Seducente Favretto, con quella sua pittura dai molti sapori, intimistici o scenografici, elargiti e sempre governati da una brillante tavolozza!
Rompendo un silenzio secolare, Venezia dedica finalmente al Museo Correr, per la cura di Paolo Serafini, una consistente retrospettiva all'artista vissuto meno di quarant'anni nel secondo Ottocento, il quale in pochi decenni firma opere estremamente significative dell'arte lagunare in cammino evolutivo verso la modernità e fuori dai lacci di tanta tradizione ingessata e stucchevole.
Giacomo Favretto nasce nell'agosto 1849 a Venezia, nella parrocchia di san Pantalon, ed è ancora bambino quando la famiglia si trasferisce in Santa Maria Mater Domini, in una casa di proprietà dei conti Zanetti: una delle buone occasioni toccate in sorte al piccolo Giacomo, nato povero e gracile, cui però la Fortuna è prodiga di talenti e incontri favorevoli. Il primo avviene nell'abitazione del pittore Francesco Vason, dove il ragazzino accompagna il padre falegname e dove in seguito si recherà regolarmente, per apprendervi con i figli del Vason i rudimenti del disegno. Più tardi sarà invece casa Zanetti a fornirgli importanti spunti di studio, con la collezione di dipinti ed incisioni che Giacomo si esercita a riprodurre con passione e zelo, confortato dalla benevolenza del conte, che lo appoggia sin dagli esordi. Lo stesso Zanetti, con l'imprenditore Ambrogio Pellanda ed altri amici, sostiene economicamente il giovane durante gli studi all'Accademia delle Belle Arti, consentendogli un avvio sereno sul sentiero della pittura; le doti naturali di Favretto maturano rapidamente, sicché non tardano i riconoscimenti, anticipo dei successi che gli arridono in tutta la sua breve esistenza.
La mostra GIACOMO FAVRETTO, Venezia, fascino e seduzione, dà finalmente atto all'artista d'essere pennello di speciale rilievo. Enucleando molti suoi dipinti dal contesto delle mediocrità che certo non mancano nella Venezia del tempo, ne segue i passaggi espressivi con accuratezza filologica, mettendolo anche a confronto con alcuni artisti che gli sono maestri, Pompeo Molmenti, Domenico Bresolin, o compagni di strada come Luigi Nono, suo coetaneo, e con Guglielmo Ciardi, maestro del paesaggio insieme al quale Favretto compie un viaggio a Parigi nel 1878, in occasione dell'Esposizione Universale cui partecipa egli stesso.
Nella produzione giovanile dominano le rappresentazioni d'interni e i ritratti, singoli e di gruppo. Tra questi, accanto alla Famiglia Ghidini, dall'armonica impostazione classica, spicca la spontanea scioltezza de I miei cari, opera intrisa di pacatezza sentimentale, in dialogo sommesso con il parco variare dei cromatismi. Il quadro offre un breve spaccato di vita familiare: il padre Domenico Favretto, forse appena rientrato dal lavoro,- secondo l'annotazione dell'ombrello casualmente appoggiato al divano,- sta leggendo il giornale, mentre accanto a lui la figlia sembra giocherellare con il cucchiaino nella tazzina di caffè. È un momento di quotidianità irrilevante, addirittura banale; eppure, vi è una tale freschezza narrativa, un'abilità del pennello nei morbidi passaggi di tono, nell'imprigionare i punti luminosi o i minuscoli perfetti dettagli, che il piccolo ritaglio di una giornata qualunque supera felicemente se stesso e il genere cui appartiene. Non è da meno La moglie gelosa, in cui Favretto conduce un sottile gioco di sguardi lungo l'ideale traiettoria che articola l'ambiente in primo piano al successivo, legando insieme i soggetti, la moglie, il pittore e la modella, imbrigliati dai riverberi di luce in un suggestivo unicum pittorico. E ancora pregevole La raccolta del riso nelle terre del Basso Veronese, raro esempio di pittura en plein air del nostro artista, che vi riecheggia la macchia in un perfetto nitore di colori smaglianti.