NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Quando il futurismo entra in teatro

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Vladimir Majakovskij

In questo spettacolo vengono recitate delle poesie del poeta e giornalista Ubaldo Serbo del gruppo Savarè di Monselice: era il più giovane esponente della corrente. Tutti gli artisti che sottoscrissero il manifesto futurista erano molto giovani. Oggi invece, soprattutto in Italia, chi viene definito artista giovane o emergente ha spesso un'età maggiore di altri colleghi d'Europa. È solo un problema politico ed economico ?

«Mah guarda, il discorso è lo stesso per gli universitari: un ricercatore giovane in Italia ha 30 anni e negli USA ne ha 23. Loro a 18 anni sono fuori casa, nei campus, e a 30 anni sono grandi, da noi si campa in casa fino a 30 e si è ancora giovani».

Il futurismo influenzò moltissimo anche la cucina, la moda, la pubblicità e il design. Depero inventò la bottiglietta del Campari Soda. Moltissimi però non sono a conoscenza di queste intuizioni così incisive. Come mai per molti anni il pubblico non ha capito che il futurismo è stato importante forse pure più del cubismo e di altre correnti artistiche coeve?

«Perché non gliel'hanno detto e lo hanno tolto dai libri di scuola: è una questione di comunicazione».

Il cinema futurista è stata la prima vera avanguardia cinematografica: nel 1911 ci furono i primi esperimenti di pellicola colorata anche se è ufficialmente nato nel 1916, quando in Russia si facevano ancora film di narrazione estremamente retorici. L'influenza dell'estetica futurista è stata enorme nell'espressionismo tedesco fino nel cinema contemporaneo. Poi però sono stati proprio i russi come Ejzenštejn e Kuleshov o Vertov, ad essere ricordati come fautori di grandi cambiamenti formali. Come mai non si è riusciti a portare avanti un progetto concreto di cinema e pubblicizzarlo in maniera efficace? Tra l'altro quasi tutto il materiale è andato perduto.

«Erano piccolissimi spezzoni perché fino al 1916 c'era stata una fortissima opposizione da parte di Boccioni nei confronti della fotografia e del cinema. Lui era uno che valeva quanto Marinetti dal punto di vista concettuale e rimasero quindi bloccati fino al 1916. Poi pensiamo che la Rivoluzione Russa sposa il cinema come arte di regime e quindi loro hanno nel '17 quello che avremo noi con il fascismo dal ‘22 in avanti: lo sviluppo di un certo tipo di cinematografia sperimentale si ha nel momento in cui il fascismo, un altro regime quindi, utilizza forme di comunicazione come consenso nazionale».

Il lascito del futurismo oggi: cosa è rimasto del futurismo nella società e nella sensibilità estetica attuale?

«Io ho un libro in uscita, "Il Futurismo antineutrale", dove c'è un capitolo intitolato "Cosa resta del Futurismo" in cui parlo proprio di questo. Quando diciamo che oggi l'artista può fare quello che vuole con i mezzi che vuole, l'idea nasce da lì: a parte ciò che abbiamo già detto, Prampolini nel '44 fa il Manifesto del Polimaterismo, che porta direttamente all'arte povera e quindi all'impiego di materiali non accademici, nella pubblicità sono ancora all'avanguardia, la Censi porta lo schematismo meccanico all'interno delle coreografie, la fotografia di Bragaglia nel '15-'20. Il Futurismo è stato una grande avanguardia storica che ha portato alla multidisciplinarietà».

Oggi alcuni artisti cercano di riproporre il futurismo nelle piazze pubbliche. Sono azioni artisticamente valide oppure no e se no perché?

«Quelle di Graziano Cecchini sono operazioni extraculturali perché lui non né un artista né un intellettuale: lui ripropone il sapore del Futurismo dal versante provocatorio. Se ne parliamo ancora dopo 100 anni non poteva essere solo provocazione. Ci sono montagne di contenuti nelle migliaia di libri che stampò Marinetti. Quello della Fontana di Trevi mancava di dinamismo, quello delle palline era invece azzeccatissimo perché c'era dinamismo e simultaneità. Poi si è messo a dipingere le modelle nude a Firenze ed è andato a fare l'assessore al Nulla a Salemi, cioè... Non basta la provocazione bisogna studiare sui libri».

 

nr. 15 anno XV del 24 aprile 2010

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