NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Un vicentino novantenne
ricorda i fasti del Ventennio

di Gianni Giolo
giolo.giovanni@tiscali.it

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Le memorie di un vicentino novantenne

Alme sol
Lo spettacolo iniziò col canto, in latino, del "Carmen Speculare" di Orazio (come ai tempi dell'antica Roma, dove fu cantato per la prima volta sul Campidoglio nel 17 a. C. alla presenza di Augusto), di cui Chemello ricorda ancora le arcane e sacre parole: «Alme sol, curru nitido diem qui / promis et celas aliusque et idem / nasceris, possis nihil urbe Roma / visere maius» che viene tradotto nell'"Inno a Roma", musicato nel 1919 da Puccini: «Sole che sorgi libero e giocondo, / sul colle nostro i tuoi cavalli doma, / tu non vedrai nessuna cosa al mondo / maggior di Roma». «Era l'inno delle grandi occasioni - commenta Chemello - durante il ventennio fascista e veniva cantato con vivo entusiasmo, spesso con l'accompagnamento orchestrale. Era di grande effetto e a me, francamente, piaceva molto... In verità non ho mai compreso perché sia stato buttato. Capisco che era di moda nel periodo fascista; ma il testo ha oltre duemila anni e la musica e stata composta nel 1919! Dico questo per confermare quanto possa salire in trono la stoltezza umana, quando mischia la politica con l'Arte, che è tale quando è libera». Questa confessione, che può sembrare ingenua ma non lo è, ci dà la misura dell'entusiasmo e della partecipazione emotiva con cui Chemello rievoca questi racconti splendenti e vividi della sua giovinezza.

Absolve Domine

Il secondo racconto, che porta il titolo "Absolve Domine", è uno spassoso ricordo dei giorni tristi o meglio agrodolci dell'ospedale. Il nostro Pio, che nonostante sia stato operato di un tumore non si lascia per questo deprimere, è sempre disposto, nel suo naturale e spontaneo entusiasmo ed amore per la vita, a incoraggiare ed animare gli altri pazienti che aspettano il loro turno per essere operati. Uno di questi è un siciliano che è "paurosamente depresso" e l'infermiere gli chiede di "tirarlo su". Pio, che conosce bene la Sicilia e Palermo, gli parla della sua terra e della storia siciliana di Federico II di Svevia, del teatro Massimo, di Bellini, che scrisse l'opera "Montecchi e Capuleti" di ambiente vicentino, in quanto la storia di Giulietta e Romeo è nata dalla fervida fantasia di un vicentino, dei "Vespri siciliani" di Verdi, il cui testo francese è stato tradotto da un altro vicentino Arnaldo Fusinato. Insomma, dopo tanto parlare, il povero siciliano si rasserena e il giorno dopo affronta tranquillo e pacifico l'intervento. Visto il buon esito nei riguardi del siciliano, l'infermiere gli parla di un altro paziente che disperato continua a piangere. Si tratta di una contadino vicentino. Il pio... Pio si presta a rincuorarlo e gli parla delle sue esperienze agricole. Il pover'uomo incomincia a confidarsi e gli ricorda di aver fatto parte del coro della parrocchia e aver cantato le messe di Perosi e in particolare la messa da morto che riportava i versi in latino «Absolve Domine animas omnium fidelium defunctorum». Chemello, che ha diretto il coro della sua parrocchia, incomincia cantare con lui questo celebre pezzo. Tutti i pazienti si fanno attorno ai due improvvisati cantori. Interviene la suora allarmata: «Cosa succede qua? Me pareva de sentire 'na messa cantà!». «No, no, suora. Cantavino la messa da morto ma, come che la vede, semo ancora qua tuti vivi».


Sangue sul Grappa

Un altro avvincente ma tragico racconto porta il titolo "Sangue sul Monte Grappa". Un giorno i genitori di Pio vanno all'istituto Filippin di Paderno del Grappa per aver notizie sugli studi dei loro quattro figlioli. Un'occasione magnifica per una giornata all'aperto in libera uscita. L'autista di famiglia Giovanni li porta a fare una gita sul Grappa (luogo ben noto al loro padre, classe 1880, che aveva fatto la guerra sull'Altopiano dentro una baracca di munizioni a Campomulo). Salendo incontrano una colonna di camion militari che va a festeggiare l'anniversario della vittoria. Arrivano sul grande piazzale e gustano il loro panino di salame con gazosa. Poi il ritorno. A questo punto diamo la parola all'autore: «La strada è bloccata. Guardo trepidante la valle e poi il camion. Quale terrificante visione: da una parte cinque teste mozzate e accanto cinque corpi decapitati, e sangue, sangue ovunque sulla strada e altri corpi dilaniati esposti ai miei occhi di bimbo inorridito». Un racconto indimenticabile in un libro indimenticabile che consigliamo vivamente a tutti e soprattutto ai cultori di storie vicentine.

nr. 12 anno XV del 3 aprile 2010

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