NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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“Il giardino dei ciliegi”: opera prima sulla storia di una bambina adottata

di Gianni Giolo
giolo.giovanni@tiscali.it

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“Il giardino dei ciliegi”: opera prima sulla stori

La città del Palladio

Ritornato dal lavoro Matthieu, un architetto appassionato delle opere del Palladio, cerca di festeggiare con una cenetta al lume di candela il compleanno anche se Amaranta non riesce a nascondergli la propria inquietudine. Prima di uscire la protagonista, profondamente religiosa, si bagna la fronte con l'acqua di Lourdes che la sorella Emma le aveva dato prima che se ne andasse da Vicenza. Deliziata dalla bellezza di Parigi, dall'imponenza di Notre-Dame all'acqua della Senna rischiarata dalle luci dei palazzi e dal chiaro di luna, non può non pensare alla sua Vicenza, a piazza dei Signori con la Basilica del Palladio, al teatro Olimpico e alle sue colline dove era cresciuto e aveva trascorso momenti indimenticabili. Ripensa alla sua infanzia felice e spensierata, presa da mille giochi diversi e dalle corse sui prati con la sorella Emma, con il cane Rolff e il gatto Ginger, circondata dall'affetto dei suoi genitori adottivi che si erano sempre rifiutati, forse per proteggerla, di dirle la verità sui suoi genitori naturali.

 

L'orfanatrofio di Rio de Janeiro

Per questo Amaranta aveva voluto andare all'orfanotrofio di Santa Maria di Rio de Janeiro dove sua madre l'aveva lasciata dopo averle appeso al collo la collanina della Madonna. Lì aveva saputo che i suoi genitori erano morti. Sua madre era emigrata in cerca di fortuna a New York da Lefkada, una piccola isola di Corfù, dove aveva conosciuto Carlos Riviera, un carioca di Rio de Janeiro che l'aveva ricondotta nella sua città natale, dove però era morto per un incidente sul lavoro e sua madre Athina Christopoulos era morta all'età di 33 anni, lasciando la figlia all'orfanotrofio con la promessa che sarebbe stata adottata da una buona famiglia che le desse quell'amore che lei non aveva potuto darle. Prima di abbandonare la figlia chiese che il suo nome Amaranta non fosse cambiato perché era il nome di sua madre e perché significava "fiore che non appassisce mai".

 

Ritrovare le proprie radici

Amaranta aveva bisogno di conoscere se stessa, le proprie origini, le proprie radici e il proprio significato della vita e per questo, dopo il viaggio in Brasile, si era stabilita a Parigi lontana dai suoi genitori adottivi che l'avevano profondamente ferita e dai quali si sentiva tradita. Ma l'amore di Matthieu e un fortunato viaggio a Firenze la fanno rappacificare e conciliare con se stessa. In una fontana ritrova una monetina con la lettera A che lei vi aveva lanciata tanti anni prima quando vi era andata con i suoi genitori. Quella monetina aveva resistito al gelo dell'inverno e al calore dell'estate e al trascorrere degli anni. In quella monetina abbandonata che luccicava sul fondo dell'acqua Amaranta ritrova se stessa, il suo destino e il suo desiderio di tornare a casa, a Vicenza. Quando apprende di attendere un figlio vuole ritornare nella sua città per dare alla luce una bellissima bambina che, come sua madre si chiamerà Athina. «Le mie origini in Brasile erano importanti - conclude Amaranta - ma lo era anche la mia vita a Vicenza. Come avevo potuto rinnegarla? Ciò che in un primo momento mi era sembrato fasullo, ossia tutti gli anni in cui ero cresciuta ignorando la verità sulla mia adozione, era reale quanto la mia nascita a Rio. Non si era trattato di un inganno. Sentii che era arrivato il momento di rimarginare le ferite del passato. Finalmente avvertivo che dentro di me c'era una forza nuova, una forza che neanch'io sapevo bene da dove venisse: la forza dell'amore che, come nonna Ester diceva sempre, "vince su tutto"».

 

nr. 30 anno XV del 28 agosto 2010

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