NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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L’uomo che inventò lo slogan “la cultura ci fa ricchi”

di Gabriella Bertizzolo

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L’uomo che inventò lo slogan “la cultura ci fa ric

Dott. Zovico, lei, con tutta l'esperienza accumulata nell'analizzare un Nordest in tumultuosa trasformazione (dove l'aspetto delle città, delle campagne e della vita stessa cambia più velocemente della capacità delle persone di metabolizzare il nuovo orizzonte), avrebbe potuto facilmente scrivere un racconto da far confluire nella fortunata antologia "I nuovi sentimenti".
«Se c'è una certezza è che non ho talento per la scrittura. Il mio rapporto con la Marsilio nasce in realtà da altro. Sono entrato in Marsilio, oltre che per le mie competenze specifiche, perché c'era e c'è una fortissima sintonia culturale con l'Editore, il prof. Cesare De Michelis. Marsilio rappresenta un esempio positivo in un territorio che produce molte più idee ed imprese culturali di quanto si pensi. Marsilio era ed è un laboratorio di produzione di idee e di leadership culturale che non ha eguali nel Nordest e oramai pochi anche in Italia. In questo senso Marsilio aiuta tutto il Nordest a "pesare" a livello nazionale. Torino pesava in questo Paese quando aveva la Fiat, l'Einaudi, e la Stampa. Milano pesa perché ha il Corriere ed in generale la Rizzoli, Mondadori e Fininvest.. Nel Nordest abbiamo la media impresa diffusa, la Marsilio, ma manca del tutto un quotidiano che valichi singoli territori provinciali. Dopo l'addio di Giorgio Lago al Gazzettino, infatti, nessuno dei quotidiani esistenti svolge quel ruolo di leadership di cui ci sarebbe bisogno. Il Nordest tornerà a pesare non quando avrà sei ministri invece di tre, ma quando avrà molte case editrici forti e almeno un quotidiano che potrà dirsi nazionale. In questo senso sarebbe auspicabile che gli industriali veneti, costretti ogni giorno a protestare con Roma per avere infrastrutture e attenzione, cercassero, per esempio, di riportare in Veneto la Neri Pozza e di costruire un forte quotidiano del Nordest. Sono questi gli strumenti che oggi determinano la detenzione della leadership. Poi servono anche i ministri, ma come ci ha insegnato l'esperienza di questi anni, se non hai leadership culturale, non hai nemmeno leadership politica».

Lei, infatti, ha recentemente asserito che il problema più grosso nel sistema veneto è la mancanza di raccordo fra mondo imprenditoriale e mondo accademico, dove l'università italiana è burocratizzata, poco duttile, esattamente il contrario del capitalismo veneto. Come pensa si possa risolvere questa impasse?
«Sono molto pessimista sul sistema della formazione. Anche la lodevole iniziativa dei Rettori veneti per dar vita ad una Nordest University mi appare più motivata dalla ricerca di nuove risorse (in questo caso dalla Regione Veneto) che da una reale volontà di eliminare doppioni di sedi, di corsi, etc. Mi auguro di sbagliare e di essere smentito a breve da una qualche iniziativa in cui si chiudano sedi universitarie come Vicenza o Portogruaro e si riportino le sedi nelle due-tre università che hanno un minimo di senso. Se non si comincia da lì non si potrà sviluppare eccellenza e trovare risorse per progetti che possano coinvolgere le aziende. Del resto perché Dainese sviluppa i suoi progetti con il MIT di Boston e non con l'Università di Padova? Ma anche il mondo delle imprese deve smettere di chiacchierare di rapporto con l'università e la ricerca senza fare nulla di concreto, a partire proprio dalle concentrazioni e razionalizzazioni. Le Camere di Commercio di Padova e Treviso hanno entrambe messo in piedi dei corsi di design industriale. Mi chiedo che senso abbia mettere in piedi nella stessa città (Padova e Treviso nei fatti sono ormai con Vicenza e Venezia un'unica città) due corsi di design industriale di medio livello... Noi qui abbiamo una Business School come il CUOA e a Trieste ne abbiamo una come il Mib che messe assieme attraverso un'unica fondazione potrebbero dar luogo ad una potente Business School del Nordest invece che a due medie Business School di provincia. Insomma, spetta anche alle categorie economiche mettere le mani seriamente sul mondo della formazione facendo possibilmente quello che chiedono facciano gli altri soggetti pubblici ed istituzionali».
Dott. Zovico, alla luce di quanto detto dall'economista Innocenzo Cipolletta "gente felice in un Paese infelice non resiste a lungo", che cosa lei deve al Veneto e che cosa il Veneto deve a lei?

«Il Veneto a me non deve proprio niente. Al Veneto io, come ognuno di noi, credo di dovere molto. È una regione che, con i suoi pregi e difetti, è una delle aree più belle, interessanti, umane e dinamiche del mondo. Nella prima edizione del Festival delle Città Impresa, l'avevamo chiamato "il paesaggio della felicità". Il Veneto, nel suo sentire diffuso e con la sua tradizione culturale ti insegna fondamentalmente tre cose: la prima è che ogni risultato è frutto di lavoro e tenacia; la seconda che bisogna saper contare su se stessi, sulle proprie forze ed energie, ma in un rapporto di relazione e solidarietà con gli altri; la terza che bisogna abbeverarsi alle radici ed alla tradizione della nostra terra con lo sguardo sempre aperto sul mondo e sugli altri».
Che cosa significa per lei "avercela fatta"?
«Significa realizzare una parte di un piccolo sogno. In questo senso penso che noi "dobbiamo farcela" tutti i giorni. Ogni passo in avanti è importante. E bisogna soprattutto avere pazienza. Perché più un sogno è grande, più tempo e pazienza richiede. E per vedere un risultato nella vita di un territorio (o di una impresa) ci vogliono anni. Quanti anni ci ha messo Renzo Rosso a rendere Diesel un brand mondiale? Tanti.... E se ne ha impiegati tanti lui che è un genio, figuriamoci noi...».
Quali imprenditori della nostra terra - oltre al "genio" Renzo Rosso - incarnano profondamente lo spirito "globalista"?
«Nel settore dei vini vanno sicuramente citati Sandro Boscaini della Masi ed il più giovane Gianluca Bisol. Loro sono imprenditori davvero straordinari che hanno costruito aziende e fortuna partendo dai valori del territorio per diffonderli su scala globale. Marco Paolini è un altro imprenditore culturale (lo voglio definire così, oltreché artista) che interpreta al meglio quei valori. I fratelli Manfio, che portano i "Cuccioli" nelle tv di mezzo mondo raccontando le storie di personaggi animati legati alla cultura veneziana lo sono certamente. Ma mi fermo qui... l'elenco potrebbe essere infinito...».
Alla domanda «Ce la farà a gestire tutti i suoi impegni?» Vittorio Sgarbi ha risposto: «Sono un uomo molto robusto». Posso rivolgere la stessa domanda a lei?
«Non sono certo Vittorio Sgarbi e quindi cerco molto più modestamente di fare quello che riesco. Ma, quello che vorrei sottolineare, è che quel poco che ho contribuito a costruire è frutto dell'ingegno, della passione, del tempo di decine e decine di amici che assieme a me lavorano per realizzare i diversi progetti sui quali ci impegniamo. Nulla di tutto quello che, anche con la mia collaborazione, è stato realizzato, sarebbe stato possibile se decine e decine di imprenditori, liberi professionisti, giornalisti, uomini delle istituzioni e intellettuali, non avessero convenuto che su queste idee valeva la pena perdere del tempo per contribuire a realizzarle. Tutto quello di cui abbiamo parlato (la rivista, il Festival, la candidatura a capitale europea della cultura, il meeting, le decine di convegni che realizziamo) sono frutto dell'impegno civico e della passione di centinaia di persone che non hanno altro scopo che contribuire a migliorare questo territorio. E questo mi sembra una cosa straordinaria, una sorta di opera d'arte collettiva».

 

nr. 29 anno XV del 31 luglio 2010

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