Il secondo racconto, che porta il titolo "Absolve Domine", è uno spassoso ricordo dei giorni tristi o meglio agrodolci dell'ospedale. Il nostro Pio, che nonostante sia stato operato di un tumore non si lascia per questo deprimere, è sempre disposto, nel suo naturale e spontaneo entusiasmo ed amore per la vita, a incoraggiare ed animare gli altri pazienti che aspettano il loro turno per essere operati. Uno di questi è un siciliano che è "paurosamente depresso" e l'infermiere gli chiede di "tirarlo su". Pio, che conosce bene la Sicilia e Palermo, gli parla della sua terra e della storia siciliana di Federico II di Svevia, del teatro Massimo, di Bellini, che scrisse l'opera "Montecchi e Capuleti" di ambiente vicentino, in quanto la storia di Giulietta e Romeo è nata dalla fervida fantasia di un vicentino, dei "Vespri siciliani" di Verdi, il cui testo francese è stato tradotto da un altro vicentino Arnaldo Fusinato. Insomma, dopo tanto parlare, il povero siciliano si rasserena e il giorno dopo affronta tranquillo e pacifico l'intervento. Visto il buon esito nei riguardi del siciliano, l'infermiere gli parla di un altro paziente che disperato continua a piangere. Si tratta di una contadino vicentino. Il pio... Pio si presta a rincuorarlo e gli parla delle sue esperienze agricole. Il pover'uomo incomincia a confidarsi e gli ricorda di aver fatto parte del coro della parrocchia e aver cantato le messe di Perosi e in particolare la messa da morto che riportava i versi in latino «Absolve Domine animas omnium fidelium defunctorum». Chemello, che ha diretto il coro della sua parrocchia, incomincia cantare con lui questo celebre pezzo. Tutti i pazienti si fanno attorno ai due improvvisati cantori. Interviene la suora allarmata: «Cosa succede qua? Me pareva de sentire 'na messa cantà!». «No, no, suora. Cantavino la messa da morto ma, come che la vede, semo ancora qua tuti vivi».
Un altro avvincente ma tragico racconto porta il titolo "Sangue sul Monte Grappa". Un giorno i genitori di Pio vanno all'istituto Filippin di Paderno del Grappa per aver notizie sugli studi dei loro quattro figlioli. Un'occasione magnifica per una giornata all'aperto in libera uscita. L'autista di famiglia Giovanni li porta a fare una gita sul Grappa (luogo ben noto al loro padre, classe 1880, che aveva fatto la guerra sull'Altopiano dentro una baracca di munizioni a Campomulo). Salendo incontrano una colonna di camion militari che va a festeggiare l'anniversario della vittoria. Arrivano sul grande piazzale e gustano il loro panino di salame con gazosa. Poi il ritorno. A questo punto diamo la parola all'autore: «La strada è bloccata. Guardo trepidante la valle e poi il camion. Quale terrificante visione: da una parte cinque teste mozzate e accanto cinque corpi decapitati, e sangue, sangue ovunque sulla strada e altri corpi dilaniati esposti ai miei occhi di bimbo inorridito». Un racconto indimenticabile in un libro indimenticabile che consigliamo vivamente a tutti e soprattutto ai cultori di storie vicentine.
nr. 12 anno XV del 3 aprile 2010