NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Lionello Puppi in un volume
dal titolo vagamente misterioso

di Resy Amaglio

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Lionello Puppi in un volume <br>
dal titolo vagam

Adesso esiste un nuovo ponte, quello di Calatrava: che ne pensa, professore?

«Il ponte di Calatrava, - il quarto sul Canal Grande -, indirizza il traffico, ormai solo pedonale, da Piazzale Roma verso Rialto, lungo gli interrati ottocenteschi della Strada Nuova, impalcando tale funzione esplicita in una forma di straordinaria bellezza, che si cala senza scarti nella logica dell'immagine urbana di Venezia. Qualche anno fa ho passato un pomeriggio con l'architetto mio amico, nel suo studio in riva al lago di Zurigo: ricordo l'amarezza e l'ironia con cui commentava l'atteggiamento dei benpensanti veneziani, che hanno opposto alle ragioni del progetto la miseria dei pretesti più sordidi, perché l'opera non venisse realizzata».

Ritorniamo ai suoi racconti. Storia maiuscola e piccole storie dimenticate: la gloria, il potere e, specularmente, innumerevoli sofferenze. Ho il sospetto che raccogliendo in un unico volume questi scritti, lei abbia voluto offrirci una complessa metafora. È andata così?

«Ho pubblicato la maggio parte dei racconti estemporaneamente su una bella rivista, Stilearte, che affronta le più svariate problematiche artistiche secondo un taglio spregiudicato e poco accademico. Poi, poco alla volta, mi sono reso conto che si trattava di microstorie capaci di illuminare anfratti oscuri della storia di lunga durata e che potevano stare insieme sino a collegarsi, a spiegarsi vicendevolmente, per comporre un discorso a suo modo organico, in quanto scandito dalle cadenze della sconfitta. Che sono ineluttabili. Non è forse vero che sul piano umano l'artista stesso, e chi nell'arte sia coinvolto, è sempre uno sconfitto? E così è nato il libro, dove può anche accadere di constatare che l'opera d'arte vive indipendentemente dalla realtà storica del suo autore: sarebbe affascinante riconoscere in Filippo Calendario, amico di Marin Faliero e impiccato per tradimento, l'architetto di Palazzo Ducale, ma non lo è».

Se dunque si tratta di una metafora, tutto continua, continuerà, ad andare allo stesso modo?

«Mi permetto di richiamarle un paio di epigrafi, che ho disseminato nel libro, tratte da Guicciardini e Macchiavelli. Posso anche aggiungere una sentenza del Convivio di Dante. "...la piega de la Fortuna, che suole ingiustamente al piegato molte volte essere imputata..."».

È pur vero che il tempo scioglie nel nulla eventi e persone. Tuttavia si direbbe che al fondo della storia, appunto grande e piccola, resti soprattutto qualcosa di orribile. Sono forse gli scheletri murati in ogni costruzione della nostra civiltà, e probabilmente di tutte, come le ossa dei genitori di Rebecca in Cent'anni di solitudine?

«L'angelo della storia... Walter Benjamin lo descrive come una figura alata, che un vento di tempesta spinge verso orizzonti cui volge le spalle, mentre desolanti macerie si accumulano ai suoi piedi. A queste guarda l'angelo. Lo stesso Benjamin ricorda che il primo atto degli insorti della Comune è consistito nello sparare sugli orologi di tutte le torri e i campanili di Parigi, per bloccare il moto delle lancette e poter inventare e costruire il futuro su quell'immobilità. La storia non è mai maestra di vita, me ci manda dei messaggi. Sono gli schiavi africani di Haiti che raccolgono quello della libertà, dell'eguaglianza e della fratellanza, scritto dalla cultura europea e da essa stessa tradito; loro - gli schiavi, - cantando la Marsigliese sbaragliano l'esercito francese di Napoleone, mandato per ripristinare la schiavitù. Troppo in anticipo, come abbiamo detto. Ma guardiamo al nostro presente: ha notato che nel nostro Sud la lotta più fiera alla Mafia viene dai nostri schiavi africani?».

Allora tutto ricomincia? o invece appare finalmente il Convitato e scopriremo chi è il colpevole?

«Guardi che, al modo di Ellery Queen, chi sia il colpevole e chi sia il Convitato, nel corso di questa nostra conversazione, gliel'ho già detto. O no?».

Sì, professore, temo proprio di sì.

 

nr. 18 anno XV del 15 maggio 2010

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