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NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Quel "Tutu" che racconta
tutti i linguaggi della danza

Lo spettacolo della compagnia Chicos Mambo

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Tutu

Anna Cappelli (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)@artiscenichecom



Strepitoso successo di pubblico al TCVI questa settimana per lo spettacolo di danza “Tutu”messo in scena dalla compagnia Chicos Mambo del francese Philippe Lafeuille che con ironia, delicatezza ed eleganza propone un excursus in tutti i linguaggi della danza, dal classico al contemporaneo al circense. Coadiuvati da costumi spettacolari realizzati con infiniti strati di tulle che diventano essi stessi oggetti danzanti , sul palco abbiamo visto sei strepitosi danzatori e interpreti. Abbiamo incontrato Philippe Lafeuille e il napoletano Vincenzo Veneruso, unico danzatore italiano della compagnia.

La cosa che colpisce subito è che tu mescoli stili e linguaggi: dallo streetsyle, alle mode underground come il vogueing degli anni ’90 ma la danza classica è lo stile predominante.

Tutu (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Philippe Lafeuille: “Più che predominante è lo stile più conosciuto,la gente quando pensa alla danza pensa al tutu, è l’icona della danza".

Molti coreografi, soprattutto gli italiani, mi dicono che la danza classica è come il latino e il greco per la lingua e la letteratura, altri invece mi dicono che danzare senza parametri classici è molto più interessante e dà una maggiore libertà . Tu cosa ne pensi?

“Beh si c’è gente che balla e che non ha mai fatto danza classica, nel contemporaneo c’è una cosa che “noi non facciamo classica perché non siamo di quel mondo vecchio”. Però se si pensa, il contemporaneo viene dalla classica, anche dal rifiuto della classica stessa : un giorno una ballerina ha tolto le punte, ha ballato a piedi nudi e ha pensato alla danza moderna".

Isadora Duncan

“Esatto. Per me è abbastanza vero, la classica è la base, è una tecnica molto buona e completa. Ciò che più mi interessa sono tutti i linguaggi. Ieri mi hanno chiesto cosa sia la mia danza: è danza! Non voglio etichette, anche Tutu la gente non lo può etichettare, a me piace utilizzare tutto, teatro, clown, tutto è buono se sta nel senso dello spettacolo".

Hai danzato con Madonna: in America la danza è un prodotto molto lontano da ciò che noi definiamo “scuola accademica”. Tuttavia non vuol dire che non ci sia del duro lavoro. Si è modernizzato la classica senza tradirla. È possibile una street dance con elementi di classica senza sopprimere la sua natura metropolitana?

“Tutti i mélange sono possibili ma c’è gente che mescola senza avere le basi: chi fa hiphop non ha mai fatto classico; bisogna conoscere la tecnica e poi la puoi tirare, distorcere e farne ciò che vuoi. Chi ha modernizzato di più la danza classica è stato William Forsythe che ha completamente inclinato il classico ma per farlo deve prima essere diritto. In America hanno una tendenza molto commerciale, ci sono delle buone compagnie di danza ma un buon danzatore il massimo che può fare è una tournée con Beyonce o Katy Perry, poi lavora tanto perché la gente lo ha visto in scena. Negli USA ci sono stati dei grandi maestri di danza moderna, Cunningham, Martha Graham, ma sono tutti morti! È vero che la danza moderna è cominciata lì ma in Europa c’è molta più creatività. Ora c’è una nuova generazione che viene dal classico e dal neoclassico che può essere interessante ma è vero che negli Stati Uniti c’è davvero molta street dance".

Nella tua “bio” c’è scritto che hai cominciato a danzare perché sei rimasto folgorato da uno spettacolo di Béjart

“Esatto. Però quando ero piccolo volevo fare il marionettista, facevo degli spettacoli per i miei genitori, già tiravo un po’ le fila. Poi mia madre mi portò allo spettacolo di danza e dissi che quello era ciò che volevo fare, lei non era contenta, era professoressa a scuola e voleva che studiassi. Ho studiato, ho il mio diploma,ma ho lavorato tantissimo, ha visto che ero serio. Ho lavorato molto per dimostrare che questa passione era davvero ciò che volevo e ho avuto fortuna perché ho cominciato a 14 anni e a 18 ho fatto il mio primo provino e mi hanno preso subito”.

Hai cominciato a 14 anni?

“Sì. Ma c’è gente che comincia a 25, in Francia c’è un coreografo che prima faceva il dentista! Tutti i percorsi sono possibili, dipende da come lavori: io ho lavorato 6 ore al giorno per 4 anni, e la mattina andavo a scuola. Avevo deciso così e nessuno mi avrebbe fermato".

Vediamo un omaggio molto evidente a Béjart, durante il numero del Bolero e anche a Pina Bausch in più momenti. Alcune parti sono comiche altre no. Qual è il meccanismo per cui il pubblico, accetta e apprezza una cosa comica come un omaggio allo stesso modo di una seria? Di solito è vista come una cosa dissacratoria.

“Beh a Parigi io sono stato dissacratorio perché ho fatto ridere con Pina Bausch, che è la grande sacerdotessa della danza: non si può ridere della Pina. È vero che in Pina le ballerine hanno sempre questi capelli che quasi ballano più i capelli del corpo ma è un dettaglio sul quale mi appoggio, io ho pianto e vissuto delle grandi emozioni con la Sagra della Primavera, rispetto completamente il suo lavoro. Ci sono delle persone che non sanno chi è Pina, c’è stato chi ha pensato che fossero delle principesse Disney e questo mi piace perché ognuno viene con i propri riferimenti. Io non ne ho messi molti: ho voluto fare uno spettacolo per tutti, non solo per coloro che conoscono la danza, ma soprattutto per quelli che non la conoscono e che vengono e dicono: “Ah ma la danza non è solo classico o contemporaneo, può essere anche comica!”. Attraverso il comico tu porti la gente più facilmente".

Tutu (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)C’è un numero dove scherzi sulla danza contemporanea: credo che sia la parte più dissacratoria dello spettacolo perché è come dire che nel contemporaneo si può fare qualsiasi cosa che tanto è sempre la stessa cosa.

“Ma fa ridere perché delle volte vediamo degli spettacoli di contemporaneo dove sono vestiti tutti in grigio, non pensano al costume, se ne fregano, in molti spettacoli sono nudi perché pensano ai movimenti, lo spazio…”.

Il concetto…

“…Voilà. Dove sono andato, dove ritorno… Ci sono molti coreografi bravi nel contemporaneo ma alcuni fanno tutto per se stessi, per i loro concetti e senza messaggi dimenticandosi o fregandosene del pubblico che se non capisce sono bestie. Io lavoro per il pubblico, persone che vengono da un’altra realtà, che vengono e pagano, non bisogna prendere il pubblico come un idiota, anche se non ne sa niente di danza, non lo puoi ingannare e bisogna dargli qualcosa. Noi siamo dei “passatori”,passiamo qualcosa al pubblico. questa è la mia visione dell’artista".

La musica da film: lo spettacolo si apre con una canzone del cartone animato Anastasia...

“…Che non conoscevo…”.

No!? Anastasia!

“No. Tutti mi dicono: “Ah ma è Anastasia!!” . Io volevo la musica di un carrillon, l’ho sentita e andava bene. La musica mi ispira e mi crea delle immagini".

C’è anche Bach con la Variazione Goldberg…

“Sì, una musica che adoro, qui nella versione di Glen Gould”.

E poi anche…

“…In the mood for love…”.

Di Umebayshi. E Lily of the valley di Jun Miyake, da Vim Wenders.

“Si, “Lily of the valley”: è venuto a vedere lo spettacolo a controllare cosa facevo con la sua musica, ha detto che andava bene. l’autore può proibirne l’utilizzo. io amo tutta la musica e ho visto molti film e ultimamente nella musica da film si trovano delle cose molto interessanti . Mi piace moltissimo Sorrentino, nei suoi film c’è sempre della musica stupenda. Io cerco sempre della musica che si connetta con ciò che voglio fare".

Lo spettacolo si chiama Tutu: è elegante, ironico,divertente e delicato. Quando coinvolgi il pubblico, dopo averci fatto ballare e cantare dici che quando le cose non vanno dobbiamo pensare al tutu che è in noi e cantare e ballare (Jazz Suite Waltz nr 2 di Shostakovich ndr)

“Ma è giusto, io cerco sempre di essere positivo nella vita, ad ogni problema c’è una soluzione, io difendo il corpo: nello spettacolo non c’è solo maschio o femmina, grande o piccolo, è pieno di forme differenti e vi ho fatti danzare per prolungare dopo aver guardato seduti e fermi. Dopo 3 minuti che ci si muove vedi le persone che fanno “diiin!”.

Sorridono.

“Un amico mi ha detto che il valzer è una musica che pulisce l’aria, per un momento tu dimentichi, poi torni ai problemi ma è un prendere la vita con leggerezza senza dimenticare il corpo. La creatività è uno spazio che tu ti dai, in ogni lavoro si può essere creativi, lo si è quando si cerca una soluzione a un problema, non è solo immaginare uno spettacolo, vuol dire pensare fuori dagli schemi. Il mondo è pieno di gente che vuole farti abbassare la testa, bisogna guardare più lontano di loro".

Vincenzo, tu ti sei formato al San Carlo e hai fatto uno stage al Bolshoi, ora danzi nei Chicos Mambo, compagnia caratterizzata dalla versatilità e che permette di esprimersi. Al Bolshoi che aspettative hanno riguardo al panorama mondiale della danza?

Vincenzo Veneruso: “I ballerini del Bolshoi non lavorerebbero mai in questo tipo di spettacolo, di parodia, proprio per il concetto di danza che hanno loro, è una cosa seria e non si tocca. Per fortuna nei Paesi europei, e in altri, la danza può essere vista sotto altri aspetti. Per i ballerini del Bolshoi l’unico modo di lavorare nel settore è nei grandi teatri, lavorare nelle compagnie private è una vergogna: per loro, ma anche per i miei colleghi del San Carlo, è come se fossi un rinnegato e avessi fatto un passo indietro. Invece ho fatto un grande passo avanti perché dopo il diploma non sappiamo affrontare altri stili, per noi il mondo è solo la classica. Faccio qualcosa che nessuno sa fare, ballo sulle punte, ho imparato a ballare sui tacchi, c’è un lavoro sulla creatività, sulla persona e la personalità, le proprie capacità e soprattutto incapacità: non sapevo fare il contemporaneo e ho avuto molte difficoltà, Philippe è molto gentile manche molto rigoroso ed esigente e mi ha insegnato e corretto tutti i giorni. La cosa che mi è piaciuta di più è la “Variazione di Aurora” da “La bella addormentata”: Philippe ha creato un piccolo tutu rosa che non è né maschile né femminile e questo è molto bello perché non è Vincenzo che si traveste da Aurora per fare Aurora ma sono io che ballo sulle punte, il mio personaggio, la mia interpretazione e ogni volta che faccio il solo è bellissimo".

 

nr. 06 anno XXIII del 17 febbraio 2018

Tutu (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)

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