NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Barolini, “l’uomo dei due mondi” in un grande convegno all’Accademia Olimpica

Lo scrittore e poeta vicentino che fu docente alla Columbia University di New York ricordato da Fernando Bandini, Silvio Ramat, Paolo Valesio e Teodolinda Barolini

di Gianni Giolo
giolo.giovanni@tiscali.it

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Barolini, “l’uomo dei due mondi” in un grande conv

«Oggi parlare di Antonio Barolini - ha detto aprendo i lavori del convegno dell'Accademia Olimpica il presidente Ferdinando Bandini - significa ricostruire non soltanto la figura di un uomo che ha avuto un destino così singolare e un'importanza così marcata nella città, ma ricostruire un capitolo della nostra storia». Bandini ha poi dato la parola a Silvio Ramat, docente di letteratura italiana all'università di Padova, che ha ricordato di un suo articolo del 1964 "molto negativo e feroce" sulla raccolta di poesie di Barolini "Il meraviglioso giardino".

 

Poesie di grande valore

«A quel tempo - ha detto Ramat - ero appena laureato ed ero nutrito di pane ed ermetismo, fiorentino, allevato alla scuola di Luzi e di Bigongiari, trascuravo come marginali le poesie baroliniane». Gli rispose lo stesso Barolini in una lettera in cui precisava di non aver fatto abbastanza come poeta per venire incontro ai gusti delle nuove generazioni giovanili. Ancora adesso, dopo aver riletto le sue poesie, Ramat "non apprezza in toto" le poesie del vicentino, di cui alcune parti gli sembrano "insicure", ma "vi trova molti elementi di grande interesse e oggettivamente di grande valore". Alle poesie lo studioso contrappone il romanzo d'esordio "Una lunga pazzia" che presenta la sicurezza di uno che ha sempre scritto romanzi e ha sempre pensato da prosatore.

 

Vino donne e canti

I temi delle sue poesie, in un'antologia da lui curata per la Feltrinelli nel 1964, in particolare della "Gaia gioventù", sono quelli popolari dell'amicizia e della spontaneità conviviale del tipo vino-donne e canti, ma su cui non manca mai la nota religiosa dello sguardo verso il cielo e la sensazione greve della nostra mortalità. Nelle poesie de "Il meraviglioso giardino" troviamo ancora un Barolini, "di zona", vicentino che tende ad affermarsi come un resistente alla motorizzazione generalizzata e si dipinge come un nostalgico delle carrette, delle carrozze, degli asini, dei cavalli e della sua bicicletta, polemizzando contro l'amico "Candide" (che era l'ingegner Canfori, l'unico del gruppo di amici vicentini che possedeva un'automobile) che con la sua automobile passava per strade polverose levando un grande starnazzare di galline ed abbaiare di cani.

 

La lode di Pampaloni

A Ramat è seguita la relazione di Paolo Valesio, docente della Columbia University, dal titolo "Nel segno del vento: alcuni pensieri su Antonio Barolini". Valesio ha ricordato un molto lusinghiero saggio di Geno Pampaloni che colloca la poesia del vicentino, dopo quella di Rebora, di Betocchi e di Noventa come «la più alta del Novecento italiano». «Una lode - ha detto Valesio - che può causare più difficoltà che aiuto alla comprensione della poesia baroliniana». Ci sono scrittori italiani in America e scrittori italiani d'America, ma Barolini è solo uno «scrittore fra due mondi».

 

Le inutili e morte radici

È uno scrittore emigrante oppure esule? Nemmeno questo, sebbene il vicentino parli spesso di esilio e di radici e nel racconto "L'ultima contessa di famiglia", scriva: «Mi strappai di dosso le inutili e morte radici e portando con me quelle vitali me ne andai per il mondo in come della fresca speranza che mi era cresciuta dentro e che sento nuova e alacre costruttrice di parole buone». L'esperienza di Barolini è quella di un espatrio seguita da un rimpatrio. Esilio ed emigrazione sono nobilitati da un senso di fatalità, qualcosa si abbatte sull'individuo, lo costringe a sradicarsi, mentre l'espatrio manca di dramma, inteso come atto gratuito con tutta l'ambiguità intellettuale profonda che il termine comporta, perché nell'espatrio si annida sempre un senso di rimorso quasi di tradimento. In una sua poesia dice: «Qualcosa mi dice che ho tradito. Cosa, non so».

 

Le notti della paura

Seguì la relazioni di Teodolinda Barolini della Columbia University, che ha parlato dei romanzi della resistenza. La relatrice ha citato un brano delle "Notti della paura" del 1967. È la storia di Gir, un insegnante di latino che è stato condannato a morte dal partito fascista della sua città e si trova clandestino a Venezia. Gir ha una relazione d'amore con la sua protettrice partigiana la ricca e aristocratica Maria. In questo romanzo soggezione sessuale e soggezione politica sono correlate.

 

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