«Un fantasma s'aggira per Vicenza - ha detto Fernando Bandini, parafrasando la famosa sentenza di Marx - la scrittura letteraria». «Ci deve essere un motivo per cui Vicenza si deve considerare la provincia letterariamente più cospicua d'Italia», si chiede nel suo ultimo libro "In tondo e in corsivo" Paolo Lanaro. Ed ecco che puntualmente esce dal cilindro di questa fantomatica città una giovane grande promessa letteraria. È il caso del trentenne Paolo Malaguti, abitante a Borso del Grappa, laureato a Padova in Filologia Italiana e insegnante di Lettere al liceo "Brocchi" di Bassano, con il suo primo libro "Sul Grappa dopo la vittoria" (Santi Quaranta) che si preannuncia come una straordinaria rivelazione di scrittura narrativa. Dopo la fine della grande guerra un ragazzo che vive alle pendici del Grappa sale sul monte sacro alla patria, per ordine del padre, a recuperare rame, piombo, viveri in scatola. Il proposito è quello di aiutare la famiglia in ristrettezze economiche, in realtà le escursioni si rivelano una esperienza straordinaria di iniziazione e maturazione alla vita. Un romanzo di formazione in cui il giovane impara a misurarsi e a confrontarsi con le grandi problematiche e i grandi interrogativi dell'esistenza umana. Lo scrittore segue il percorso di crescita del giovane recuperante: lo accompagna nel passaggio da una visione della guerra sentita come gioco, alla scoperta della sua ferocia di "inutile strage", in cui migliaia di giovani sono stati mandati al massacro in nome di ideali che si sono dimostrati inutili e assurdi.
Un romanzo suggestivo
Il romanzo, in prima persona, è di una bellezza narrativa sorprendente: piano e suggestivo, attraversato da riflessioni incisive, dal continuo inserirsi della parlata veneta che alimenta uno humour popolaresco che fa schiettamente sorridere e ridere. È poi un romanzo comunitario di una terra e di una gente, ancora contadine, con personaggi di forte impatto come don Sante, la Cueatona e Moro Frun, e che riserva un posto privilegiato a Bassano, "la città dei signori e delle torri". Un accattivante dolcezza femminile pervade questo libro straordinario, di una nativa e intima poesia, fatta di piccole cose quotidiane e di espressioni originali e fulminanti, come quando, rievocando l'epopea risorgimentale della proclamazione dell'indipendenza dell'Italia, il giovane autore osserva: «L'ultima guerra, dalle nostre bande, l'aveva vista, si fa per dire, mio nonno Milio, e fu quella che portò le nostre terre dall'imperatore al Re. Nonno Milio, all'epoca, era un "tosat", e per lui la guerra fu questa: un gruppetto di soldati a cavallo, acquartierati a Ca' Cornaro, in attesa di ripartire verso il nuovo confine, in Valsugana. Era il 1866 e le nostre zone divennero sabaude così, su due piedi. Ci si addormentò kakani e ci si svegliò taliani».
Un libro polifonico
Protagonista del libro è il Grappa e la terra nell'amore immaginifico del protagonista, il giovane recuperante alla scoperta del mondo, e Sant'Eulalia paese pedemontano, visto nella sua componente di anime e di pietre domestiche e santa patrona del paese raffigurata in un quadro della pieve, terra sentita come grande grembo femminile depositario di affetti intensi e travolgenti, come l'amore corrisposto del giovane per Caterina. Un libro polifonico, dinamico e coinvolgente, che si conclude con la gioiosa volata in bicicletta lungo la Pedemontana del Grappa dei sue "promessi sposi", e segnala con sicurezza l'esordio di un giovane grande narratore: «Si trattava di salire sul Grappa, all'alba. E raccogliere tutto ciò che trovavo. Il rischio era tanto, e non era solo quello delle bombe inesplose, dei serbatoi di benzina incustoditi, dei chilometri di reticolati abbandonati, delle voragini che si aprivano improvvisamente nel terreno sfregiato e martoriato da mesi ininterrotti di bombardamento. Una volta che s'impara a riconoscere l'odore dell'esplosivo e si conoscono i sentieri e le mulattiere tracciate anni prima dal genio, la montagna si lascia esplorare facilmente».