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Signora Salini, come perito del Tribunale lei è incaricata non solo di sancire l'autenticità di una firma ma qualche volta ha il compito di scoprire il più possibile di una persona dall'analisi di uno scritto autografo. È corretto? «Sì. Aggiungo che a differenza di altre analisi sulla persona e in altri contesti, come ad esempio i colloqui di orientamento professionale o scolastico, il grafologo non ha bisogno di conoscere personalmente la persona, cioè manca l'elemento empatico. Questo può rilevarsi un vantaggio».
Limitandoci ad esempio al rapporto scrittura-carattere, quali sono gli elementi che configurano una personalità introversa piuttosto che estroversa?
«Le caratteristiche sono molte. Sinteticamente la grafia di una persona estroversa dalla fluidità del tratto, dalla pendenza delle lettere, dal fatto che stacchi o meno il segno tra una lettera e l'altra, dalla pressione del segno: in generale una persona estroversa si può riconoscere dall'immagine dinamica della sua scrittura. Viceversa una persona introversa o timida può presentare una grafia o eretta o scialba, le lettere sono unite e le parole scritte in piccolo. Se ad esempio su un foglio bianco che rappresenta "lo spazio" una persona scrive in piccolo, dove la scrittura rappresenta il nostro IO, può essere segno di scarsa considerazione di sé».
Cosa possiamo comprendere dalla grafia di una persona?
«Iniziamo dicendo che ad ognuno di noi è insegnato lo stesso modello grafico. Poi, ognuno lo fa proprio e lo elabora. Più la personalizzazione è evidente più abbiamo un'idea chiara della qualità dell'intelligenza dell'individuo. Questo perché l'elaborazione di quanto si apprende è sintomo di intelligenza.
Sottolineo però che ciò che si comprende dall'analisi della scrittura non è un giudizio definitivo sulla persona, ma un modo per comprenderla meglio».
Quali sono i tratti o le lettere che permettono di capire il livello di rielaborazione del modello grafico?
«L'occhiello, cioè le lettere ondulate».
Quanto influiscono l'umore e lo spazio-tempo nella scrittura?
«È abbastanza ovvio che il tratto cambia a seconda delle circostanze e del momento in cui una persona scrive. Fermo restando, però, che alcuni tratti identificativi rimangono gli stessi. Ho fatto una prova con un amico architetto confrontando uno scritto "personale" e un atto legale. Nel primo caso, ad esempio, ho registrato 8 tipi di "a"; nel secondo, quando è stato "costretto" a scrivere a mano, seguendo dei canoni e degli spazi limitanti, anche in quel caso ho registrato 8 tipi di "a". E, nonostante tutto, appare chiaro ad un esperto come la scrittura di entrambi i fogli lasci intravedere come lo scrivente sia una persona sicura di sé e capace di dominarsi».
Viviamo però nell'era dei pc. Perché è ancora importante la scrittura a mano?
«Ecco, io lancio un appello: "Salviamo la Scrittura". Ripeto, la scrittura è un valido strumento per conoscersi, è una testimonianza della nostra vita, e di come sono state vissute alcune emozioni. La scrittura, in altre parole, si emoziona con noi».
Gli adolescenti hanno "la mania" di scrivere in stampatello. Cosa questa che fa inorridire le maestre di una volta, ma che oggi non sorprende (quasi) più nessuno. Lei che dice?
«Ci sono varie interpretazioni. La più diffusa vuole che questi giovani risentano delle troppe ore trascorse davanti alla tastiera del pc. Io non sono d'accordo, tanto più che anche lo stampatello offre gli stessi elementi di analisi rispetto al corsivo. Ritengo piuttosto che lo stampatello rappresenti un bisogno di uniformità di questi ragazzi. Il corsivo, infatti, esprime la maggiore differenza d'identità. In quest'ottica, lo scrivere in stampatello rappresenta insicurezza».
nr. 06/15 del 20 febbraio 2010
