Volendo tagliare con l'accetta i problemi della Giustizia italiana, sono questi i più diffusi e reiterati luoghi comuni che circolano a proposito dei magistrati e della loro attività. Una serie di accuse pesanti, spesso utilizzate anche a livello politico per sostenere ora questa e ora quella tesi. Peggio ancora quando questo stesso tipo di luoghi comuni viene contrabbandato per un sintomo tutto italiano o comunque più grave nel Belpaese rispetto ai più progrediti paesi dell'Unione Europea.
Si tratta ovviamente di accuse che i magistrati conoscono molto bene e che l'Associazione Nazionale Magistrati, il sindacato delle toghe, ha inteso contrastare con la diffusione di un dossier significativo: "La verità dell'Europa sui magistrati italiani". Si tratta di un lavoro di sintesi elaborato però solo ed esclusivamente su dati diffusi con il rapporto 2008 della Commissione europea per l'efficacia della giustizia (Cepej 2008). Istituita nel 2002, la Commissione è riconosciuta come il più affidabile ed autorevole misuratore internazionale per la tendenziale comparazione dei sistemi-giustizia nei 46 paesi che compongono il Consiglio d'Europa.
Orario e retribuzione
I magistrati non hanno un orario di lavoro per definizione. Non si può dunque dire che lavorino poco o tanto, che lo facciano in ufficio o a casa. Essendo parificati ai dirigenti devono solo produrre una obbligazione di risultato, che consiste in sentenze emesse o altri provvedimenti giudiziari. Per questo non esistono indicazioni a livello di ore lavorate né in Italia né in qualunque altro paese europeo, dal momento che non vi sono parametri oggettivi sui quali fondare un ragionamento. Per ribaltare il luogo comune del "magistrato-Paperone" i giudici italiani ricorrono in prima battuta ad un confronto con altre professioni comparabili: diplomatici, alti dirigenti della pubblica amministrazione, prefetti. La tabella (1) mostra un confronto che è sostanzialmente in linea con la retribuzione di molte altre figure, per le quali raramente si è sentito fare polemica. La retribuzione poi è omnicomprensiva e la legge vieta ai magistrati ogni altra fonte di reddito e non riconosce "benefit" come abitazioni di servizio che invece sono assegnate in altri paesi europei.
I dati più importanti, però, emergono dal confronto con gli altri paesi dell'Unione.
Il grafico (2) che vedete qui sotto è estremamente facile da leggere: i magistrati italiani sono al tredicesimo posto come stipendio lordo di un giudice di Corte Suprema, al quinto posto come magistrato della Pubblica Accusa. Un pubblico ministero all'inizio della carriera si ritrova al quattordicesimo posto, un giudice che inizia il lavoro, invece, è al diciottesimo. Merita osservare come lo stipendio iniziale di un magistrato italiano si ritrovi a 135.000 euro di distacco, in meno, rispetto ad un collega scozzese, e a 60.000 euro da quelli di Svezia e Svizzera.