Qualche percentuale. Tra i motivi della permanenza in famiglia, ad esempio, il 56% dei 30-34enni risponde che sta bene così, perché comunque conserva la propria libertà; il 40% per difficoltà economiche; il 10% perché i genitori hanno bisogno. Invece, tra i 35-39enni il 50,2% resta in famiglia per difficoltà economiche; il 41% perché sta bene così conservando comunque la propria libertà; il 21% perché i genitori ne hanno bisogno. Piccolo inciso: nei numeri sono compresi anche quei giovani rientrati in casa al momento dell'indagine. Ma questa è un'altra storia.
Il ministro Brunetta, per ovviare ad una situazione che, complice la crisi economica e la precarietà lavorativa, appare sempre più come un diffuso fenomeno di costume, ha proposto quella che è stata subito ribattezzata legge anti-bamboccioni. Già a 18 anni, tutti via di casa. Magari dando dei soldi. I quali andrebbero prelevati dalle pensioni d'anzianità.
Tra tutti gli osservatori, i più benevoli obiettano in tema di politiche giovanili: il Parlamento dovrebbe approvare una legge pro-qualcosa invece di anti-qualcosa, tanto per cambiare. E infatti, a stretto giro di posta, Brunetta precisa che i 500 euro pro capite previsti sarebbero da destinarsi a misure di welfare giovanile: borse di studio, prestiti sull'onore, case per ragazzi, incentivi per aprirsi una bottega, detrazioni. Alcuni sostengono che quella di Brunetta non sia altro che una boutade per attirare l'attenzione sul fenomeno. Un fenomeno comunque indiscutibile visto che a Nord-Est, ad esempio, solo il 38,4% esce di casa per esigenze di autonomia e indipendenza. Certo, il dubbio resta, i 18enni di oggi hanno la maturità necessaria per prendersi questa responsabilità? E soprattutto i genitori, gliela lasceranno prendere?