La trama è romanzata ma si basa su fatti storici e sulla condizione femminile all'inizio del secolo scorso. Perchè ha scelto questo tema?
"Il romanzo è nato a seguito di uno studio che si sta traducendo in un saggio sulle maestre. Questo mi ha permesso di andare negli archivi ufficiali ma, soprattutto, mi ha dato la possibilità di entrare nelle memorie di famiglia di tante maestre che hanno saputo custodire nel tempo una storia poco praticata. La storia di un’Italia semplice, accantonata troppo facilmente anche se spesso, nei posti piccoli, ci sono storie grandi che meritano tutta la nostra attenzione. È stata quasi una necessità quella di raccontare le vicende di una maestra dell’età giolittiana perché dai ricordi della giovane donna è uscita un'Italia diversa da quella tradizionalmente nota. Se da un lato all’epoca si esaltava il processo di industrializzazione, la tecnologia, dall’altro si cercava di nascondere quelle crepe, quelle note stonate che rompevano in qualche modo un’armonia apparentemente perfetta. E questo traspare dalle pagine ingiallite del diario".
Perché è ancora importante parlare di pari opportunità uomo-donna nella nostra società?
"L’argomento del romanzo non è poi così lontano dal nostro quotidiano: i contesti sono mutati ma garantire trasparenza, pari opportunità ancora oggi significa eliminare forme di discriminazione. Responsabilità familiari e professionali possono coesistere. Non solo. La società anche ora risponde a regole precise, molto spesso uniche risposte a una vita artificiosa a cui spesso sottostiamo senza rendercene conto. Senza provare un moto di ribellione.
Qual era la condizione femminile di quell'epoca?
"Le trasformazioni sociali ed economiche faticavano ad armonizzarsi con l’emergere dei nuovi ruoli femminili. L’enfatizzazione della donna, in quanto moglie e madre, rimaneva, nonostante tutto, l’unica destinazione sociale a lei riservata. La presenza femminile negli spazi pubblici non era legittimata, neanche dalla necessità di rispondere ai nuovi bisogni sociali che uno stato moderno, quale voleva essere l’Italia, richiedeva. Uno di questi era appunto l’istruzione. Le prime maestre, pur percependo uno stipendio inferiore di un terzo rispetto a quello dei colleghi, cominciarono ad operare in contesti rifiutati dai maestri, di emarginazione e di arretratezza. Tacciate di scarsa morale, perché sole e perché lavoratrici, alcune di loro, come si narra anche nel romanzo, videro nel suicidio l’unica soluzione a un’esistenza fatta di soprusi e di violenze. Parallelamente a Milano Anna Kuliscioff, Anna Maria Mozzoni e Maria Montessori, per citarne alcune, cercavano di promuovere una coscienza sociale per ottenere rispetto e dignità. Il voto, l'istruzione, l'abolizione della tutela maritale, i diritti sui figli erano alcuni obiettivi che cercavano di perseguire. Ma c’era dell’altro".
Agnese - come anche Adele - rappresenta un simbolo del femminile e dei suoi valori?
"Agnese Paresti, attraverso il suo sguardo obliquo verso il mondo, ci racconta un altro modo di vedere e di vivere situazioni di marginalità e di pregiudizi. Non appartengono solo al paesino di montagna in cui la maestra Agnese opera, ma anche a Milano, sia pure in modo diverso. Paura e rassegnazione dominano i pensieri e i comportamenti di comunità intere, prigioniere di regole ipocrite e assurde. Ne esce una storia verosimile, legata al filo del giallo, che diventa spunto di riflessione per capire meglio l’altra storia, quella di chi non ha voce".
Perché ha voluto collegare nel finale la storia di Agnese con quella di Adele?
"Agnese Paresti e Adele Pergher rappresentano, con le loro storie emblematiche, un percorso di emancipazione vera, silenziosa, che ha attraversato le classi umili, spesso invisibili alla grande storia. Forse per questo il romanzo Adele Pergher profuga ha avuto grande eco. C’è bisogno di ritornare a una dimensione semplice, più umana e più vera; il virtuale, potente mezzo che permea il nostro quotidiano, non ha saputo portarci a una riconciliazione con noi stessi e con quello che ci circonda".
Raffaella Calgaro è docente di Italiano e Storia all’Istituto Tecnico Chilesotti di Thiene. Nel 2014 ha pubblicato il libro Profughi. Storie vicentine della Grande Guerra, basato su una ricerca documentaristica fatta dagli studenti e dedicato alla storia dell’esodo di circa 100.000 persone a seguito della Spedizione Punitiva del 1916. In seguito ha realizzato, con il coinvolgimento di studenti di Informatica e di Elettronica, un video sulla storia della Grande Guerra, comprensivo di canti cimbri rivisitati in chiave elettronica. Ha partecipato alla trasmissione Rai Generazione Digitale, dedicato al tema delle nuove tecnologie nell’insegnamento della storia. Con il libro Adele Pergher, divenuto anche un lavoro teatrale, ha raggiunto un grande successo di pubblico.
nr. 21 anno XXIII del 2 giugno 2018