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Se fosse possibile scattare una fotografia della situazione del dialetto di oggi, al confronto con altre immagini del passato, il suo aspetto risulterebbe profondamente modificato, trasformato come un viso che subisce lo scorrere del tempo. Sulle Nuove forme dei dialetti si è concentrato il Convegno Internazionale di Studi tenutosi a Sappada che ha raccolto dibattiti e riflessioni durante un incontro durato cinque giorni. La cittadina bellunese per il quindicesimo anno consecutivo è diventata centro di discussione scientifica sul dialetto per numerosi studiosi provenienti da tutta Italia, non solo docenti delle università italiane, ma anche giovani dottorandi che hanno presentato i loro progetti di ricerca.
Il tradizionale appuntamento dedicato alla conservazione e trasformazione delle lingue orali, organizzato dalla docente di dialettologia dell'Università di Padova, Gianna Marcato, in collaborazione con il Dipartimento di Discipline Linguistiche Comunicative e dello Spettacolo dell'ateneo e la Regione Veneto, si svolge dal 1995 a Sappada, luogo simbolo di conservazione della parlata locale grazie ai suoi abitanti che per oltre un millennio l'hanno tenuta in vita e che ancora oggi è lingua d'uso all'interno di un curioso panorama di plurilinguismo.
Il dialetto come veste linguistica di una comunità, specchio delle sue radici profonde, testimone prezioso di un mondo che sta scomparendo, ma che, in realtà, fa ancora parte di noi e conserva la nostra identità. L'intervento di Andrea Zorzan, vicentino, da poco laureato all'università di Padova, ha affrontato, con una tesi dal titolo Fra italiano e dialetto: variazione all'interno del repertorio linguistico di Vicenza città, un argomento oggi di grande attualità: la progressiva perdita del dialetto fra le giovani generazioni. «L'indagine, svolta a Vicenza città fra il 2008 e il 2009, aveva come scopo quello di indagare una particolare categoria di parlanti, i "Parlanti Evanescenti". Queste persone - ha spiegato Zorzan - pur avendo dei genitori dialettofoni, che hanno nel dialetto vicentino la propria lingua materna, sarebbero in grado di parlare solo in italiano. Come mai?».
«Dalle ricerche - ha ipotizzato - sembrerebbe che i genitori di questi parlanti evanescenti abbiano deciso di insegnare ai propri figli solo l'italiano, varietà linguistica considerata socialmente più prestigiosa». L'indagine condotta da Zorzan si è posta lo scopo di valutare, in modo particolare, quale fosse la capacità di questi parlanti evanescenti di capire il dialetto vicentino e di parlarlo. «Molti degli intervistati, pur non essendo riusciti a venire a contatto con il dialetto in famiglia, sono riusciti a riappropriarsi della varietà locale frequentando nonni e coetanei (dialettofoni) della provincia. L'italiano, però, non interferisce nel parlato dei soli parlanti evanescenti: alcuni hanno dimostrato una competenza non perfetta facendo confusione con alcune norme linguistiche proprie solo dell'italiano». In conclusione, «pur trattandosi di casi isolati questo proverebbe come lo stretto legame oggi esistente tra italiano e dialetto possa generare qualche caso di interferenza addirittura nei parlanti nativi. Il dialetto quindi, pur rimanendo una realtà linguistica importante, sarebbe oggi insidiato dalla similarità e dalla vicinanza della lingua nazionale».