NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Nosiglia: dalla Pasqua motivi di speranza per il futuro incerto

di Luca Ancetti
e Silvio Scacco

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Nosiglia

Abbiamo detto che è un momento di condivisione difficile per una persona che vive giorno per giorno, l'inutilità, quando una persona rimane senza lavoro si sente inutile. Ed è ancora più difficile per chi convive giorno per giorno con la paura, con il dolore, con la malattia. In un giorno come questo è giusto anche parlare di sofferenza. Non avere paura della morte sebbene ci sia malattia, cos'è una sfida oppure è frutto di una grande serenità?

«È frutto di un lungo cammino: molti malati iniziano con il rifiuto, con la rabbia. Poi pian piano si acquisisce sempre di più la capacità di collocare la propria esperienza alla luce della fede, vissuta proprio con il Signore. Questo è il senso vero di una fede che sa gestire la vita di ogni giorno, sia nei momenti lieti che quelli di sofferenza, guardando a quello che Cristo stesso ha vissuto, perché Lui ha subìto le stesse nostre sorti, ha subito il dolore, la morte, come ci ricorda la Pasqua. Nell'orto del Getzemani, Gesù chiede che gli sia risparmiato il calice della passione. Non è facile accettare il dolore: ci si riesce attraverso un cammino di fede profondo,  di un amore profondo a Cristo. A volte invece tante persone si trovano in grosse difficoltà e vanno comunque rispettate nel loro dolore. Ma solo nella serenità che dà Dio è possibile trovare una risposta e un sostegno al dramma della sofferenza e della malattia».

Ma veramente la fede ci porta ad accettare il male, e a trasformare il dolore in un dono?

«Sì, la fede fa questo miracolo. Il male e il dolore sono visti, comprensibilmente, come una disgrazia, qualcosa di negativo. La fede dà la forza di trasformare positivamente anche questa situazione avvertendola come una opportunità per fare del bene, un'offerta del proprio dolore come dono, non solo per sé, ma anche per i propri cari, per la famiglia, per tutta l'umanità. Così come ha fatto Gesù in fondo, perché la serenità con cui Gesù affronta la propria passione e la propria morte gli deriva dalla fiducia nel Padre. L'ultima parola di Gesù nella croce è "Padre nelle tue mani affido il mio spirito". Questo atteggiamento di abbandono ci può salvare dalla disperazione: è importante avere la certezza di non essere abbandonati, di non essere soli a gestire una situazione di dolore. Sapere che al tuo fianco c'è un Dio che ti è Padre e che ti sostiene; essere convinti che colui che ha mostrato nella sua passione e morte di credere in questo Dio nel quale credi anche tu e che è il tuo salvatore, ti dà la forza di trasformare il tuo dolore in un'offerta: tutto questo diventa vera fonte di gioia, di speranza».

Non si è da soli anche in virtù di un sistema di solidarietà che fortunatamente nel vicentino è sempre molto vivo, molto forte.

«Indubbiamente bisogna promuovere una rete di solidarietà e di prossimità alla persona e alla famiglia, da parte degli operatori sanitari, da parte dei volontari, da parte delle comunità cristiane. Solo così il malato, colui che si trova in situazioni difficili, trova subito il senso del gesto di solidarietà e di gratuità. Ricordo una volta a Bassano, andando in visita all'hospice ho incontrato una giovane signora che aveva la mascherina dell'ossigeno. Sappiamo che cos'è l'hospice: ospita persone in situazioni nello stadio terminale della malattia. Ad un certo punto si è tolta la maschera e mi parlava con un sorriso. L'infermiera l'ha subito ripresa ricordandole che non poteva respirare l'aria normale. Ricordo ancora che con forte emozione ha risposto: «In questo momento è il Vescovo il mio ossigeno». Intendeva riferirsi, ovviamente, non solo alla mia persona, ma al fatto che io le stessi dedicando del tempo, che stessi parlando con lei. Quando siamo vicini ad un malato, quando diamo un po' del nostro tempo, di noi stessi, gli diamo vita. È l'amore che fa vivere, come l'ossigeno».

Quale augurio pasquale per ognuno di noi,  in un momento storico così particolare?

«La Pasqua è veramente il grande evento della speranza cristiana, è una speranza affidabile. Noi abbiamo tante speranze nel cuore, tanti desideri, tanti sogni che a volte si infrangono. Ma se queste speranze umane le radichiamo nella Pasqua del Signore, diventano possibili perché nulla è impossibile a Dio. Viviamo pure con le speranze umane, cerchiamo di gestirle bene, di guardarle con spirito positivo e non disperiamo mai, perché la speranza di un mondo migliore, la speranza di una crescita anche di amore nella nostra famiglia, la speranza di superare anche questa crisi economica, tutto sia illuminato dalla Pasqua del Signore. Tutto ciò diventa possibile perché è una speranza definitiva che Lui ci dà: se Gesù vince la morte, volete che non possa vincere tutte le nostre morti anche quelle morali e spirituali, che ci portiamo dentro, che ci sembrano così definitive, così insuperabili come la sofferenza, il dolore? Con la fede in Cristo morto e risorto, facciamo l'esperienza di una luce, di una gioia che spinge a guardare il futuro con rinnovata e positiva convinzione, perché il futuro non dipende solo da noi, dipende molto anche da questo Signore che ci rassicura, che si prende sempre cura di noi, che vince la morte e le morti, oggi e per sempre».

Nel video in alto la testimonianza di Franca

nr. 12 anno XV del 3 aprile 2010

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