NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Una maestra di provincia
nella Vallata del Chiampo

Il nuovo libro della scrittrice Annarosa Dal Maso narra le esperienze di una insegnante elementare durante il ventennio fascista

di Gianni Giolo
giovanni.giolo@tiscali.it

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LIBRO DI ANNAROSA DAL MASO

Annarosa Dal Maso è già al sesto libro che narra le cronache della provincia vicentina della Valle del Chiampo, dopo aver scritto "La ragazza lentigginosa" (1991), "Emozioni di una giovane emigrante" (1998), "Care radici" (2001), "L'età dei canti" (2005), "Stupore" (2007). Il suo nuovo libro porta il titolo "La maestra" (Editrice Veneta) e descrive la storia di Marta (non è specificato il luogo dove visse) che viene mandata, durante il ventennio del fascismo, a insegnare in una scuola elementare in una contrada di provincia. Ecco come l'autrice descrive il primo giorno di scuola: «Sotto ad una tettoia, al riparo dalla pioggia, gli scolaretti l'attendevano. Subito fecero silenzio nel vederla avvicinarsi. Con un sorriso rassicurante Marta li fece entrare nell'aula dove vide una decina di grossi e rozzi banchi, la pedana e la cattedra soprastante; tutto era di legno corroso dal tempo. A fianco della cattedra c'era la lavagna e dall'altro lato, appesa al muro, una grande e vecchia carta geografica. Non mancavano sopra, a fianco della porta d'entrata, un piccolo crocefisso e una stufa di mattoni rossi. Risollevato un po' l'animo, rivolse il suo sguardo verso i bambini del primo biennio, che con gli occhi fissi sulla maestra la seguivano in ogni suo movimento».

 

Il primo giorno di scuola

«Quelli di seconda ricordavano che l'anno precedente una signora di età avanzata e severa aveva insegnato a loro, perciò non si attendevano una maestra tanto giovane, bionda e carina. Dato il numero limitato di ragazzini, alla maestra erano affidate due classi, come era uso a quel tempo, e credo si usi ancora fare in alcune contrade lontane dai paesi. La maestrina dopo aver chiamato per nome e cognome gli scolaretti, li sistemò secondo l'altezza, maschietti da un lato e femminucce dall'altro; poi prese ad interessarsi di quanti componenti fossero le loro famiglie e in che modo vivessero. Naturalmente in quella quindicina di famiglie di contadini vi era quella benestante che possedeva prati, boschi e grossi animali, quella che aveva vigne e pollai, capre e pecore, ma c'erano anche famiglie povere che non avevano niente. Tra i genitori compariva qualche muratore e qualche filandaia. Tutti però cercavano di aiutarsi e di vivere d'amore e d'accordo, come fossero una grande famiglia».

 

Il filò

Durante il periodo invernale, per la neve troppo alta, la maestrina non può tornare dai suoi genitori in città e allora cerca un alloggio provvisorio presso una famiglia del paese. Una buona signora le offre ospitalità e consuma con Marta una cena frugale. Dopo cena, poiché le case non erano riscaldate tutti andavano in una stalla vicina a far filò: «Diverse erano le persone là riunite, anziani nonni con i nipotini, giovanotti che corteggiavano le ragazze, bambini con le mamme. La maestra notava che, anche nella stalla, nessuno rimaneva inoperoso. Alcuni uomini impagliavano le sedie, altri aggiustavano degli arnesi e degli ombrelli; un uomo ricavava cuoio dalle vecchie borse e con del legno robusto confezionava calzature per bambini e ragazzi e zoccoli per le donne. Alcune vecchie filavano, altre rammendavano della biancheria usando il filo bianco dai rocchetti o delle calze di lana, dove infilavano un uovo di legno per non deformarle. Altre ancora sferruzzavano. Le ragazze, a loro volta, ricamavano la dote. Osservando le persone così riunite, Marta avvertiva una grande umanità in quel mondo a lei sconosciuto. Un'anziana donna, perché si sentisse parte di loro, si propose di insegnarle come usare l'uncinetto. Così, la maestra, tutta contenta, riuscì a creare un piccolo merletto».

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