"Rumor non avrebbe mai fatto leggi ad personam. Rumor era talmente corretto e rispettoso degli interessi del paese da essere stato abbandonato anche nel ricordo dalla classe dirigente che è venuta dopo di lui perché lo statista vicentino rappresenta un modello che non si poteva più praticare. Lui era per il rigore e non per la politica populista che viene attuata oggi. Rumor è stato un modello di politica di assoluto disinteresse, politica che si era opposta all'autoritarismo e alla politica accentratrice e assolutista di Fanfani, che nel partito voleva comandare solo lui. I dorotei sono stati proprio quei giovani che si sono ribellati a Fanfani. De Gasperi aveva rotto con Dossetti. La rottura avvenne quando De Gasperi, nel suo quarto governo del 1947, composto da soli democristiani e da esperti come Einaudi e Sforza, aveva accettato solo Fanfani nella compagine di governo, escludendo Dossetti, Lazzati e La Pira. Allora i giovani che seguivano Dossetti e che facevano parte della comunità cosiddetta del "Porcellino" si arrabbiarono duramente con De Gasperi, il quale chiamò Rumor, con cui aveva un rapporto di amicizia e di simpatia, e gli disse che in quella maniera non si poteva più andare avanti. Dossetti, resosi conto che nel partito non avrebbe potuto più fare nulla, chiamò Rumor e gli disse: «Ora tocca a te continuare la mia eredità politica. Io invito i miei amici della comunità del Porcellino a seguirti. Tocca a te far da ponte fra De Gasperi e la nuova generazione».
Così ci dice Lorenzo Pellizzari, presidente della Fondazione Mariano Rumor, leggendo il libro delle memorie di Rumor (1943-1970) e parlando della prima Repubblica. Questa è la differenza fra la politica della prima Repubblica, nella quale i politici facevano gli interessi del paese e oggi in cui i politici fanno i propri interessi. «La prima Repubblica - dice il presidente - è quella che è partita con il risanamento dell'economia negli anni Cinquanta, con la politica moderata di De Gasperi e la politica delle riforme, mentre l'Italia risorgeva industrialmente, diventando la settima potenza produttiva del mondo. Nel 1974 ai tempi di Rumor eravamo al settimo posto e avevamo superato nella ricostruzione economica gli altri paesi. La prima Repubblica è quella di De Gasperi-Fanfani-Rumor e Moro del primo periodo che ha creato il miracolo economico, risanato economicamente e democraticamente il Paese. Si può parlare di secondo Risorgimento, e questa politica economica è stata fatta senza intaccare le finanze pubbliche. Ai tempi di Rumor il debito pubblico era del 47 per cento, mentre oggi è del 115 per cento. Rumor ottenne questo risultato senza intaccare le finanze pubbliche, perché a mano a mano che provenivano le entrate dal risanamento dell'economia e dal rafforzamento della base industriale, attraverso la piccola e media industria, si attuavano le riforme necessarie al paese. Questo è avvenuto nel periodo doroteo. Rumor, nel discorso inedito che fece alla festa dell'Amicizia del 18 aprile 1985, rivendicava con orgoglio la funzione storica nella società italiana della famosa corrente dorotea che lui aveva fondato nel lontano marzo del 1959 nel convento romano di Santa Dorotea.
In quell'occasione i giovani avevano fermato lo strapotere di Fanfani. Rumor rivendicava le tante riforme, che hanno fatto diventare l'Italia una potenza mondiale. Ripeto, senza intaccare il bilancio. Il bilancio è stato intaccato dopo, con la politica, per esempio dei pensionati-baby, quando si poteva andare in pensione a 30 oppure a 32 anni. Rumor costituisce quindi un modello per l'attuale governo che ha un debito pubblico così alto, come aveva l'Italia al tempo delle guerre coloniali e della prima e seconda guerra mondiale. La politica di Rumor, viste le statistiche, è stata una politica di vero Risorgimento e di risanamento della finanza pubblica. Successivamente per motivi vari, magari in buona fede, per dare di più a chi aveva meno, con una politica superficiale e spregiudicata, siamo arrivati ai disastrosi risultati odierni, perché adesso non siamo più liberi di governare per il semplice fatto che l'Europa ci mena per mano. Ora i sacrifici ci vengono imposti dall'Europa, altrimenti ci cacciano. E quindi se Tremonti dice che l'Europa ha approvato la nostra politica finanziaria, vuol dire che l'Europa adesso vede nella politica italiana un fatto positivo, sempre pericoloso, ma un fatto positivo».
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