NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Quelli del signor C

di Elena De Dominicis
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Quelli del signor C

Ultimamente, tra i gruppi di musica folk o di etno-world, c'è una tendenza a darsi nomi relativi a luoghi specifici, come per esempio L'Orchestra di piazza Vittorio. Da cosa deriva e di cosa è fatta la tradizione delle osterie popolari beriche?

A.V.: «Noi abbiamo iniziato a suonare all'osteria "Alla Quercia", a Villabalzana. All'inizio eravamo in due, poi in 4 e poi si sono aggiunti gli altri. Ci riconosciamo nel clima dell'osteria, che nel mio immaginario è un luogo dove una volta, e in certi casi ancora adesso, la gente andava a giocare a carte, a cantare, a bere e a consumare lì le proprie sconfitte e incazzature. Noi ci chiamiamo così perché in realtà è stato il pubblico stesso a decidere, non sapevamo come chiamarci, abbiamo buttato lì due o tre nomi e la gente ha deciso».

Nei vostri testi non raccontate sempre delle vicende specifiche ma sono comunque liriche che esprimono un disagio sociale atemporale, parlate di problemi che ci sono sempre stati. Fate anche molti riferimenti storici. Quali sono gli episodi della storia che vi affascinano di più o che trovate più affini ai problemi odierni o a problemi mai risolti?

D.D.: «Il Vaticano!».

A.V.: «Il Vaticano c'entra molto con l'OPB: noi abbiamo molte cose da dire sullo Stato della Chiesa e le diciamo apertamente. Poi mi viene in mente "Menego", che è la storia di mio nonno che ha vissuto la guerra, quel contesto. Boemondo di Antiochia: cercavamo un dio, perché non ci vanno questi "dei" imposti dalla Chiesa e ce ne siamo cercati uno a nostra immagine e somiglianza. È un personaggio realmente esistito, un cavaliere crociato che conquistò un regno».

L.S.: «E allevava cinghiali! Era famoso perché governava Taranto, era partito nel 1100 circa per le Crociate e al suo ritorno, il popolo di Taranto non lo fece rientrare in città, lo rinnegò».

Nella musica si riesce ancora a provocare dibattito e riflessioni in maniera non eccessivamente violenta o shockante, pur rimanendo irriverenti. Questo contribuisce ad avvicinare la gente a temi importanti senza usare il sensazionalismo? Per voi qual è il compito dell'artista?

D.D.: «Sfatare i miti consolidati: la Chiesa e lo Stato».

Ma una volta che hai sfatato tutto non ti rimane più nulla!

M.D.: «Rimangono dei punti fissi che sono quelli della socialità, dello stare insieme e del fare festa».

A.V.: «Forse, in fondo, c'è sempre la speranza di provocare una reazione».

L.S.: «Che le persone pensino con la loro testa».

A.V.: «Se qualcuno si sente scandalizzato è una buona reazione, piuttosto che ascoltare una canzone "gne gne gnè"!».

Si ma lo scandalizzare colpisce la sensibilità delle persone, non vuol dire necessariamente farle ragionare...

L.S.: «Per me, il problema del folk italiano è che è troppo epico, non nel senso di folletti ecc. ma di eroi e miti. Gli eroi servono solo a consolarsi, bisogna tenere i piedi per terra».

Una vera dissacrazione non dovrebbe portare a farsi delle domande?

Enrico Dal Brun: «Più che dissacrazione è un mettere in discussione quello che viene fatto vedere e dipinto in un certo modo e dargli un'interpretazione diversa».

A.V.: «L'OPB si è sempre distinta per il suo carattere profetico! Quando cantiamo qualcosa, poi accade! Anni fa cantavamo una canzone in cui si diceva di persone che sovvertivano la città facendo il "mooning" e all'inaugurazione del TCVI, alcuni di noi eravamo lì a farlo, con il Signor C che cercava di tirarci giù dal cornicione; avevamo scritto "La legge del cinghiale" e poco dopo venne fuori la notizia che in Liguria c'era un "allarme cinghiali" in città, abbiamo scritto "Gesù queo dea Croxe" ed è scoppiato lo scandalo pedofilia in Vaticano!».

 

nr. 22 anno XV del 12 giugno 2010

 

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