NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
google
  • Newsletter Iscriviti!
 
 

I bambini prodigio
in scena all'Olimpico

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

facebookStampa la pagina invia la pagina

I bambini prodigio<br>
in scena all'Olimpico

Anna Cappelli (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)@artiscenichecom



Questa settimana il Teatro Olimpico è stato il palcoscenico per 27 bambini e ragazzi, provenienti dal Giappone, studenti di musica classica che si sono esibiti in varie discipline, dal violino al canto proponendo sia musica classica occidentale che canti tradizionali e contemporanei giapponesi. Lo spettacolo è stato realizzato in collaborazione tra l’Associazione italo-giapponese presieduta dal soprano Cunico Nagakawa e dall’Accademia Musicale del Veneto, diretta dal M° Carmine Carrisi. I bambini e i ragazzi che si sono esibiti sono tutti vincitori del concorso MusicArte indetto dall’associazione italo giapponese in memoria del M° Nagakawa. Il recital è all’8ª edizione e viene ospitato anche nelle città di Padova e Verona. Info FB @accademiamusicaledelveneto e @nipponitalia.

Abbiamo visto 27 artisti, tutti giovanissimi, alcuni molto piccoli e tutti bravissimi. Presentano brani difficili e connotati storicamente. Per avere questo tipo di preparazione, come fate a far capire loro l’importanza di questi brani?

I bambini prodigio<br>in scena all'Olimpico (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Cunico Nagakawa: “Questa associazione è la più antica del Giappone dove si è iniziato a studiare la musica italiana. Mio padre è stato la prima persona a venire in Italia per studiare al conservatorio di Milano. Era cugino dell’imperatore, per lui come un fratello, e ha avuto l’occasione di andare in Italia e a Berlino. Ha girato quasi tutta l’Europa, poi ha capito che dove è nata la musica, il canto e il violino, era l’Italia. Quindi è stato creato il concorso come viene fatto qui in Italia. I bambini piccoli non sono mai stati all’estero e prima di venire qui hanno già studiato la storia italiana, della musica e dell’arte e ogni anno fanno questa gita passando di città in città".

Naturalmente ci saranno dei metodi di insegnamento diversi dai bambini ai ragazzini di 12 o 15 anni.

M° Carmine Carrisi: “Non solo in Giappone ma in tutto il mondo si usa il metodo Suzuki, e che adesso si è evoluto. Lo hanno importato loro perché la disciplina è molto ferrea e seria e la musica si comincia da bambini piccoli. È un metodo di imitazione dello strumento: uno vede fare, ci sono dei segni e i bambini seguono il maestro però contemporaneamente devono studiare la ritmica per capire tutto il meccanismo. Poi piano piano vengono anche da noi in Italia un po’ per il belcanto un po’ per l’interpretazione dei brani: loro come tecnica sono insuperabili però hanno bisogno del nostro aiuto per l’interpretazione e vengono a studiare qui".

C.N.: “Di piccoli ne sono venuti veramente pochi, 2 o 3, però se una volta vengono qui poi quando tornano in Giappone la mentalità è tutta cambiata. Ripetono 2 o 3 volte e imparano naturalmente".

C.C.: “prendono coraggio ed entusiasmo”

La vostra cultura è completamente diversa da quella occidentale e nel programma abbiamo visto molti periodi storici: dal Barocco al Romanticismo, all’autore argentino Ginastera e poi Prokofiev e il ‘900. Quali sono il periodo o la corrente artistica che li affascinano e incuriosiscono di più?

C.N.: “Dipende dai ragazzi e dagli insegnanti dove hanno imparato".

C.C.: “I repertori si costruiscono così, secondo la scuola dell’insegnante: se ha fatto molta contemporanea agli allievi insegnerà musica contemporanea. Vedo che loro cercano di fare l’aspetto tecnico principalmente ma non hanno la nostra grande letteratura e vengono a studiare qui però loro sono preparati per tutto, non c’è uno stile che loro seguono, tranne il loro giapponese e orientale, ma per il resto studiano come tutti gli altri studenti".

Molto spesso gli artisti e e le correnti sono influenzati dagli eventi storici: il crollo delle Twin Towers ha influenzato un certo modo di fare cinema. I recenti eventi come il terremoto e lo tsunami in Giappone hanno commosso molto anche noi occidentali: hanno cambiato in qualche modo il modo di fare cultura?

C.N.: “Non proprio la musica però dopo che è venuto lo tsunami sulla spiaggia è rimasto un albero di pino: usando questo legno hanno creato un violino che hanno passato di Paese in Paese".

Molti musicisti o anche direttori d’orchestra mi dicono che non bisogna snobbare il pop perché un pop o un rock fatti bene non temono il confronto con la musica classica: sono stili diversi ma vanno studiati anche il rock e il pop. Cosa ne pensate?

C.C.: “Io ho fatto tutti i tipi di musica prima di fare la classica però non si può paragonare a quello che fanno i musicisti della musica chiamiamola “seria” ma non perché l’altra non la sia. Ci sono delle sorgenti qualche volta di buona musica anche nella musica pop ma la stragrande maggioranza non ha significato perché è più improvvisata che non costruita. La musica classica ha bisogno di una base veramente molto consistente ecco perché ci vogliono anni di studio; la musica pop è l’inventiva e la creazione di uno che si alza la mattina prende la chitarra e ha fatto la canzone, non può essere paragonata a Beethoven o Bach. Io la musica l’ho fatta tutta, ho visto le difficoltà di fare musica leggera, il jazz, che è sicuramente più difficile del pop, poi se fatta bene, come si dice in generale, tutto è bello ma non può essere paragonata a quel tipo di musica: io prima facevo musica leggera perché non conoscevo la musica classica e ho dovuto studiarla per capire anche la leggera, per poterla eseguire nel modo migliore. Poi ci sono delle formule, è questione di base e sinceramente mi sento anche in difficoltà a sentire profanare la musica classica con parodie e arrangiamenti…”.

Le cover?

C.C.: “Sì, queste cose non le capisco, a ognuno il suo: Beethoven non si sarebbe mai messo a fare la musica pop perché lui era inquadrato in un certo stile e una certa forma".

Mozart viene spesso utilizzato nel rock.

C.C.: “Sì ma in che modo e da chi? Certo che se prendiamo i giovani, giustamente per fare successo, fanno anche Mozart ma “povero” Mozart! Si ribalta nella tomba! Mozart va eseguito alla Mozart, non è possibile altro tipo di musica: è stata costruita con quella testa, quello studio analitico di tutti i brani che sono stati fatti. È bene fare tutto per i ragazzi e i giovani però non si può mischiare il sacro col profano".

So che in Giappone c’è un grande amore per la musica in generale, una grande industria e marketing nel pop, jazzisti famosi in tutto il mondo e cantanti lirici. Paragonando all’Italia quanti giovani studiano e quanto pubblico c’è?

C.N.: “Rispetto ad anni fa sono diminuiti gli studenti che vogliono imparare la musica classica, quelli che sono rimasti hanno un livello alto ma non possono continuare perché ci sono pochissimi lavori, per esempio pochissimi insegnanti di musica classica che hanno difficoltà a continuare questa attività e quindi scelgono un’altra strada proprio per vivere. I ragazzi di oggi che fanno classica sono tutti intelligenti, ci sono medici, però non possono continuare solo con la musica il governo finanziariamente non aiuta e hanno bisogno di sponsor ma è ancora difficile trovarne".

La musica occidentale ha molte influenze orientali, quando le sentite le riconoscete come autentiche?

C.N.: “Turandot non la sanno tutti però se la si sente una volta non lo si dimentica. La musica giapponese e orientale è molto semplice qui in Italia Puccini è grandissimo!”.

C.C.: “I ragazzi che vengono in Italia per studiare presentano un’aria di Puccini o di Verdi ma principalmente Puccini perché piace moltissimo, qualcuno Rossini ma gli autori sono quelli".

 

nr. 29 anno XXIII del 28 luglio 2018

Come installare l'app
nel tuo smartphone
o tablet

Guarda il video per
Android    Apple® IOS®
- P.I. 01261960247
Engineered SITEngine by Telemar