NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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I colleghi la condannano, il pm la archivia

La strana storia dell’avvocato Elena Peron

di Tiziano Bullato
bullatot@tvavicenza.it

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I colleghi la condannano, il pm la archivia

«Stamattina un'impresa ha fatto i rilievi sul terreno, mandati dal Geometra Rossato. Durante i rilievi è uscito tuo zio a rompere i coglioni. Io sono stanca che mi rompano i coglioni, ormai mi sono stancata. Andrò da tuo padre e tuo zio mostrando l'atto di compravendita così smetteranno di rompere i coglioni. Non sopporto che qualcuno mi chieda se io sono un avvocato. Nessuno me lo deve chiedere, ripeto nessuno».

È questo il tenore di una telefonata intercettata dai carabinieri di Camisano alle 14.57 del 22 marzo 2007. Da una parte del cavo telefonico c'è Emanuele Bressan di Grumolo delle Abbadesse, che ascolta, e dall'altra parte l'avvocato Elena Peron che parla.

La conversazione viene citata nell'ambito di un procedimento disciplinare cui l'avvocato è stata sottoposta e che le è costato la sospensione dalla professione per la durata di due mesi. Un provvedimento contro il quale la professionista ha deciso di ricorrere al consiglio nazionale forense. Eppure la stessa vicenda, oggetto di un esposto penale da parte dello stesso Emanuele Bressan, è finita anche sul tavolo del pubblico ministero Luigi Salvadori che, dopo averla a lungo studiata, ha chiesto l'archiviazione. Contro il provvedimento di archiviazione, anche in questo caso, è stata presentata a cura dell'avvocato Luigi Arena e per conto del Bressan, una opposizione all'archiviazione che è in attesa di essere discussa davanti al giudice delle indagini preliminari.

Ma cerchiamo di andare con ordine e di spiegare come nasce e si sviluppa questa intricata vicenda.

Nel 2001 l'avvocato Elena Peron aveva fondato con Luigi Peserico e Raffaele Cola una società denominata "Energie srl" con sede a Creazzo. Il due aprile del 2007, dopo varie vicissitudini e un periodo di liquidazione volontaria, la "Energie srl" era fallita e l'avvocato Peron vantava un credito di 360 mila euro nei confronti di Raffaele Cola. Lo stesso debitore, Raffaele Cola, sarebbe stato messo sotto pressione per indurlo a saldare il debito fino a quando questi non si era risolto a rivolgersi ad un amico, Emanuele Bressan, per chiedere il suo aiuto. Secondo la ricostruzione effettuata da Bressan nel suo esposto il patto sarebbe stato più o meno questo: Bressan si prestava a dare un suo terreno del valore di quasi 450 mila euro in pegno, trasferendolo solo fittiziamente all'avvocato Peron per un prezzo, mai versato, di 200 mila euro. Cola, da parte sua, si impegnava invece a saldare il debito rateizzando l'importo e, una volta chiusa la pendenza, l'avvocato Peron avrebbe restituito quel terreno chiudendo la vicenda.

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