NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
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Profughi e migranti il grido di dolore dei comuni

di Giulio Ardinghi

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Profughi e migranti il grido di dolore dei comuni

MA CHE COSA È LO SPRAR?- Poco più di un mese fa sono state modificate con decreto legislativo modalità e procedure per il nuovo funzionamento dello SPRAR, a partire dai contenuti dell’Intesa tra Governo, Regioni ed enti locali del 10 luglio 2014, “al fine di attuare un sistema unico di accoglienza dei richiedenti e titolari di protezione internazionale attraverso l’ampliamento della rete di intervento”. Il decreto favorisce la stabilizzazione dei progetti già attivi e lo snellimento delle procedure di accesso alla rete per nuovi enti locali che intendano farvi ingresso, permettendo di superare l’attuale rigidità imposta dalla periodicità di pubblicazione dei bandi di adesione e optando per una gestione “a liste sempre aperte”, così da accogliere le domande degli enti locali senza più vincoli di tempo ma solo in base alla disponibilità delle risorse. Ciò al fine di stimolare una costante progettualità coinvolgendo tutti i soggetti qualificati attivi nel settore attraverso il coordinamento dei Comuni. Questo stabilisce ora la legge rivolgendo nuova attenzione a due fondamentali campi di intervento in materia: prima di tutto la procedura per la presentazione delle domande di prosecuzione riferita a tutti gli enti locali che hanno in corso una progettualità in fase di conclusione. L’ente locale può presentare una domanda di prosecuzione per ciascuna tipologia di servizi di cui è titolare. La prosecuzione ha durata triennale e al termine di ogni triennio potrà essere nuovamente riformulata la domanda di prosecuzione. Dopo di che cambia anche la procedura per la presentazione delle domande di accesso al Fondo Nazionale per le Politiche e i Servizi dell’Asilo riferita a tutti gli enti locali che presentano una nuova progettualità triennale. Complessivamente si conferma che i problemi principali sono: 1. L’effettiva realizzazione dei Centri regionali di prima accoglienza, quale stazione intermedia tra il momento dello sbarco e la distribuzione dei profughi nei Comuni. Ad oggi i Centri sono pochi e saturi di persone e sempre più spesso i profughi passano direttamente dallo sbarco ai Comuni; 2. sistema "diffuso" di accoglienza, superando l'attuale concentrazione in un numero limitato di Comuni (circa 1.000), fonte di addensamento che suscita crescente inquietudine nell'opinione pubblica e enormi difficoltà nei Comuni arrivando ad un sistema che faccia leva sugli 8.000 Comuni italiani adottando come condizione il criterio della "proporzionalità" tra numero di profughi inviati e popolazione del Comune ospitante. 3. l'accoglienza faccia capo ai Comuni superando gradualmente il parallelo canale prefettizio di distribuzione attivato dal Ministero degli Interni, fonte di sovrapposizioni e troppo spesso gestito senza alcun coinvolgimento dei Sindaci; 4. possibilità di utilizzare i profughi in attività socialmente utili, quale forma di "restituzione" alla comunità che li accoglie; 5. esclusione dai vincoli di bilancio delle spese sostenute dai Comuni per le politiche di accoglienza e la predisposizione di forme di premialità per quelli che aderiscono al sistema di accoglienza; 6. approvazione da parte del Parlamento del disegno di legge fermo da un anno sui minori non accompagnati; 7. semplificazione di esame delle domande di asilo e accelerazione dei tempi, in ragione da stabilizzare coloro a cui l'asilo viene concesso e rimpatriare rapidamente coloro che non lo ottengono.

Profughi e migranti il grido di dolore dei comuni (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)NON VOGLIONO STARE A GUARDARE- Tra Santorso e Schio si muove un altro dei fili ,che collegano la questione di che cosa e come fare quando si ha da affrontare il problema dell’accoglienza e dell’integrazione di persone che arrivano da lontano e portano nei nostri paesi le loro esperienze e le loro sofferenze. Clandestini o no, dunque, c’è sempre e comunque una grande preoccupazione che il quadro di riferimento degli interventi sia senza sbavature di sorta. Santorso ad esempio fa parte da quindici anni del progetto che risponde al nome di SPRAR. Il sindaco Franco Balzi difende con vigore le scelte della sua amministrazione e di quelle che hanno formato il quadro storico su questo tema sostenendo che non si tratta di voler accogliere a tutti i costi o di metterla in politica: “Sappiamo che si può fare un buon lavoro anche con le risorse a disposizione, ma la condizione è che le amministrazioni comunali alle quali spetta il controllo sociale del territorio non siano messe in un angolo a fare da spettatori mentre altri decidono: altri possono essere quelli che scelgono in chiave politica e tengono all’oscuro un sindaco di quel che sta per succedere nel suo territorio, ma altri sono anche quelli che gestiscono la vita quotidiana delle persone che vengono ad installarsi da noi ed hanno bisogno di vitto alloggio e magari di una occupazione anche piccola. Il Comune e le sue strutture non posso fare da semplici spettatori, le associazioni che si occupano dei migranti non possono essere lasciate semplicemente alle loro scelte non preventivamente descritte e quindi non condivise ed è perciò necessario che ci sia un controllo da parte dei sindaci. Santorso ha messo assieme un’esperienza che può fare da modello ed è quanto andrò a dire all’assemblea a Bari come nostro contributo ai lavori”.

Profughi e migranti il grido di dolore dei comuni (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica) È una posizione riconoscibile tutto sommato anche in Schio, molto più grande e pure con l’esperienza Bakita in corso da tempo, con il sindaco Valter Orsi che dopo aver sottolineato una distinzione importante e obbligatoria tra la certificazione inequivocabile che deve accompagnare lo status ed i documenti dei migranti (chiedono asilo, vogliono transitare o invece insediarsi e costruire qui il loro futuro?) si rivolge praticamente all’assemblea di Bari esprimendo l’auspicio che sia il momento di svolta che i sindaci si aspettano: “Ai Comuni deve essere riconosciuta la facoltà di scelta e di disponibilità, ma ancora di più deve essere riconosciuto il diritto di analisi e intervento principale sulle situazioni che li riguardano e coinvolgono. Quelli piccoli hanno o possono avere problemi di carichi di lavoro che non si conciliano con le nuove esigenze determinate dalla situazione che si è creata con l’incremento delle migrazioni. Occorre insomma che i sindaci abbiano voce in capitolo senza essere costretti a subire sorprese poco gradevoli e ancor meno controllabili come è successo in varie località, da Tonezza a Lugo ad Arzignano”.

 

nr. 35 anno XXI dell'8 ottobre 2016

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