NR. 41 anno XXVIII DEL 25 NOVEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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La terra dell’anima è… la vita

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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La terra dell’anima è… la vita

Quelle più appassionanti sono sempre le storie di mare: intrighi e arrembaggi tra turchi, greci e italiani. Maurizio, anche per voi musicisti penso sia ispirante questa tematica: nel tuo lavoro c'è un richiamo alla musica etnica.
M.C.: «Sì sì, sicuramente. In questo caso, poi, c'è tutta la suggestione del Mediterraneo: dalla Grecia alla Sicilia, dalla Spagna, dalla Turchia, davvero tutta l'area».
Una frase che viene spesso ripetuta nel monologo è appunto "La terra della mia anima". Da come viene impostato tutto il racconto, però, anche per mezzo delle luci e del tema musicale iniziale, alla fine la terra dell'anima è la vita stessa, l'esserci...
L.C.: «Brava: Beniamino sembra proprio essere questo».
Cambia in continuazione con gli eventi che hanno luogo in posti diversi: la terra è vista generalmente come qualcosa di fisico, invece qui è qualcos'altro.
T.C.: «È un po' più interiore, qualcosa che ti porti dietro».
L.C.: «Eh, ma lui di terre ne ha fatte!».
M.C.: «Nell'anima c'è questo obiettivo che si sposta».
T.C.: «Te lo porti dietro mirando a qualcosa di diverso che si consuma e che ha bisogno di essere rinnovato. Bisogna sempre spostare l'obiettivo più in là, per avere sempre un posto dove andare perché se arrivi non viaggi più!».
M.C.: «Vuol dire respirare la vita!».
Vite così sono dei romanzi già scritti. Sono realizzabili solo grazie a determinati contesti storici e ambientali secondo voi?
M.C.: «Dal punto di vista teatrale, sono determinate da coincidenze di percorsi di persone che fanno questo lavoro».
Ma possono ancora esistere delle vite così avventurose?
T.C.: «Certo, Beniamino è morto solo tre anni fa, la sua è una vita della contemporaneità».
Una cosa che colpisce molto di questa pièce è, all'inizio, questo entusiasmo innocente: lui racconta di quando era ragazzino con l'accompagnamento musicale. Alla fine, ritorna questo tema musicale iniziale insieme alla voglia di fare che c'era all'inizio, questo entusiasmo così pulito.
T.C.: «È la parabola di una vita dentro alla quale c'è tutto: giovinezza, soldi, dolori, gioia...».
L.C.: «Le persone gli vogliono bene, gli manifestano affetto, poi lui tocca il fondo, ma come essere umano non come delinquente».
Vede la guerra e la malattia.
L.C.: «Esatto: questa degenerazione fa pensare che sia proprio finita e poi, invece, vedi che lui dà questo colpo di coda. Credo che sia qui l'innocenza ritrovata».
Una fine normale?
T.C.: «È uno che risorge in continuazione dall'abisso, fino in fondo».
L.C.: «Risorge, ma non come nelle altre volte: come dici tu, si rigenera alla fine».


28 gennaio 2010

Titino Carrara

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