NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Il castello di Montorio
e la sua leggenda

Ezzelino e il libro del Comando

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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Il castello di Montorio<br>
e la sua leggenda

Ezzelino e il libro del Comando, scritto da Roberto Frison con le illustrazioni di Nicola Pertile (Fraccaro edizioni, Bassano) racconta la leggenda secondo la quale sotto il castello di Montorio Veronese era nascosta una copia del Libro d'Abano. Aldobrandino II d'Este riesce a trovare l`ambito manoscritto che conferisce enormi poteri. Per interpretarlo si allea alle Fade della Lessinia, ma deve compiere il rito massimo per ottenere il potere completo del Libro, deve recarsi sull`Altarknotto dell`Altopiano dei Sette Comuni e recitare le formule previste all`alba del giorno di San Giovanni.

Il castello di Montorio<br>e la sua leggenda (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica) La Chiesa, gli Scaligeri e i Carraresi una volta appreso del pericolo creano l`alleanza papale per contrastare il patto oscuro dell`estense. Ma serve un condottiero con doti particolari, e qui entra in ballo Ezzelino, o meglio il suo fantasma, e un drago, un drago speciale. Orchi, streghe, anguane, salbanei, sirene, fauni, elfi, nani scavatori e altro ancora diventano protagonisti a loro volta in questa singolare avventura che permette di scoprire luoghi misteriosi ammantati di leggende tramandate di padre in figlio attraverso il libro parlato del filò. Albeggia, cielo sereno. Un uomo sta correndo a precipizio lungo un prato montano. È di corporatura robusta, ha la barba e un particolare taglio di capelli che, aggiunti al saio indossato, lasciano intendere che si tratta di un monaco. Sembra agitato. Corre voltandosi indietro, tanto da sbattere contro rami e cespugli. Ha un bastone, tiene tra le mani una sacca in cuoio che dalla forma sembra contenere una scatola o qualcosa di simile. Si dirige verso un maniero eretto sul promontorio di una zona montuosa. Deve conoscerlo bene quel castello, perché vi entra attraverso un accesso segreto. S'intrufola di nascosto nei corridoi murati, passa attraverso i cunicoli fino ad imboccare un’angusta galleria che porta nel punto più profondo del bastione. È una galleria cieca, che termina con una singolare nicchia. Scorre la mano lungo lo spigolo del muro, finché trova il meccanismo che muove l’ingresso di un cunicolo nascosto. Si addentra strisciando come un serpente e alla fine sbuca in un’ampia stanza al cui centro c’è una grande pietra. Estrae dalla sacca l’oggetto: è una cassetta in legno. La depone sul masso incidendovi sopra una scritta. Infine scappa, avendo cura di richiudere il passaggio segreto.

Nel marzo 1313 la Chiesa porta ancora i segni dello schiaffo di Anagni subìto il 7 settembre 1303 da papa Bonifacio VIII ad opera degli emissari del re di Francia Filippo IV il Bello. Il papato ha sede in Francia e vuol contrastare l’imperatore Arrigo VII di Lussemburgo, che peraltro ha appena occupato Roma e punta sulla Toscana. Per contro, il re di Napoli Roberto d’Angiò si sta affermando come personaggio in grado di contrastare l’avanzata del Sacro Romano Impero. Ma nelle terre del nordest italico, quelle che mezzo secolo prima erano terre degli Ezzelini, si sta avverando il vaticinio che tutti temevano. I segnali premonitori erano chiari fin dai riti del Panevin d’Epifania svolti nella pedemontana, i caratteristici roghi dell’anno vecchio: le faville erano volate verso est , presagio di una brutta annata. Se il rito del rogo può rientrare nella logica dei raccolti, di un inverno poco nevoso e di qualche sopportabile sfortuna, nulla si può contro la malasorte della Catha Selvarega, la temutissima Caccia Selvaggia delle Alpi Bellunesi. Narra la leggenda che nei boschi della Val Serpentina, tra le città murate di Belluno e Feltre, durante le notti del Sacro Periodo (i dodici giorni seguenti al solstizio d’inverno), vi siano masnade di spiriti guidati da cani invisibili che corrono e abbaiano in una vorticosa battuta di caccia, con urla demoniache e sibilar di vento con luci fioche danzanti nell’aria. I cani sono anime dannate di cacciatori che hanno disobbedito al terzo comandamento, andando a caccia invece di recarsi alle sante messe. In mezzo al gruppo dei cani inferociti, galoppano a mezz’aria dei cavalieri fantasma, capitanati dal personaggio più importante delle alpi venete. Nella civiltà nordica è il dio Wotan (Odino) in sella al suo nero destriero a otto zampe, Sleipnir. La leggenda è così vera che una notte un contadino della contea di Cesana, ignaro della Catha Selvarega, stanco di sentir il baccano, uscì di casa imprecando verso il cielo, con il risultato che il mattino seguente trovò sull’uscio gambe e braccia di uomini. Spaventato, lasciò gli arti al loro posto e la notte successiva chiamò la Catha che venisse a riprendersi la cacciagione. Vedere o udire la Caccia Selvaggia è presagio di sventura, col rischio di venire perfino rapiti e condotti nell’Ade.

Il castello di Montorio<br>e la sua leggenda (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Disgrazia delle disgrazie: all’ultimo Sacro Periodo non c’è stata notte quieta. Non c’è stato villano che non abbia visto o sentito mute di cani e cavalieri a mezz’aria; inoltre, cosa mai accaduta prima, ha fatto la sua comparsa il possente Sleipnir, senza cavaliere. L’inquietante destriero sì è visto per ben tre notti con cadenza di una notte sì e tre no, due volte per notte, precisamente al rintocco dell’una e a quello delle tre. Uno tre uno tre: una strana successione numerica del nero cavallo, mai verificatasi prima, così come il farsi vedere senza cavaliere, quasi a cercare un comandante della Caccia Selvaggia per le Alpi orientali. Inquietanti presagi, il cui esito non si è fatto attendere a lungo, segno tangibile della perfida regia messa in atto dal fato. Il 1° marzo del 1313, giorno di Giove, un uomo nominato due volte nella propria dinastia, Aldobrandino II d’Este, viene in possesso di informazioni dettagliate per ritrovare uno strumento che potrebbe farlo diventare il più potente dei potenti sulla terra: il Libro del Comando. Chi possiede questo manuale, conosciuto anche come Magico Libro del Potere, è in grado di governare la notte e tutto quello che essa porta con sé, vale a dire il mondo dell’Altro Regno.

In Ezzelino e il Libro del Comando ogni cosa narrata è vera, fa notare Alberto Toso Fei. Non nel senso stringente dell'adesione alle vicende storiche, che pure sono presenti ben oltre la semplice creazione di una ambientazione, quanto nel fatto che tutti i protagonisti – umani o appartenenti all'Altro Regno – esistono o sono esistiti nelle cronache e nelle credenze, e che per molti secoli uomini e donne hanno ritenuto reali quelle circostanze e quei fatti fantastici che in quest'opera diventano parte della narrazione. Qualcuno, anzi, continua a crederci ancora oggi; una di queste persone è Roberto Frison, esperto di leggende venete e conoscitore attento dell’immaginario. Con lui ogni cosa torna a vivere: i luoghi riacquistano la loro dimensione primigenia; mentre lo si ascolta par quasi di vederli, nella notte, i fuochi fatui o i cani fantasma delle cacce selvagge; quando lui parla, il rapporto più genuino con la terra e con chi la abita, sia esso umano o salbaneo, viene recuperato in un istante. Con Roberto la memoria immaginifica di un intero popolo torna in vita. Ogni volta. Perché attraverso di lui ci crediamo tutti. E non perché sia bello crederci, per una volta. Ma perché sentiamo che profondamente, lì dove si annidano i sogni e le favole che ci hanno accompagnato da bambini, lì dove sembrava che ogni cosa – col tempo – avesse trovato un ordine razionale definito e definitivo... ebbene proprio lì qualcosa si muove e torna a parlarci, per dirci che è tutto vero.

A Roberto Frison abbiamo rivolto alcune domande sul suo libro.

Il castello di Montorio<br>e la sua leggenda (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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