NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Omicidio fioretto: l'appello del fratello

di Tiziano Bullato
bullatot@tvavicenza.it

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Omicidio fioretto: l'appello del fratello

Il vero elemento di indagine, allora, rimane quello legato a dati di fatto scientifici che nel 1991 non era possibile valorizzare. E al vertice di questi elementi ci sono i guanti verdi in lattice, del tipo usato dai medici e dai chirurghi, che i killer indossavano al momento di compiere la strage. Dentro quei guanti, come detto, erano state rilevate delle impronte parziali. Lo sviluppo tecnico oggi potrebbe consentire di evidenziare meglio quelle impronte, mentre i passi da gigante realizzati nel campo del rilievo di tracce di Dna potrebbero essere utili nel caso fra i reperti venisse trovato un capello, un pelo, un qualsiasi tipo di campione biologico utile.
Se questo dovesse realizzarsi, però, sarebbe anche necessario trovare un elemento di confronto. «Anche in questo caso - ha spiegato il dottor Marchese - dobbiamo sperare nella buona sorte. Siamo ragionevolmente convinti che i due esecutori materiali del delitto fossero dei professionisti del crimine. La speranza è che dopo aver messo in atto il duplice omicidio a Vicenza, i due abbiano continuato a delinquere e che siano stati bloccati e identificati successivamente e per altre vicende. Mi spiego meglio: potrebbe essere accaduto che in seguito tutti e due gli uomini, o anche uno solo di loro, sia stato arrestato in Italia per una estorsione, per minacce, per una rapina, per un reato qualsiasi. In quel caso l'uomo sarebbe stato fotosegnalato e sarebbero state repertate le sue impronte. E se l'arresto fosse recente ci potrebbe essere stato anche un prelievo di Dna. Basterebbe un confronto positivo per fare bingo, ma come si vede è ancora tutto molto legato ad elementi aleatori».
Il primo passo, però, è stato fatto. Dall'archivio dei corpi di reato del tribunale, grazie alla perizia degli impiegati del palazzo, è stato letteralmente disseppellito lo scatolone che contiene tutti gli oggetti sequestrati e repertati all'epoca dei fatti. È un grosso scatolone di cartone, tutto ammaccato e schiacciato, ma ancora sigillato con lo spago. Dentro c'è un po' di tutto: il cappotto, la giacca e la camicia dell'avvocato; i vestiti e le scarpe di Mafalda Begnozzi; la pistola ritrovata; e probabilmente ci sono anche i guanti. Non sono citati nell'elenco che è stato incollato all'esterno della scatola, ma tutto fa pensare che ci siano, anche perché sono fotografati nel fascicolo fotografico: ci sono i particolari e anche una immagine dei guanti inseriti all'interno di una di quelle buste di plastica che si usano per conservare le prove. Ma non basterebbe allora aprire lo scatolone e controllare, direte voi? No, non è così facile. Essendo chiuso e archiviato il fascicolo, prima di aprire lo scatolone serve il parere del magistrato e bisogna seguire una procedura che sia a garanzia della genuinità delle prove, per non pregiudicare i risultati di eventuali esami. Ma in fin dei conti si tratta di aspettare ancora solo pochi giorni. Poi si vedrà se i guanti ci sono e subito dopo si potranno mandare a Roma, nei laboratori della scientifica. Ma come diceva giustamente Alberto Fioretto «bisogna fare di tutto per riaprire il caso. Un caso del genere non può finire con un nulla di fatto, con una archiviazione».

nr. 22 anno XV del 12 giugno 2010

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