NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Il terrore di avere ragione

di Tiziano Bullato
bullatot@tvavicenza.it

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Il terrore di avere ragione

Accanto a questo fenomeno va registrato anche un diverso rapporto fra cliente e avvocato. È vero che sempre più spesso venite contattati prima della causa, come consulenti?

«Questa è la seconda grande anomalia - ribatte Ferronato, che però è molto attento e misura le parole - e questa non è una realtà solo vicentina, né si può dire che qui sia peggiore o migliore di altri tribunali in tutta Italia. Tanto perché sia chiaro, il rapporto sano fra avvocato e cliente comincia quando il cliente sa di avere un problema. Non possiamo certo pretendere di difendere solo chi non ha problemi, ci mancherebbe. Ma il rapporto corretto è quello del cliente che si è inguaiato, viene in studio e chiede al professionista di intervenire per aiutarlo ad uscire dai guai nel modo migliore possibile. È normale. Ma questo avviene ormai sempre più di rado. Il cliente si presenta in studio e chiede: «Se io faccio questa operazione, e so che non si potrebbe, c'è un sistema per non doverne pagare le conseguenze?». I professionisti che accettano questa prospettazione, in qualche modo, finiscono per essere soci dell'impresa e corresponsabili delle eventuali condotte illecite dei clienti. Spiegano loro come agire in maniera preventiva anziché difenderli in maniera postuma. A fronte di questo, davvero, dovrebbero intervenire le norme deontologiche della professione. Ma è difficile, perché ormai gli avvocati sono tanti, se io rifiuto di difendere in questo modo come ho sempre fatto, il cliente si rivolge altrove e, dopo aver bussato a molte porte, probabilmente trova chi lo accoglie e lo aiuta. E chi lo fa, di questi tempi, si ritrova con la fila fuori dalla porta dello studio. Perché il cliente premia chi gli garantisce il risultato e la crisi si fa sentire per tutti, anche per gli avvocati».

Risultato e contromisure?

«Il risultato è che, a volte, ci si ritrova dall'altra parte della barricata e si ha l'impressione che tutto sia stato studiato a tavolino, tutto sia stato preordinato e, ovviamente, preordinato molto bene. Le contromisure a questo punto sono affidate solo alla procura e alle sue indagini. In questo avvitamento fra clienti e professionisti ci sono degli illeciti molto gravi. E non è un caso che anche in recenti, importanti indagini giudiziarie, assieme ad imprenditori siano stati indagati anche i professionisti, quelli che operano sul filo del rasoio. Perché è giusto aiutare il cliente, ma solo dopo che i fatti sono accaduti, non prima».

Lei pensa che un numero esorbitante di cause civili siano quindi strumentali?

«Io credo che se molte cause fatte solo per ritardare pagamenti uscissero dal circuito giudiziario, allora i giudici del tribunale avrebbero il tempo di occuparsi di questioni vere e gravi, con la calma e la tranquillità di arrivare a sentenze corrette in tempi ragionevoli».

Ma è vero che chi ha torto vi invita sempre a far causa?

«Certo ormai sono i clienti a spingere: "Avvocato, andiamo in tribunale, dicono, male che vada guadagno il tempo per respirare". E in questo, va detto, c'è una gran sensazione che l'economia reale stia affogando!».

nr. 09 anno XV del 13 marzo 2010

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