NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Nell’ultima opera di Tomaso Franco il dolore, la morte e la speranza

di Gianni Giolo
giolo.giovanni@tiscali.it

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TOMASO FRANCO

Tutto è terra

Con un tono biblico, che richiama la Genesi, Franco constata che tutto è terra, polvere e tutto sarà reso alla terra, anche la nostra vita che alla fine ci accorgeremo essere passata attraversando plaghe di nebbiosi silenzi: «Quante cose, persino amici vivi, / non sapranno che abbiamo / lasciato la terra. Abbiamo vagato / anche seminando tutte le cose / che ci hanno accompagnato, aiutato / e anche offeso. Le cose / hanno sempre dormito e i vivi / riposato, pigri, finché ogni morte / anche di amici cari / passava silenziosa nella nebbia».

La vita ormai non guarda più al futuro ma al gorgo profondo del passato: «Nel pozzo dei ricordi / si fiaccano già gli eventi vivi / di domani. Nel frattempo / mi precipitano al fondo / i fatti storici. La storia spaventa. / Spariscono laggiù la donna, / la fanciulla, l'amico, il cane. / Li amai, ma il pozzo ha atteso. / Domani dunque... dicevamo. / Senza capire né immaginare / lasciano svolazzare al fondo / tutto ciò che non si sa / né oggi né domani. / Come si muore - detto senza pànico - / come si conduce e si resta / così a lungo in vita? / senza felicità né fede. / tutto svolazza giù. / Domani dunque... dicevamo?».

 

Un nuovo personaggio, Satana

Nell'ultimo Franco troviamo un nuovo personaggio che non era mai comparso nella sua poesia precedente: Satana, il padrone di questo mondo deformato e osceno, che egli si diverte a «torcere, unghiare, / farne uscire fuoco e morte / da voragini, antri e pertugi». Un Satana che diventa simbolo del rapido e rapinoso scorrere della vita, un Satana manicheo che si sostituisce a Dio nel suo essere male e autore della infelicità e della precarietà della vita umana: «È tutto impreciso attorno / all'albero vecchio del pensiero. / Vorremmo una pungente sera / che facendosi notte perforasse / i dubbi e rivelasse "così fu sempre / così domani e sempre", / l'abete sperduto ad alta quota, / coi bubboni e le cortecce arricciate, / la sorgente col tubo tappato / dalle foglie marce e l'acqua / che tracima, intorno tutto incerto. / Ma dal prato di mio figlio è nato / un noce puro e cresce, cresce. / Così domani? Così fu sempre».

La scrittura di Franco va al di là di ciò che consente la "coscienza", non si permette alcun giudizio e tanto meno alcun appello morale: può soltanto costatare l'epifania di un'esistenza, che ha conosciuto gioie e tremori, delusioni e naufragi, ma che nello stesso tempo propone lontane speranze e luci misteriose: «Mi risveglio, mi alzo in piedi / malamente; friabile / come sassi macinati / La barca dei pensieri incapaci / salpa ma tra le onde delle esitazioni / rischia naufragio. // Piangerò come un misterioso / amore perduto. Eppure / il mio Angelo mi aveva dato la chiave, / che apriva la porta / di un mondo e luminoso».

 

nr. 32 anno XV dell'11 settembre 2010

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