NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Cristicchi per il dal Molin parla di soldati mandati allo sbaraglio

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Cristicchi per il dal Molin parla di soldati manda

Nella tua ricerca delle tradizioni popolari, cerchi di riportare in scena emozioni di chi certe cose le ha vissute. Come si fa a far capire e far rivivere certe sensazioni legate a tradizioni non vissute direttamente, soprattutto senza l'ausilio di certi effetti speciali? anche se c'è da dire che questo è un testo molto efficace.

«Si, in effetti, è come assistere a un film. Questo perché Elia Marcelli nella vita ha fatto anche il regista e ha costruito questo racconto come se fosse un film, con attenzione ai dettagli: è come se in certi momenti zoomasse su qualcosa e lo andasse a descrivere da vicino. Questo è l'occhio del regista: anche il modo in cui il racconto è stato diviso in capitoli. Sono episodi concatenati tra loro».


Sì, è come se fossero i rulli della pellicola che finiscono e si riprende il discorso con un altro rullo. Nel cinema e nella musica però si comincia a non parlare più di realtà storiche legate a generazioni precedenti. Si cerca di trattare l'attualità. Come si fa a rimanere immuni da una certa retorica sia di destra che di sinistra?

«Secondo me quando dietro c'è ricerca e un impegno non fine a se stesso, quando si lavora ad un progetto con amore. Io, per esempio, ho deciso di intraprendere questo progetto perché lo sentivo molto: mio nonno fu uno dei pochi a tornare dalla Russia e il fatto che lui non mi abbia mai raccontato nulla di questa esperienza, ha accresciuto in me la voglia di saperne di più. Questo mi ha portato a leggere decine di libri su questo argomento. Quindi, forse, l'ingrediente è proprio questo. Anche con il Coro dei Minatori di Santa Fiora raccontiamo la miniera, l'epopea dei minatori da un punto di vista particolare, come anche in "Li romani in Russia", perché di questa storia sono stati scritti centinaia di libri e anche dei capolavori come "Il Sergente nella neve" di Rigoni Stern. È proprio il raccontare una vicenda da un punto di vista particolare, altrimenti sarebbe una lezione di storia: la forza di questo spettacolo è che a parlare sono quelli che hanno fatto la storia ma che non finiscono sui libri».

Tu sei uno dei giovani cantautori più apprezzati sia dal pubblico che dalla critica, hai vinto tutti i premi che si possono vincere in Italia, tra cui la Targa Tenco, Sanremo, il Premio Mogol, il Premio Mia Martini e tanti altri. Come l'esperienza musicale arricchisce quella teatrale e viceversa?

«Il monologo di stasera è la forma più difficile da portare in teatro, perché è tutto sulle tue spalle: devi riuscire a trattenere l'attenzione del pubblico completamente da solo. In questo la musica mi ha aiutato, perché il monologo è un'orchestrazione: nella musica classica si deve orchestrare e dare una dinamica alla musica che si dirige, in più questo è un monologo corale,perché ci sono tanti personaggi. Credo che il mio essere musicista mi abbia aiutato a calibrare bene la tonalità espressiva, spingere o meno con la voce in alcuni momenti. Il teatro con la musica c'è sempre stato perché i miei concerti non sono concerti "classici" con una canzone dietro l'altra, sono dei contrappunti a qualcosa di parlato, molto Gaber-Luporini, che reputo il mio punto di riferimento per quanto riguarda gli spettacoli dal vivo».

Secondo te, un artista che compito o responsabilità ha nei confronti della gente?

«Dipende dall'artista: ognuno sceglie di fare questo mestiere per un motivo diverso dall'altro. Chi interpreta la musica come semplice intrattenimento o un sottofondo da ascoltare al supermercato o dentro a un ascensore...».

Alla Brian Eno.

«Eh sì, oltre ai suoi capolavori. Quindi secondo me dipende da chi c'è dietro la musica e alle opere che fa. Io, personalmente, sono sempre stato attento ad alcune cose ma non perché voglio fare "quello attento al sociale", l'ho fatto perché dentro di me ho bisogno di capire e di interrogarmi e in questo modo, con la mia musica, posso generare delle piccole riflessioni negli altri e riflettere insieme. Certe mie canzoni hanno creato scompiglio e dibattito in questi anni e ne sono contento perché vuol dire che non sono rimaste indifferenti alle persone. Io credo che nel mio caso sia un mezzo per comunicare con gli altri e discutere insieme di quello che accade nel mondo. Se vedi nei miei album ci sono forse due canzoni d'amore in tutti e tre gli album ma non perché io schifi la tematica ma perché dopo un po' ci rompiamo a sentire sempre le stesse cose. Poi ci sono anche cantautori che ci marciano perché hanno scoperto che quella è la chiave per vendere più dischi. Io, in questo modo, faccio una vita che mi soddisfa, che mi rende orgoglioso di poter girare l'Italia con i miei 4 spettacoli contemporaneamente e sono felice così, senza magari raggiungere numeri da stadio».


(foto di Cristina Bordin)

nr. 32 anno XV dell'11 settembre 2010

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