Una storia vicentina, una storia vera. È quella raccontata nel recente libro Lo scontro - Il vescovo principe e il prete ribelle (Reverdito Editore, Trento) da Luigi Maistrello, cappellano del carcere di Vicenza. La storia di un prete "contro", don Bruno Scremin, che ebbe il coraggio di schierarsi contro la chiesa, non quella predicata dal Vangelo e vicina agli ultimi e ai bisognosi, ma quella che incarnava il potere temporale, che poco ha a che fare con l'autentico messaggio originario. È una lettura che ci sentiamo di consigliare ai vicentini non solo per il suo indubbio interesse storico, ma anche perché aiuta a comprendere meglio certe dinamiche sociali e politiche, certe situazioni che, seppure accadute decenni fa, proiettano in qualche modo la loro ombra anche sul presente. La sua ricerca, la sua sete di libertà, la sua battaglia per l’autenticità evangelica, le sue sconfitte, la sua fede cristallina, la sua integrità morale, i suoi errori madornali, il suo desiderio di amare ed essere amato, le sue lotte accanto a chi è stato scartato dalla società, sono lo stesso mio bagaglio esistenziale - scrive nell'introduzione Maistrello - . Non è stato difficile raccontare di una passione evangelica che ha portato il protagonista a scontrarsi con tutti gli apparati religiosi, ecclesiastici e politici del suo tempo. È la narrazione di una sconfitta, ma di quelle evangeliche, quelle che Gesù aveva indicato come unica via per la fertilità: “In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”.
L'autore racconta di aver conosciuto Bruno Scremin durante l’anno scolastico 1965/66. Ero un ragazzino di prima media nel Seminario di Vicenza e lui era il professore di italiano e francese. Un insegnante che noi alunni vedevamo ‘fuori ruolo’, anche se eravamo piccoli e non potevamo comprendere il travaglio del suo cuore. Poi siamo venuti a sapere che era stato messo su quella cattedra per castigo. Lui avrebbe dovuto insegnare ben altro: sacra scrittura e teologia. Era in punizione, dopo che il vescovo gli aveva fatto capire che non condivideva affatto ciò in cui lui credeva. Dopo quel momento l’ho perso di vista, anche se ho cercato di non abbandonare il filo della sua esistenza, perché mi aveva sempre incuriosito e affascinato. L’ho rivisto nel 2008, due anni prima della sua morte, ricoverato nella casa di riposo della diocesi. Era ammalato e non poteva più rispondere e utilizzare i suoi ricordi. Accanto al suo letto c’era un suo vecchio amico, Mario Balbo, che lo stava assistendo. È nata un’amicizia e con lui ho cercato di ricostruire la storia di ‘don’ Bruno. Siamo venuti in possesso di molte registrazioni eseguite alla fine degli anni ottanta. Quelle cassette sono diventate la traccia di questa storia. È un racconto a quattro mani: quelle di ‘don’ Bruno e le mie. Sento che la sua ricerca, la sua sete di libertà, la sua battaglia per l’autenticità evangelica, le sue sconfitte, la sua fede cristallina, la sua integrità morale, i suoi errori madornali, le sue lotte accanto a chi è stato scartato dalla società …. sono lo stesso mio bagaglio esistenziale. Non è stato difficile raccontare: io mi sentivo ‘don’ Bruno e lui era dentro di me!
Su tutti e tutto, nella provincia più bianca d'Italia, quella di Vicenza che sfornava a Casoni, nei dintorni di Bassano, la più alta percentuale planetaria di seminaristi, preti, suore e badesse (una persona ogni 44 abitanti!) svettava lui, il vescovo Carlo Zinato - leggiamo nella prefazione di Gian Antonio Stella - . Per decenni il vescovo-principe vicentino si sarebbe imposto come detentore del potere non solo religioso ma politico nella sua amata cittadella. ... C'era tra questi preti che guardavano a don Mazzi, più sofferente e più insofferente di tutti, don Bruno Scremin. Veniva da una modesta famiglia operaia proprio di Bassano del Grappa, "la culla dei preti", e per decenni era stato un seminarista, un prete, un teologo, un docente "senza grilli per la testa". Finché, appunto, l'inquietudine per le contraddizioni di una certa Chiesa clericale preconciliare finì per diventare incontenibile. E sfociò, inevitabilmente, in uno scontro frontale con quel vescovo che come forse nessun altro rappresentava il mondo che lui si illudeva di poter cambiare. Scontro destinato a diventare la sintesi delle spaccature del "piccolo mondo antico" vicentino, dove la religione era spesso velata di quella ipocrisia perbenista e vuota di fede vera che sarebbe stata canzonata da Pietro Germi nella gemella Treviso di "Signore e signori"...
Luigi Maistrello è nato a Isola Vicentina ed è sacerdote dal 1979. Dopo trentacinque anni di vita in varie parrocchie della diocesi, attualmente è il cappellano del Carcere di Vicenza. Lavora anche nella Cooperativa Sociale Elica, che ha fatto nascere con un gruppo di amici dal 1983. Autore di varie pubblicazioni di carattere spirituale con le Edizioni Il Messaggero e Paoline, in particolare di Passione Evangelica (2014), un testo di riflessioni introdotto dal teologo Vito Mancuso.
Abbiamo incontrato don Maistrello per parlare del suo libro.