NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Mostra a Vicenza e Valdagno
in ricordo di Angelo Montagna

Una duplice esposizione al LAMeC in Basilica e a Villa Valle per un maestro dell’astrattismo veneto promossa per la cura di Giuliano Menato

di Resy Amaglio
resy.amaglio@fastwebnet.it

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Una mostra a Vicenza e Valdagno ricorda Angiolo Mo

La duplice esposizione ANGIOLO MONTAGNA un maestro dell'astrattismo veneto, promossa per la cura di Giuliano Menato dai Comuni di Vicenza e Valdagno, rispettivamente al LAMeC in Basilica e a Villa Valle, costituisce innanzitutto un omaggio all'artista scomparso nel 1998, valido interprete della pittura vicentina del secondo dopoguerra del ‘900. Sono anni caratterizzati anche nella città berica da un multiforme fermento nei domini della cultura e specialmente dell'arte, destinata ad uscire non indenne dal confronto con i movimenti rivoluzionari che ne vanno sconvolgendo gli assetti e i significati, e dove vengono discusse certezze e negate tradizioni considerate ormai obsolete. Figura di spicco nella Vicenza del dopoguerra, l'artista partecipa alla fondazione di un circolo culturale, il Calibano, memoria storica tra le più interessanti del nostro passato recente, ricco di promesse e speranze.

Angelo Montagna, il quale trasforma in Angiolo il proprio nome di battesimo toscaneggiando per amore dell'arte, nasce nel 1920 a Cornedo e si forma alle Accademie di Belle Arti di Bologna e Venezia, dove si diploma con Bruno Saetti. A Bologna gli sono maestri Morandi e Guidi, che Montagna ritrova in seguito a Venezia. L'impronta di Guidi emerge anzi in alcune opere del nostro pittore, connotate dalla felice rielaborazione di atmosfere luminose e lievi, nelle quali il gesto libero articola le forme secondo cadenze cromatiche equilibrate e gradevolmente liriche.

A partire dal 1945 Montagna prende ad esporre con regolarità, partecipando a numerosi Premi e incontrando ben presto il favore della critica, per le innate doti espressive approfondite da costanti indagini sperimentali. All'attività strettamente creativa si affianca in seguito la professione di insegnante di Disegno, dapprima alla Scuola Media, poi al Liceo Artistico di Valdagno, città in cui dirige dal 1955 al 1964 la Scuola di Pittura Marzotto; è un maestro attento, che si distingue per cultura e competenza, tanto che ancora oggi lo si ricorda con stima e affetto immutati.

Il ventaglio delle sue produzioni, illustrate fino agli anni Novanta da numerose esposizioni, è assai vasto, dal disegno all'affresco alle vetrate di chiese: portano infatti la sua firma le decorazioni di numerosi spazi religiosi, dalle chiese di Cornedo alle vetrate per la chiesa di Tabgha sul lago Tiberiade.

Esemplare per impegno e risultati, il suo cammino è anche, e forse soprattutto, paradigmatico del lavoro di un'intera generazione, quella dei giovani artisti di provincia che, alla soglia dei trent'anni, ancora freschi di preparazione accademica e talora ignari della più audace cultura artistica europea, hanno incontrato l'arte senza passato venuta d'oltre oceano, soffrendo la crisi d'un sistema travolto dalle novità e adoperandosi a farne comprendere le imprevedibili spinte propulsive, in un settore imbrigliato da ritardi, lentezze e chiusure, problematiche tutte di non facile soluzione.

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