Ecco i passaggi più significativi dell'intervento sui nomadi tenuto dal vescovo all'incontro del 30 novembre presso la Caritas.
"Per Natale rifarò il giro nei campi, ma credo che troverò la stessa situazione di degrado ambientale e familiare dello scorso anno. Mi chiedo, pertanto, come possiamo celebrare questa festa, così carica di bontà e di amore nelle nostre famiglie, ignorando o rifiutando sistematicamente di affrontare con serietà questo problema. È una sconfitta per tutti, ma lo è soprattutto per chi si reputa cristiano e ascolta, nel Vangelo della notte di Natale, che per Maria, Giuseppe e Gesù "non c'era posto nella città e in una casa degna di accogliere nel mondo un bambino, che era il Figlio di Dio"(...)".
"Perché non cominciare con il risolvere la situazione di quei nuclei familiari che, da decenni, vivono nel nostro Paese, sono cittadini italiani e abitano stabilmente qui tra noi? Certo, si tratta di stabilire delle regole precise e condivise, di stilare un codice etico di corresponsabilità sottoscritto da tutte le componenti in causa: i nomadi stessi, i Comuni, la popolazione del territorio. Un codice avente le garanzie della Caritas, se necessario, e delle associazioni che si interessano ai nomadi. Quello che non si può accettare è il rifiuto preconcetto e assoluto di queste persone; il rifiuto di affrontare la questione, compreso l'ambito dei minori (…)".
"È una scommessa per tutti, che spinge a purificare il nostro vivere da quegli atteggiamenti, che non consentono il dialogo, la conoscenza reciproca, la ricerca del bene comune.
Faccio appello alle istituzioni, ai comuni e alle forze politiche di maggioranza e di minoranza, agli operatori della comunicazione e della scuola e soprattutto alle famiglie, alle parrocchie e agli istituti religiosi, affinché non accettino più l'attuale situazione e abbiano il coraggio di fare qualcosa di concreto".
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