NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Protezione Civile in Veneto un esercito di 16 mila “soldati”

di Federico Murzio
f.murzio@libero.it

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L’Intervista: Roberto Toffoletto

Signor Toffoletto, lei è il responsabile della protezione civile Ana di Vicenza. Ci dia a caldo un bilancio del convegno.

«Il bilancio è positivo. Abbiamo voluto sperimentare questa nuova forma di porci verso i volontari e le istituzioni per cercare di rinnovare l'interesse che si è venuto a formare intorno alla protezione civile in occasione del sisma in Abruzzo. Inoltre l'obbiettivo è di creare confronto e condivisione con altre associazioni che si occupano di protezione civile».

Lei ha parlato di "rinnovare l'interesse". Perché?

«Quando succedono delle calamità c'è una corsa a chi s'impegna di più, c'è una gara. Questa gara, una volta terminato l'intervento, cessa. E c'è il rischio che l'interesse del volontario che comunque deve rimanere vivo attraverso dei corsi di aggiornamento venga a scemare. Anche questi convegni sono quindi utili per mantenere l'interesse e spiegare quali possano essere le prospettive future, ad esempio della protezione civile dell'Ana all'interno del sistema di protezione civile nazionale».

Ecco, quale è il ruolo dell'Ana di Vicenza in questo sistema e nella realtà provinciale e regionale?

«L'Ana di Vicenza è parte integrante del terzo raggruppamento della protezione civile dell'Ana nazionale. Questa ha suddiviso l'Italia in quattro raggruppamenti: Veneto, Trentino Altro Adige e Friuli Venezia Giulia rappresentano il terzo raggruppamento. Da sempre Vicenza fornisce con le sue 15 squadre e le sue specializzazioni i numeri più alti in caso di necessità».

Roberto ToffolettoQuali sono i rapporti dell'Ana di Vicenza sia con le altre associazioni di protezione civile sia con i referenti istituzionali?

«Sono rapporti da chiarire. Noi veniamo da un'associazione d'arma e abbiamo un certo tipo di funzionamento gerarchico e capillare che non ritrova riscontro nelle altre associazioni. I nostri protocolli d'intervento rispecchiano questa mentalità. Ciò che non si ritrova in altre associazioni. C'è una difficoltà ad interfacciarsi tanto che può succedere che le altre associazioni non ci vedano di buon occhio».

Perché?

«Una spiegazione potrebbe essere che mentre noi disponiamo di grandi numeri, altre associazioni questi numeri non li hanno e si trovano un po' schiacciate, per così dire. Cosa che non corrisponde al vero ed escludo qualsiasi tipo di concorrenza o di prevaricazione. Tuttavia è incontestabile che le altre siano singole associazioni che possono andare benissimo per un intervento di lieve entità e limitato nel tempo. In caso contrario devono ricorrere ad aiuti esterni. Cioè alla provincia che deve così interpellare altre squadre. Con l'Ana il problema non sussiste. Mi auguro che in prospettiva anche gli altri possano crescere».

Quali sono allora le prospettive future per la protezione civile Ana di Vicenza?

«Nuovi compiti e un maggiore carico di lavoro in particolari settori. Tra le cose più importanti il Dipartimento Protezione Civile Nazionale ha allo studio una colonna mobile di protezione civile nazionale composta solo da volontari dell'Ana. Il che interessa direttamente Vicenza e comporterà impegni e responsabilità non indifferenti».

Maggior lavoro e maggior responsabilità portano a maggiori investimenti. Parliamo di soldi.

«In effetti questo è un punto dolente. La massima disponibilità del volontario in ogni momento non trova riscontro nelle amministrazioni locali. I contributi delle squadre convenzionate sono sempre irrisori. Nelle nostre zone fortunatamente non è mai successo nulla. Ma ciò ha portato gli amministratori a credere che la spesa per la protezione civile sia costosa e inutile».

Un giudizio severo.

«È una realtà che tanti amministratori locali sono molto poco preparati in materia di protezione civile. Comunque il 90% del denaro che dispongono le squadre di protezione civile deriva da attività che nulla hanno a che fare con le sue finalità: dal controllo della viabilità al controllo dei parcheggi e così via».

Uno spreco considerato il costo di un volontario in termini di corsi, specializzazioni e mezzi, non le pare?

«Più che uno spreco è soprattutto una perdita di dignità del volontario, uno svilimento per quanti credono alla bontà e all'utilità di questa "missione"».

nr. 12 anno XV del 3 aprile 2010

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