NR. 41 anno XXVIII DEL 25 NOVEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Un tramonto lungo 95 anni

La piéce è stata scritta nel 1905 dal drammaturgo Renato Simoni, abbiamo incontrato i due attori protagonisti

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Un tramonto lungo 95 anni

Il 26, 27 e 28 gennaio, a Thiene, è andata in scena la commedia "Tramonto".  La pièce proposta rientra in un progetto di rivalutazione di testi della prosa veneta che sono usciti dal repertorio o che non sono mai stati rappresentati. Scritta da Renato Simoni, drammaturgo, critico teatrale, regista e co-aoutore del libretto di Turandot, la commedia è uno spaccato di vita familiare recitato in lingua veneta. Il sindaco del paese, Conte Cesare, è un uomo duro e irremovibile. Gli giunge voce che la moglie probabilmente l'ha tradito e da lì comincia un doloroso percorso di rivalutazione e messa in discussione di tutta una vita e un modo di essere. Non è propriamente una commedia brillante, ma un dramma amaramente divertente: ciò che fa ridere sono le battute tipiche di un modo di fare sdrammatizzante e certi personaggi folkloristici. Tutta la dinamica familiare tra marito e moglie viene minata dalle voci, mai esplicite ma ben più convincenti di una dichiarazione ufficiale, che portano il Conte a trasformarsi da punto di riferimento della comunità, e quindi di se stesso, a persona comune come tutte le altre. Privo di difese di fronte all'ipocrisia dovuta dalle circostanze, alla necessità  della moglie di tacere, abituata com'è all'imposizione di non parlare perché tanto non serve, il Conte sfogherà con violenza il suo dubbio, portando la donna ad aprirsi (ma non a confessare apertamente) come mai non avrebbe immaginato. Il conformismo si rivelerà talmente radicato in queste persone, che addirittura la moglie arriverà al paradosso di preferire il marito com'era prima perché, al di fuori dello schema abituale, lei non lo riconosce. Giancarlo Previati è il Conte Cesare e Dorotea Aslanidis la madre.


Dorotea AslanidisQuesta commedia è stata scritta nel 1905: secondo voi ci sono degli elementi che riescono a rendere l'idea di come si vivesse in quel periodo?

Dorotea Aslanidis: «È una realtà di campagna dove il sindaco è il factotum e dove sicuramente non è stato eletto perché all'epoca non c'erano elezioni e quindi lo è per casta. C'è un modo di vivere famigliare che è sicuramente diverso da quello di oggi, ma ci sono anche dei temi d'attualità, perché il rapporto tra marito e moglie, ancora oggi, può essere di quel tipo lì: mogli succubi e mariti prepotenti. Lui è un personaggio che improvvisamente scopre di avere bisogno di altro, rispetto a ciò per cui è cresciuto: il potere non gli basta più perché ha bisogno di amore e riconoscenza».

Il personaggio del sindaco (il Conte Cesare) è un uomo orgoglioso e inflessibile, forse fin troppo sicuro di sé. Eppure basta un pettegolezzo per farlo crollare: forse un tempo le persone erano più fragili di oggi, epoca in cui ci sono sempre meno certezze?

Giancarlo Previati: «Anche allora non è che ci fossero molte certezze».

Sì, ma i ruoli erano più definiti.

GC.P.: «Forse anche per questo era più facile cadere, in realtà. In fondo non è tanto il pettegolezzo che mette in crisi il Conte, è la consapevolezza di essere umano e quindi fragile: non sopporta di scoprirsi umano di fronte all'ipotesi di essere coperto di ridicolo».

Giancarlo PreviatiQuando la moglie gli confessa di aver cercato in altri ciò che in realtà avrebbe voluto da lui, lui non l'affronta , ma si rifugia dalla madre cercando di cambiare atteggiamento con tutti...

D.A.: «Lei non glielo confessa apertamente, gli dice che ha dei peccati da rivelare che però può anche essere il peccato di non aver mai cercato il suo amore, di essere rimasta nella sua torre di sofferenza e di silenzio, tant'è vero che alla fine lei gli dice: «Se ti avessi parlato allora come ti sto parlando questa sera, avrei trovato il tuo cuore». Quindi anche lei è colpevole di non averlo cercato. Il bello di questo testo è proprio che tutto gli arriva da altre voci. Poi lui cerca affetto dalla madre e lei glielo nega, lo cerca dal nipote che è piccolo e non capisce. Persino con la moglie cerca un'intesa che possa essere anche solo amicale e a quel punto lei decide di mollare».

La società di allora era meno disposta ad accettare gli errori oppure tendeva a preferire un atteggiamento di forza e solidità anche se discutibile?

GC.P.: «Mah, sai, chi è più in alto può solo precipitare. Anche oggi ci sono tanti esempi: pensiamo a uno come Craxi, che sembrava il padrone del Paese e nel giro di pochissimo tempo gli tiravano le monetine».

D.A.: «Questo testo dimostra che uno può credersi il più potente del mondo e che può bastare un pettegolezzo, un nulla, sapere che tutti forse pensano che lui magari è cornuto o magari no, basta davvero niente per mettere in crisi una pseudo-solidità di potere. Non esiste l'uomo assoluto nel potere, esiste un'anima in tutti».

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