NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Un duello a colpi di vanità

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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glauco

Il paragone con le due versioni cinematografiche è abbastanza inevitabile, soprattutto con quella più recente di Branagh che ha preferito un registro molto drammatico, ambiguo e quasi ansiogeno. Voi invece avete preferito puntare sull'ironia. Come mai?

«Il film con Olivier era basato sull'ironia inglese. La rilettura di Harold Pinter, nella versione di Branagh, ha trasportato tutto su un côté quasi omosessuale. Qui abbiamo puntato sul fatto umano della solitudine di un personaggio che cerca di vincerla giocando e ferendo in modo crudele una persona, che poi diventa crudele a sua volta».

Questi personaggi risultano vincenti pur essendo dei perdenti, perché rimangono impressi nella memoria della gente. Che fascino esercita sul pubblico il male gratuito?

«Io non credo che siano fascinosi per il male che fanno ma perché sono umani. Anche se uno fa Riccardo III o Macbeth interpreta un cattivo ma entrambi hanno dentro una fiammella di umanità incredibile: Macbeth alla fine è lì con gli occhi sbarrati che dice che si è inoltrato in un mare di sangue e parla della vita come di un palcoscenico dove un idiota recita la sua commedia. Riccardo III alla fine, quando sta per andare in battaglia, chiama il suo luogotenente e gli dice una cosa bellissima, che a volte basta un piccolissimo accento per capire il perché di un dramma: egli scopre la paura per la prima volta e diventa umano. Questo ti fa capire come anche nell'uomo più cattivo, dentro, rimane sempre la natura umana. L'uomo è un impasto di fango e di luce e, secondo me, i grandi autori hanno la capacità di comprendere l'uomo: Shakespeare comprende tutti i suoi personaggi, dai comici ai drammatici. Dostoevskij è un altro grande mio maestro. La fatica dell'uomo sta proprio nel comprendere,che vuol dire mettere in discussione se stessi e riconoscere che stiamo sbagliando. La vita ti fa dimenticare tutto: giudicare è facilissimo, odiare lo stesso. Poi il fascino di certi personaggi negativi penso sia dato anche dal modo di proporli che ha un interprete, che sottolineando le cose che lo emozionano di più».

E la comprensione delle persone e degli eventi è alla portata di tutti?

«Eh no perché è una delle cose più difficili e bisogna insegnarlo ai bambini fin da piccoli».

Lei si confronta spesso con il teatro shakespeariano, ricco di personaggi e di eventi narrativi. Queste pièce così minimali, con due soli protagonisti, possono risultare anche più insidiose di un testo altamente strutturato. Come mai e quali sono le difficoltà di comprensione e di trasmissione del messaggio?

«Io credo anzitutto nell'arte per la vita e non nell'arte per l'arte. Per me è importante comunicare alle altre persone emozioni, inquietudini, interrogativi e perché. Questo mestiere è un raccontare favole scritte da uomini come Sofocle o Beckett, che parlano di noi. Io cerco di aprire degli spiragli nuovi in chi mi ascolta: questo è il teatro che mi interessa».

In un'intervista ha detto che il teatro è arte viva e che per quanto un film possa essere commovente, è comunque un prodotto registrato e tecnologico. Oggi però la tecnologia è un mezzo indispensabile per creare arte dal vivo e quindi confrontarsi con il pubblico: pensiamo alla musica.

«Io non voglio dire che sono contro la tecnica però il teatro è una forma di comunicazione completamente diversa dalle altre perché dal computer, alla televisione, al cinema, è sempre l'uomo di fronte a qualcos'altro. Qui invece è l'uomo davanti ad un altro uomo, ecco perché dico che il teatro non morirà mai. Certamente usufruirà di mezzi tecnici: in scena, una rosa finta può essere molto più bella di una rosa vera. Io fingo di essere qualcuno ma in questa finzione cerco di raccontare la verità del personaggio».

Lei fa teatro da molto tempo. Oggi chi è che raccoglie l'eredità del grande teatro del passato come il teatro napoletano, milanese, genovese o la commedia musicale romana? Non è strano che all'inizio del secolo più tecnologicamente avanzato non ci siano delle correnti culturali così determinanti come nel secolo scorso?

«Napoli è una fucina e il teatro siciliano ha degli ottimi elementi, gli interpreti napoletani e siciliani sono i più vivi, per me. Anche qui nel Veneto c'è una grande tradizione. Oggi viviamo un periodo di grande confusione. Io ho passato una storia incredibile, ho visto tutto: sono del '30 e quando avevo 10 anni pensare di andare sulla luna era impensabile, ho visto gli apparecchi ad ali e i reattori, il cuore che passa da un corpo ad un altro. C'è stato un progresso che non è andato di pari passo con la meditazione umana. Oggi non si scrivono più lettere d'amore, si invia un cuoricino...».

 

nr. 17 anno XV dell'8 maggio 2010

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