Cosa l'ha spinta a realizzare questa impresa?
"Ho quarant’anni, molti dei quali trascorsi pedalando tra le strade del mondo. Giunto a questo punto avevo voglia di qualcosa di nuovo, di un viaggio non convenzionale che mi obbligasse a tornare sui libri per studiare come progettarlo. Oramai partire era diventata quasi un’operazione meccanica e sentivo che la mia irrefrenabile curiosità ne stava risentendo. Allora comincia a fantasticare su quelle terre gelide, la dove nessun viaggiatore in bicicletta c’era mai stato in pieno inverno. Poi documentandomi a fondo sulla zona e leggendo libri di esploratori, la curiosità si è fatta tale da non potere più tirarmi indietro".
Come si è sentito in quegli spazi immensi e solitari?
"Credo di essere stato invaso da ogni tipo di sensazione che il corpo e la mente sono in grado di percepire. In quasi due mesi di gelo assoluto sono passato dalla paura che paralizza alla gioia che fa piangere, da stati di concentrazione quasi ascetica alla pazzia. L’aspetto che mi ha colpito di più però è stata l’affinità dell’essere umano con la natura anche in condizioni così estreme. Sembrava che, al di la della mia coscienza, l’organismo riconoscesse famigliare quell’ambiente, avevo come la sensazione che il mio corpo fosse predisposto a sopravvivere a quella temperatura estrema più che la mia mente. Certo che il cammino evolutivo della nostra specie aveva già attraverso regioni simili, ho solo dovuto abituare la mente ad ascoltare l’istinto".
Queste esperienze aiutano a capire meglio il senso della vita e a riconsiderarne le priorità?
"Non credo che bisogna fare delle esperienze al limite della sopravvivenza per capire il senso della vita, ma concordo pienamente sul fatto che viaggi di questo tipo ridimensioni di parecchio le esigenze di tutti i giorni. Ho viaggiato per una anno con solo le cose che potevo trasportare sulla bicicletta e non mi è mai mancato nulla. È chiaro che poi al ritorno le priorità non sono più quelle di prima e la vita assume un aspetto molto più semplice e naturale. Non so se in tutti gli anni che ho passato viaggiando per il Pianeta io abbia capito il senso della vita ma sono assolutamente convinto di averla onorata al massimo delle mie possibilità".
Che cosa si è riportato a casa da questa esperienza estrema?
"I sorrisi delle genti che vivono in quelle terre dimenticate da Dio. Ho incontrato davvero pochissime persone durante i lunghi mesi in Siberia d’inverno a -60°C, gente rude, con dei trascorsi da soldato in Afganistan o scappati di galera. All’apparenza cupi ma che, appena mi vedevano arrivare da lontano tutto congelato, allertavano amici e parenti per accogliermi nelle loro case sfamandomi e dandomi riparo per la notte. Per fare sorridere un Siberiano devi cominciare prima tu ma poi non lo si può più fermare".
Cosa direbbe ad un'altra persona che volesse intraprendere una simile avventura?
"Ti offro una pizza così facciamo quattro chiacchiere! Non è assolutamente un’avventura che chiunque può affrontare. Io mi sono salvato la pelle parecchie volte grazie all’esperienza accumulata in molti anni di alpinismo d’alta quota e per la meticolosa preparazione tecnica fatta a tavolino prima di partire. Qualsiasi banale svista in un ambiente così estremo può mettere a repentaglio la propria vita. Comunque sarei davvero curioso di conoscere chi volesse provare a percorrere quella strada e ascoltarne le motivazioni che probabilmente sarebbero diverse dalle mie".
nr. 25 anno XXIII del 30 giugno 2018