NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
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Nina Zilli: l’irlandese d’Italia

Il fenomeno musicale del 2010 ha vissuto alcuni anni nel paese anglosassone, ci racconta come da soprano sia sbarcata a San Remo

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Nina Zilli: l’irlandese d’Italia

Al Rockando di Povolaro si è tenuto il concerto di Nina Zilli. Fenomeno musicale e personaggio femminile del momento, Nina Zilli è diventata famosa con la canzone "L'uomo che amava le donne", presentata all'ultimo Festival di Sanremo nella categoria "Nuova Generazione", che ha fatto incetta di premi e che è diventata in breve tempo una hit delle radio che l'hanno proposta in heavy rotation. Talentuosa cantautrice la Zilli si ispira alla musica nera americana e giamaicana citando Mina e Celentano del periodo anni '50 e ‘60

Sei uno dei rari casi in cui i riconoscimenti della critica coincidono con il grande successo di pubblico: Premio della Critica "Mia Martini", premio "Sala Stampa Radio Tv" e Premio Assomusica 2010 per la migliore esibizione dal vivo, il tutto al debutto sanremese con la canzone "L'uomo che amava le donne". Sei diventata il fenomeno femminile del momento al punto che Mediaset ha preso questa tua canzone per il lancio del nuovo canale "La 5". Un successo strepitoso su tutta la linea in meno di 6 mesi. Domanda di rito: Te lo aspettavi?

Nina Zilli: «Chiaramente no, anche perché in questi anni la musica è molto cambiata e io sono sempre rimasta nell'underground. A Sanremo, di tutti i giovani che vanno, ne esce uno all'anno e negli ultimi anni neanche, quindi... Poi io sono andata perché Sanremo lo guardavo da piccola con mia mamma e volevo sempre cantare e sono stata molto contenta che mi abbiano presa. Per me, poi, era un modo per farmi vedere da quante più persone possibili contemporaneamente. Poi è arrivato il film di Ferzan (ha partecipato alla colonna sonora del film "Mine Vaganti" di Ferzan Ozpetek ndr), mi è caduto tutto in testa!».

Tu attingi dal R&B anni ‘50 e ‘60 ma anche alla musica italiana di quegli anni. Come si concilia con l'influenza ska e rocksteady, che sono un po' più recenti, a cui pure ti ispiri?

«Lo ska lo facevo quando ero piccola. Poi lo ska veloce, il rock steady, è in realtà l'origine di tutta la musica giamaicana in levare: prima del rocksteady non c'era il reggae, non c'era niente. In realtà, la musica giamaicana, pur essendo tutta in levare, prendeva ispirazione dall'America, dove si faceva tutta musica in battere, una il contrario dell'altra: erano gli anni della Stax e della Motown. In realtà questi due tipi di musica sono molto legati, anche come melodie».

Tua mamma ti ha mandata in Irlanda quando avevi solo 13 anni ...

«A 10!».

Come mai così piccola?

«Eh voleva farmi imparare l'inglese, poi io ero molto mammona perché ero figlia unica».

Poi ti sei fermata e sei cresciuta lì?

«Praticamente per tre anni stavo sempre lì e tornavo alla fine del quadrimestre, facevo tipo Erasmus. Stavo in famiglia e i miei "genitori inglesi" erano due nonnini! Poi le superiori le ho fatte qui e tornavo tre mesi, d'estate».

L'esperienza fatta in quel Paese cosa ti ha lasciato da poter utilizzare artisticamente?

«Beh il primo film che vidi in Irlanda era "The Commitments", per cui proprio a fagiolo e anche se non capivo una parola, la musica l'ho capita tutta!».

Le figure femminili fortemente caratterizzate, soprattutto in Italia, spesso hanno un pubblico in prevalenza fatto da donne. In America e nei paesi anglosassoni invece hanno un pubblico in prevalenza gay. Come mai questa differenza secondo te?

«Io ho tantissime donne e tantissimi gay nel mio pubblico. Penso che per le donne, in generale, sia ancora davvero molto difficile. Negli altri paesi sono molto più avanti ed evoluti per quello che riguarda il concetto della figura della donna. Noi siamo ancora radicati a una figura distorta, viviamo ancora troppo legati all'immagine. In Italia noi donne non abbiamo credibilità come sesso proprio perché siamo ancora considerate dei pezzi di carne che se non hanno zigomi alti, labbra carnose e tette di plastica allora non servono a niente. Poi io ho anche tantissimo pubblico gay e ne sono contentissima».

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