale, in realtà contro i capitalisti e vilipendono più la persona che il denaro. Ma sono ascoltati, fanno molto rumore, possono dare immagini diverse, se non li si accoglie, se non li si coccola, agiscono come bambini capricciosi. Il loro gioco preferito è il girotondo e le manifestazioni di piazza, preparazione alla rivoluzione, anche quando si concludono con furti di liquori e affini per trascorrere le serate tra una canna e l’altra. Non comprendono che la caducità umana, la giustificano sempre e comunque, tanto è sempre colpa della società! Un’entità dalla quale mi sono sciolto perché vale solo il mio io. L’impegno della Chiesa era e deve essere la santificazione della società civile, e questo fin dalle origini. Il suo vero progresso coincideva con la conversione dei pagani, oggi il progresso è il progressismo politicante, in quei secolareschi negozi dai quali magari trarre denaro per restaurare, tanto che il motto di alcuni prelati è diventato: multum restitui, nullum aedificavi. Della mia Chiesa avete fatto restauro, non tempio di Dio Altissimo. Sopravvive l’opera d’arte, non i bei costumi ecclesiastici, considerati coreografia e non liturgia. Così la Chiesa soggiace agli sviluppi del mondo, in ricerca di chi pagherà i restauri e gli arredi, di chi garantirà la residenza sanitaria per gli anziani sulla quale costruire la nuova sede generale dell’ordine, di chi pagherà i lampadari della ristrutturazione della grande sala dove si fanno i convegni, di chi crede che l’Istituto derivato dalla diocesi, che presiede, sia laico, ma lui monsignore non si ricorda di essere sacerdote anche là dove vi sono i laici e che la sua sola presenza manifesta o meglio dovrebbe manifestare la Parola di Dio.

Della sesta e non ultima piaga della Chiesa (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica) Ma dove l’animo degli uomini e in particolare degli uomini cristiani si volge ai beni terreni, alla loro salvaguardia ad oltranza, alla preoccupazione per pensioni e prebende, per stipendi e interessi da Fondazioni bancarie, allora la Chiesa non è più libera, ma fatta schiava al secolo. Non vi è più consacratio a quel bene sommo che è di tutti senza che venga meno a nessuno e che non riceve il prezzo dalle cosa esteriori e mutabili – che possono anche crollare – ma lo ha in sé, come verità. Se l’uomo cristiano non ha in sé questa prospettiva, allora è vano e la società non può che essere condizionata alle circostanze. Èil piccolo presente che s’impone, e ai destini così incerti del momento affideremo l’eterna parola di Dio?

 

(continua)

nr. 30 anno XXI del 3 settembre 2016

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