NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Noa: “Io sono sicura che una soluzione sia possibile”

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Noa: “Io sono sicura che una soluzione sia possibi

Il napoletano è una lingua vera e propria con una grammatica sua e che non si legge come si scrive. Inoltre la parlata cambia molto anche all'interno della città stessa, da quartiere a quartiere. Ranieri, cantando la canzone, italianizza un po' la pronuncia.

«Ah ecco! Comunque io ho trovato davvero tantissime cose in comune tra la cultura napoletana e quella ebraica: i napoletani sono un piccolo popolo che si è diffuso in tutto il mondo, proprio come gli israeliani, e il motivo dell'emigrazione è data dal fatto che sono popoli che hanno entrambi sofferto enormi difficoltà, che hanno avuto problemi di guerre, di invasione, di fame e malattia. Io ho trovato più cose in comune che mi hanno arricchita, anziché differenze e queste similitudini mi hanno spinta a interpretare queste canzoni. Sono canzoni così belle e questa musica così pura la trovo fantastica. Al di là di questo, sono rimasta particolarmente colpita dalle canzoni degli emigranti, perché la mia famiglia è yemenita e ad un certo punto è dovuta emigrare per via delle violenze contro gli ebrei: così cominciarono un lungo viaggio, prima molto tempo in Israele, Terra Promessa per gli ebrei, dove sono nata, e poi negli Stati Uniti, dove sono cresciuta. Ci sono moltissimi ebrei a New York, così come ci sono moltissimi napoletani e, a proposito, io ho moltissimi amici napoletani che sono emigrati in America. Io ho sempre cercato e desiderato ardentemente una casa, una patria e in canzoni come "Santa Lucia Luntana" o altre, sento davvero forte questo desiderio e nostalgia della patria, della propria casa, e mi ricordano i racconti che i miei genitori facevano quando ero piccola. Dei napoletani, inoltre, amo molto il loro senso dell'umorismo, che hanno proprio uguale a quello degli ebrei e che deriva dal fatto che popolazioni che hanno sofferto così tanto, riescono a stabilire un forte senso dell'umorismo».

Uno dei suoi "featuring" più famosi è quello con l'artista algerino Khaled. Anche se lui è musulmano ha spesso collaborato con artisti ebrei. Quanto altri artisti internazionali musulmani ci sono che collaborano con artisti provenienti da altre religioni senza preoccuparsi di eventuali pericoli o critiche in generale?

«Non saprei, non dovrebbe fare a me questa domanda: non ne conosco molti. Non sapevo, per esempio, che lui aveva collaborato con altri artisti ebrei, anche se sapevo che aveva lavorato con Jean Jacque Goldman, che è un famoso cantautore ebreo francese (ha scritto la canzone "Aicha" ndr). Khaled ha collaborato con me e dopo di questo non se l'è più sentita di proseguire perché ha ricevuto molte pressioni sia per la sua vita che per la carriera e questo mi è dispiaciuto moltissimo, l'ho trovato davvero vergognoso. Ora sto lavorando con questo bravissimo cantautore che si chiama Nabil Salameh, del gruppo italiano, di Bari, Radiodervish. Lui è musulmano e siamo molto amici, lavoriamo insieme da molti anni: tra due settimane Nabil verrà in Israele per fare un concerto insieme a me, che servirà a raccogliere fondi per costruire il primo museo arabo-israeliano. Israele ha una vasta popolazione di israeliani di origine araba che sono cittadini israeliani, diversi dai cittadini arabi che sono palestinesi; ma nei territori riconosciuti da Israele ci sono circa due milioni di arabi che ancora lottano per il riconoscimento dei loro diritti. Sia io che Nabil siamo molto amici di un gallerista che si chiama Said Abu Shakra e che ha delle belle idee per quanto riguarda l'architettura di questo edificio museale che vogliamo contribuire a far costruire. Tutto però dipende dai soldi a disposizione».

Lei è sposata con un medico (pediatra ndr): quanto il lavoro di suo marito le è stato utile per entrare in contatto con un punto di vista diverso, utile a capire i problemi, e quanto può aver influito su di lei artisticamente? Pensa che vivere con un medico l'abbia aiutata a capire cose che senza la di lui esperienza magari non avrebbe mai capito?

«Questa è davvero una giusta domanda: si, assolutamente. Io ho grande rispetto della vita e l'esperienza di mio marito mi ha insegnato a separare le cose davvero importanti da quelle più futili, proprio perché i medici vedono tantissime persone che soffrono e l'atteggiamento di mio marito verso la vita è che ogni cosa è immensa e bellissima proprio perché le cose stupide non hanno significato: le cose veramente negative sono i bambini che soffrono in ospedale e quando devi avere a che fare con questi problemi può sembrare che chi è medico abbia un atteggiamento che porta a chiudersi, proprio perché altrimenti non riuscirebbe far fronte alla sofferenza che loro vivono molto da vicino. Io cerco sempre di aprire le sue porte perché sono una persona molto emozionale e trasparente».

 

nr. 21 anno XV del 5 giugno 2010

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