NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Quando la cultura ha una logica… diversa

Matteo Quero replica all’assessore Lazzari che ha bollato come “concertini” gli appuntamenti di un anno fa a Campo Marzo. “Non parliamo di cultura di qualità ma di logica politica”

di Luca Ancetti
ancettil@tvavicenza.it

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Quando la cultura ha una logica… diversa

A distanza di 12 mesi la programmazione culturale estiva a Campo Marzo ha subito un'autentica rivoluzione. Non una necessità imposta dai tagli di bilancio, quanto una autentico cambio di indirizzo politico e nello scorso numero della Domenica di Vicenza l'assessore Francesca Lazzari ha spiegato i motivi di questo radicale cambio di rotta e non ha risparmiato critiche alle scelte di un anno fa che avevano visto nelle vesti di "promotore culturale" Matteo Quero, esponente del PD come la Lazzari per un paio di mesi assessore alla cultura di Vicenza poi dimessosi a seguito di un episodio di cronaca che lo aveva visto protagonista. Così l'ass. Lazzari ha bollato la stagione di Campo Marzo firmata Quero: «La logica dell'anno scorso ha prodotto una quantità eccessiva di concertini, per lo più di scarso valore artistico e con una frequentazione di pubblico di qualche decina di spettatori, nonostante l'ingresso gratuito agli eventi. Numeri decisamente negativi, se paragonati allo sforzo organizzativo ed economico profuso».

Non è stato facile convincere Quero a rompere un silenzio che dura da tempo perché dal giorno della sua uscita forzata dalla giunta non ha più accettato di commentare scelte o iniziative che coinvolgessero l'amministrazione di Vicenza. Siamo venuti a patti, non una intervista con l'obiettivo di suscitare polemica, di creare un caso politico ma semplicemente un colloquio su idee e progetti che lo scorso anno si sono concentrati, anche in forza di collaborazioni di privati, enti e associazioni, intorno a Campo Marzo.

Quero, quale logica ha sovrinteso all'iniziativa rivivi Campo Marzo?

«Vede direttore, noi siamo partiti da una constatazione, ossia che Campo Marzo si presentava come un luogo abbandonato dai cittadini e quindi ci siamo posti un obiettivo, quello di far resuscitare l'interesse della gente verso questa area. La strada non poteva che essere quella di farlo diventare "interessante", quindi da qui la scelta di vestirlo da grande contenitore, deputato ad ospitare attrazioni di vario genere. Di conseguenza è nata l'idea di renderlo appetibile a diversi tipi di fruitori e in differenti orari, ecco giustificata la scelta di realizzare delle aree per la sgambettatura dei cani, di allestire un punto biblioteca, di dotare il parco di sistema (copertura) wi-fi e di creare un'arena di eventi, sfruttando un anfiteatro naturale nella zona ovest del parco, che peraltro è l'ala che dava maggiori problemi dal punto di vista dell'ordine pubblico e del degrado ambientale. Tutte queste attenzioni dovevano veicolare un messaggio semplice ma efficace: «A Campo Marzo c'è tutti i giorni qualcosa» per cui vale la pena inserirlo nel proprio itinerario quotidiano. Su questa logica l'amministrazione comunale e il sindaco in prima persona si erano mossi. Non ci sono dubbi che questa logica rappresenti una ben precisa idea politica di città, che peraltro si ritrova anche nelle linee programmatiche di Variati, dove la voce cultura appare sotto il titolo "Vicenza città aperta". In questa definizione personalmente mi ritrovo completamente, perché sintetizza il programma alternativo che questa amministrazione di centrosinistra ha proposto ai cittadini, con l'obiettivo di creare una città inclusiva, dove "nessuno si senta escluso". Questa filosofia di azione amministrativa, questa base politica di governo della città hanno ispirato il progetto Campo Marzo. È grazie a queste premesse che abbiamo ottenuto 50mila euro dal Ministero della Cultura, che abbiamo convinto privati, associazioni di categoria, banche ed enti a dare contenuto e concretezza ad una serie di idee».

Quero, venendo specificamente a parlare del tipo di spettacoli scelti quest'anno, differenti non solo nel numero, lei individua una diversa idea di città?

«Leggo che oggi la linea da seguire è quella di una cultura di qualità, è una scelta legittima, indubbiamente diversa da quella che ha ispirato il cartellone dello scorso anno. Alle spalle evidentemente oggi c'è una visione della cultura come "luogo alto", tipica di una parte della sinistra, che, detto con franchezza, non mi rappresenta, perché tende inevitabilmente, anche se non volutamente, ad escludere qualcuno. Io penso che proprio questa logica ha portato via la gente dalla piazza e l' ha fatte finire a guardare la televisione, con tutte le conseguenze, rilevate da politologi e illustri studiosi del fenomeno Berlusconi».

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