NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Al via gli spettacoli all’Olimpico con l’Oreste di Euripide in greco moderno

di Mario Bagnara
mario.bagnara@fastwebnet.it

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Al via gli spettacoli all’Olimpico con l’Oreste di

La trama

 

Il dramma si svolge ad Argo, davanti alla reggia degli Atridi. In primo piano i due fratelli Elettra ed Oreste che, sei giorni dopo il matricidio di Clitemnestra, commesso per vendicare l'onore tradito del padre Agamennone, sono in trepidante attesa del processo intentato dagli Argivi. Particolarmente toccante e insolita la figura di Oreste che ha perso la sua tradizionale eroicità, «Consunto - così traduce A. Tonelli per l'edizione dei classici tascabili della Marsilio- da un morbo feroce... tormentato dal morbo del rimorso», anche se l'azione delittuosa gli è stata imposta dal dio Apollo; allo zio Menelao, ritornato nel frattempo insieme con Elena, appare come «un animale selvatico... sfigurato». Inutile però per i due fratelli sperare nell'aiuto di Menelao che, anche in questa tragedia, mostra tutta la sua viltà: «Un infame... una canaglia con i suoi cari» che «non ha mai avuto la tempra dell'eroe: dispiega il suo valore solo se si tratta di femmine», così lo tratteggia Oreste, quando si rende conto della sua incapacità ad opporsi al vecchio Tindaro, padre di Clitemnestra, sopraggiunto per ottenere giustizia. Ma in soccorso suo e della sorella Elettra, ormai rassegnata alla sorte, sopraggiunge il vero amico, Pilade che, ritenendosi anche complice della colpa commessa, lo aiuta nel riscatto eroico. A nulla servono le motivazioni di Oreste davanti all'Assemblea argiva, opportunamente manovrata da bravi oratori che sono chiara espressione della democrazia corrotta; i matricidi vengono così condannati al suicidio, ma prima, con l'aiuto determinante di Pilade, attuano la loro vendetta su Menelao.

È il miracolo dell'amicizia: Oreste accanto all'amico ritorna ad essere un vero eroe. Insieme stanno per uccidere Elena (che però improvvisamente scompare) e prendono in ostaggio sua figlia Ermione. Menelao, per punire gli assassini della moglie e salvare la figlia, assedia la reggia in cui essi si sono asserragliati. Oreste, dopo aver cercato un compromesso con Menelao, inaspettatamente dà fuoco al palazzo. Impossibile una conclusione "umana" a questo punto di complicazione che non è immune da qualche risvolto comico (rappresentato soprattutto dallo schiavo frigio che, dopo il racconto concitato di quanto non è stato possibile rappresentare sulla scena, con il suo barbarico balbettio invoca pietà).

Ecco allora l'intervento finale di Apollo deus ex machina che, sovvertendo ogni pianificazione dei protagonisti, annuncia l'assunzione il cielo di Elena e impone le nozze di Oreste con Ermione e di Pilade con Elettra: «Accoppiamenti fortuiti - commenta Dario Del Corno - che non trovano ragione nelle premesse della vicenda... Questi matrimoni simulano di ricostituire un microcosmo familiare, dopo l'estrema dissoluzione prodotta dall'agire degli uomini, che non è tanto irrazionale quanto casuale, suggerito dall'impulso del momento».

Da questi pochi cenni al contenuto appare abbastanza evidente quanto l'Oreste del pessimista Euripide non solo rifletta bene l'epoca della sua composizione, in particolare la crisi politica e sociale del mondo greco alla fine del V secolo

 

a. C., ma anche, nello stesso tempo, offra spunti di grande attualità. Proprio per questo è particolarmente atteso il debutto all'Olimpico.

Riuscirà a fornire qualche indicazione utile a chiarire la querelle ripresa nell'intervista che nell'ultimo numero di questo giornale Giuseppe Brugnoli ha fatto a Fernando Bandini, Presidente dell'Accademia Olimpica?

 

nr. 31 anno XV del 4 settembre 2010

 

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