NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Flamenco tra danza, musica e operette

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Flamenco tra danza, musica e operette

Lo spettacolo comincia con la voce narrante che racconta di questi due amanti interpretati sia dai due cantanti lirici che dai due ballerini. È uno spettacolo che va in tutta Europa, come mai non lo avete sottotitolato?

Katia Moro: «Perché è uno spettacolo di danza».

Ci sono moltissimi tipi di flamenco, quello che proponete voi che genere è?

K.M.: «Il flamenco è sempre lo stesso,anche se questo è differente perché c'è una mescolanza con l'opera quindi anche l'interpretazione è diversa».

La Spagna è uno dei Paesi del Mediterraneo che maggiormente conserva le tradizioni sia musicali che coreutiche. Qualche anno fa andava di moda il flamenco mischiato con le danze e la musica celtica, oppure anche con il jazz. Quanto spazio c'è per la contaminazione con altri generi musicali come possono essere il rock o addirittura il rap?

K.M.: «Contaminazione è una parola che non mi piace molto perché mi sembra che abbia un significato negativo. Preferisco dire "mezcla", mescolanza. A me piace molto mescolare i generi però bisogna sapere bene cosa si sta facendo: non puoi mischiare i generi se, come nel nostro caso, lui non sa cantare o se io non so danzare e "dominare". Se io voglio mescolare il flamenco con le danze celtiche, le devo studiare sennò non sono onesta».

Oscar Marin: «L'onestà è fondamentale, prima di tutto con se stessi».

K.M.: «Io penso che fare una mescolanza sia molto arricchente ma bisogna saperlo fare bene: nel momento in cui c'è l'opera io devo saperla interpretare».

O.M.: «Bisogna saper unire le due tradizioni».

Per chi non è spagnolo è molto difficile distinguere i diversi generi di musica flamenca. Quali sono gli esponenti principali delle varie correnti che suggerite di ascoltare?

K.M.: «Enrique Morente, Mayte Martin, Camaròn, ce ne sono davvero moltissimi».

Nel flamenco, le cantanti più famose, anche quelle giovani come Rosario Mohedano o Estrella Morente, hanno tutte una voce molto potente da mezzo soprano o soprano drammatico. Come mai nel flamenco è richiesta questo tipo di caratteristica?

O.M.: «Il flamenco si avvicina all'opera in quanto è un'espressione drammatica e necessita di questo tipo di voce molto espressiva anche quando si parla».

Questo spettacolo è decontestualizzato: non racconta una storia tipicamente spagnola o la storia della Spagna. Non c'è il rischio che spettacoli forse un po' spersonalizzati spingano la gente a pensare che il flamenco sia solo bravura e tecnica e che invece non sia rappresentativo della storia vera e propria?

K.M.: «Il nostro non è uno spettacolo di flamenco puro, è una specie di recital di opera e flamenco. Qui c'è una storia ma è un'idea, è il filo conduttore dello spettacolo e si sviluppa durante lo spettacolo».

Voi siete un ensemble di Barcellona. In questi ultimi tempi la Catalogna sta premendo sempre di più per la propria indipendenza dalla Spagna. La catalogna ha una tradizione così forte di flamenco come nel resto della Spagna?

O.M.: «Ci sono moltissimi bailaores e cantaores catalani e anche nei maggiori festival di Spagna ci sono moltissimi artisti catalani. Noi, questo spettacolo, lo abbiamo portato anche al Palau de la Musica Catalana che è l'auditorium più famoso di Barcellona».

Quali sono le ultime tendenze in termini di ricerca nel campo del flamenco?

K.M.: «Io penso che la danza si possa rivoluzionare ma l'autentico rimane sempre quello. Molti giapponesi, per esempio, vanno a vedere i festival come quello di Jerez, perché il flamenco puro è il flamenco puro».

O.M.: «È come nell'opera: c'è il pop operistico ma se vuoi vedere l'opera vera, vai alla Scala di Milano o all'Arena di Verona».

Alla fine dello spettacolo siete saliti sul palco tutti insieme, compreso lo staff, per ballare tutti insieme a turno. Questa è stata la parte forse più intima dello spettacolo: è stato un momento molto famigliare, come tra amici. Questa forse è la vera essenza del flamenco?

O.M.: «Non lo facciamo sempre, lo facciamo solo quando nel teatro si crea una certa magia, come è successo questa sera. È effettivamente un momento molto famigliare».

K.M.: «Dopo la tensione dello spettacolo, viene voglia di relax!».

 

nr. 21 anno XV del 5 giugno 2010

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