NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Piccole Gonne
il teatro diventa pop

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Piccole Gonne

Anna Cappelli (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)@artiscenichecom

 

Piccole Gonne (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Pubblico in deliro questa settimana al Teatro Remondini di Bassano del Grappa dove è andato in scena lo spettacolo “Piccole Gonne- infeltrimento teatrale di un classico della letteratura americana”, scritto, diretto e interpretato da Alessandro Fullin. Il geniale artista triestino propone una versione pop del celebre romanzo “Piccole Donne” resa irresistibile da una comicità leggera, surreale mai volgare, ricca di omaggi e riferimenti cinematografici dall’inizio alla scena finale, con la musica di “O mio Babbino caro” dal Gianni Schicchi di Puccini: impossibile non pensare al finale del romantico film di James Ivory “Camera con Vista” in cui Maggie Smith legge la lettera –epilogo. Abbiamo incontrato Alessandro Fullin, da molti ritenuto l’erede di Paolo Poli.

 

Il ritratto di Obama fa da padrino della situazione. La pièce l’hai scritta prima delle elezioni.

Piccole Gonne (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Alessandro Fullin: “Sì e poi abbiamo deciso di tenerlo. L’avevamo messo lì come presidente americano in carica, per far capire che lo spettacolo era una attualizzazione che andava su e giù nel tempo. Poi lo abbiamo amato e ce lo teniamo per sempre".

Mi ha colpito lo scollamento dei personaggi dalla storia: una delle sorelle parla della scrittrice che sta scrivendo di loro.

“Eh certo: sono tutte scatole cinesi che apri e chiudi. Io parlo del tecnico. Sono tutta una serie di trappole possibili. Nel contemporaneo è una mescolanza, noi facciamo dei frullati e quindi prendere un testo e farlo assolutamente come è fatto per me non ha nessun senso: bisogna riattualizzarlo e reinventarlo con la nostra vita. Anche perché, sai, la comicità è l’arte che invecchia più rapidamente: una cosa che fa ridere oggi, domani non lo farà. Ho la presunzione di fare un teatro che un pochino dura, infatti questo spettacolo sono anni che gira. Questa è una commedia che secondo me la si può rifare tra qualche anno,cambiando qualcosina, tiene botta".

Nel programma di sala c’è scritto che il testo viene infeltrito

“Eh si, era divertente questa cosa che è “infeeltriiito”. Beh, sai, il romanzo è di una bruttezza assoluta: alla terza pagina avevi cariato i molari perché è dolciastro in un modo schifoso, è ovvio che tu prendi un testo così e lo fai diventare altro. A me piaceva la parola “infeltrito”: vuol dire non essere rispettoso, che prendi una maglia e la butti in lavatrice a 90° e chi sene frega. Lo spettacolo ha delle caratteristiche molto contemporanee con degli elementi molto vintage per altri versi".

È uno spettacolo elisabettiano, a parte l’attrice che fa la zia: sono tutti uomini che fanno parti da donne. Come mai quando lo fa un uomo, il personaggio femminile si iper –caratterizza, sia quando è commedia che quando è drammatico?

“Beh, ma perché è un’altra cosa: l’uomo che fa una donna porta a un altro risultato,parti da una cosa e arrivi a tutt’altro. Per dirti quanto è antica questa cosa: una volta sono andato in un museo a Roma e c’è una statua di un uomo con una toga. Poi vedi che sotto c’era qualcosa ed era scritto “Attore travestito da donna”. Io non è che faccio una donna, anche lì è una base, tu parti e poi fai altro. Non sono assolutamente una drag queen anche perché mi trucco in maniera talmente banale che ad un certo punto diventa più vero del vero. Non vado in quella direzione lì, che a me non interessa assolutamente".

Piccole Gonne (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Però in questo spettacolo ci sono dei richiami allo spettacolo drag perché c’è il cantato in playback: sembrate un po’ Priscilla “dei poveri”.

“Sì, sì! Ma è tutto denunciato: la povertà dei costumi, della scenografia, fatta con quattro pezzi di Ikea. Noi siamo una compagnia che non ha finanziamenti pubblici quindi dobbiamo arrangiarci; siamo poverissimi ma basta aguzzarsi l’ingegno".

L’espediente scenico di vestirsi come le tende.

“È bellissimo!”.

È molto Rossella O’ Hara.

“Assolutamente! Ed è la stoffa che costa di meno: 5 euro al metro!”.

Spettacolo fatto con niente e con delle trovate pazzesche: il pandoro…

“Ti è piaciuto? È demenziale!”.

Non c’entra niente!

“Niente!”.

Oppure il bouquet della sposa con le luminarie. Il pubblico vi è venuto dietro: ridevamo in continuazione.

“Assolutamente: un ottimo pubblico devo dirti, forse tra i migliori. Questa serata è stata una serata magic per il pubblico, ci ha seguiti nella follia. Delle sere la gente rimane seduta, altre ti scatena e l’attore dà 100".

Piccole Gonne (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Ci sono dei pubblici dai quali ti aspetti qualcosa? Dai napoletani qualcosa o dai milanesi qualcos’altro?

“Beh uno spettacolo così, sotto Roma è incomprensibile".

Ah si!?

“Non arriverà mai. Incomprensibile. Non lo facciamo, nessuno ci chiama, non esiste. Non c’è mercato. Non ho mai fatto una data sotto Roma".

Ma con tutti i tuoi spettacoli?

“Beh questo tipo di spettacolo qui arriva praticamente fino a Firenze, poi Roma è proprio un’avventura ma è come se tu andassi in Libia, fine. In Italia lo fai fino a un certo punto. Io adoro il Sud ma non lavoro mai. L’Italia è così’".

Ho visto un video in cui facevi un seminario alla Bicocca in cui spiegavi l’ equivoco della televisione che travisa qualsiasi cosa tu ci metta: puoi dire quello che ti pare, la gente coglie quello che le pare, indipendentemente da quello che tu dica o faccia…

“Certo, o quello che sei".

Mi pare di vedere che lo spettacolo en travesti o anche drag queen o un’idea di femminilizzazione spettacolare funzionino o a teatro o altri ambiti che non sono televisione.

“No ma infatti io la tv non è che… anche perché non c’è la narrazione. Il dato è questo: la tv è troppo sincopata, non racconti più delle storie perché non c’è tempo. Solo a teatro racconti una storia e a me quello piace: non devi fare delle cose sempre in tre minuti, due minuti e mezzo".

Piccole Gonne (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Però qui c’è una narrazione molto a canovaccio: portate avanti tutto con delle scenette a livello concettuale. Potrebbe essere un avanguardia incomprensibile che in questo caso fa ridere. È commedia perché ha un filo drammaturgico e finisce bene ma non la è perché è un’altra forma. Che cos’è?

“Eh beh è il mio lavoro. Che però ha dei dati originali. Se tu mi dici così vuol dire che qualcosa di originale c’è. Vengo spesso paragonato a Paolo Poli ma secondo me faccio un lavoro molto diverso, nel senso che lui non sarebbe mai stato così pop: lui prendeva un testo e lo manteneva con un lavoro di cesello fantastico. Il mio lavoro è molto Hanna-Barbera, questo è: il cartoon, il pop, il piatto, i personaggi non hanno tridimensionalità, sono piatti e devono essere piatti perché il pop è fatto di superfici piatte giustapposte con grossi contorni, questo è il pop. È quello che ho sempre pensato. Io non sono mai stato un’ora a imparare a recitare: io non sono un attore, io sono una signora che urla in modo interessante. È questa la mia vita".

Sei diventato famoso al grande pubblico con la Professoressa Fullin: è stata definita comicità dadaista, prendere qualcosa che già esiste e farlo diventare qualcos’altro. Ti riconosci in questa cosa?

“Beh Duchamp ha aperto l’arte contemporanea. Tutti discendiamo da quel cesso: quell’orinatoio è uno spartiacque dell’Occidente. Poi io sono uno più appassionato di arti visive e anche la mia preparazione è sulle arti visive per cui io parto da tutt’altra cosa, non ho mai fatto studi di teatro, tutto deve essere molto antinaturalistico".

Quindi a te interessa molto la composizione del quadro statico.

“Assolutamente: se uno degli attori sta a destra o a sinistra, se alza una mano a destra… deve essere un effetto molto specchio, molto Greenaway”. (Peter Greenaway, artista e regista gallese ndr)

Ci sono molti momenti estemporanei: Titanic è uno spettacolo nello spettacolo.

“Ma certo. Se tu fai il pop è quello: l’accostamento di materiali conosciuti da tutti".

Però esci dal filo narrativo.

“Ma certo: immagina a un certo punto, facendo “La Divina Commedia”, arriva Darth Fener. Dimmi te cosa c’entra Darth Fener con La Divina Commedia. Io faccio teatro così: prendo dei materiali li butto e vedo cosa succede".

Si ma con che criterio li metti dentro?

“Della sorpresa!”.

Allora uno butta dentro qualsiasi cosa!

“No! No! Ogni tanto osi e il pubblico ti sta dietro se hai fatto un azzardo".

Ci sono dei riferimenti cinematografici raffinatissimi: la musica dei titoli di testa de “La donna che visse due volte” nella scena in cui Amy deve incontrarsi con lui al cimitero, pende il quadro come se fosse un’icona e tu metti la luce rossa della psicosi di “Vertigo”.

“Eh beh è Hitchcock, è meraviglioso”.

È importante il cinema per te? Hai messo delle colonne sonore.

“Io vado poco a teatro e moltissimo al cinema".

Chi sono i registi che ti piacciono, a parte Hitchcock?

“Io sono molto da grandi attrici della scuola classica, MGM, perché loro recitavano in una maniera completamente demenziale oggi, nessuno potrebbe più lavorare in quel modo, invece sono interessanti per il teatro: Bette Davis, Joan Crawford…”.

Le figure femminili nella spettacolarizzazione “camp”: questo è uno spettacolo “camp”. Cosa vuol dire “camp”?

“Eh se lo chiedono tutti da 50 anni. Lo vedi lo riconosci ma non sai dargli una definizione perché è una forma ambigua".

Però è adatta alle famiglie e agli anziani, spettacoli come quelli di Ennio Marchetto, i tuoi o Riccardo Castagnari che fa Marlene Dietrich: anziani e bambini si divertono tutti.

“Perché non è un teatro presuntuoso, è un teatro che ti viene incontro. Non c’è la presunzione dell’intellettuale però c’è il gioco dietro ma io non te la devo mica servire la mia intelligenza, io sono al tuo servizio. Se tu sei al servizio del pubblico, il pubblico lo capisce. Non è un’esibizione del proprio “Io”, questo non interessa più a nessuno".



nr. 12 anno XXII del 1 aprile 2017

Piccole Gonne (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)

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