NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Una serie di flash sul Quattrocento vicentino in un nuovo saggio di Giovanni Pellizzari

di Gianni Giolo
giolo.giovanni@tiscali.it

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Una serie di flash sul Quattrocento vicentino in u

Un benemerito riottoso

Al tempo della dedizione di Vicenza a Venezia uno dei vicentini più importanti e forse il più importante è Giampiero Proti, chiaro per antichità di stirpe, parentado, ricchezze, onori, saggezza, valore, pietà. Il suo testamento è uno dei documenti più eloquenti del Quattrocento vicentino. Un testamento molto articolato in lingua volgare, dove sono prescritte per filo e per segno le modalità e la conduzione del suo funerale, il corteo funebre, i colori che dovevano vestire i paggi e i cavalli, la presenza di tutta la chiesa vicentina, i preti, i frati minori, i predicatori di Sant'Agostino, dei Servi, il capitolo del duomo, tutti gli abati, i priori dei luoghi sacri di Vicenza, il che testimonia quanto fosse importante la cerimonia pubblica per i potenti della città. Nel documento non sono però nominati né il vescovo né Venezia. Di quest'ultima mancano i simboli, i rettori, le insegne di onori civili e militari ricevuti dalla signoria dogale. E per di più egli dimostra gratitudine e fedeltà feudale a Siena di cui era stato senatore.

 

Una carriera altalenante

«Qual è il motivo di questo comportamento?», si chiede il Pellizzari. Per avere una risposta bisogna considerare la personalità di Antonio Loschi che fu promotore della trattative che portarono Vicenza a preferire la dominazione veneziana a quella viscontea. Il Loschi, al tempo della dedizione veneziana, fu impiegato da Venezia con un delicato incarico nel ruolo di ambasciatore, o forse di procuratore presso la Santa Sede, in seguito preferì abbandonare Vicenza e lo stato veneto per tornare al servizio dei Visconti, per poi passare infine stabilmente alla segreteria papale. «Ma intanto - nota lo studioso - nell'espansione veneziana anche l'espansionismo del comune di Vicenza riprende lena e prosegue nel processo diremmo fisiologico di estensione della sovranità giuridica e controllo sistematico del proprio territorio».

 

Un vescovo discusso

Lo studioso si sofferma sulla figura di Pietro Miani (nome umanistico Emiliani), vescovo di Vicenza, che alla sua morte, avvenuta nel 1433, fece precipitare la chiesa vicentina in una situazione di caos amministrativo, provocando l'esasperato sconforto del vescovo, suo successore, che era diversa tempra d'uomo e che, come ex vescovo di Venezia, aveva conosciuto bene il collega defunto. Il vescovo fece costruire ai piedi del campanile della chiesa dei Frari a Venezia la cappella di S. Pietro per esservi sepolto. Il Girgensohn, nel suo studio su Antonio Loschi, lo definisce "una caso di megalomania senile". Ma il vescovo Pietro - precisa il Pellizzari - più che un dissennato scialacquatore dei beni della chiesa vicentina, si comportò piuttosto come "un giocatore d'azzardo", «impegnando sostanze di cui egli si attendeva di poter disporre in futuro, grazie a ipotetiche nuove concessioni papali, se non anche al cappello cardinalizio».

 

nr. 25 anno XV del 3 luglio 2010

 

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