NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Nel primo libro di Virginia Dalla Pozza la storia di un rapporto d’amore a Parigi

Intervista all’autrice sull’opera “Il giardino dei ciliegi”, romanzo che non ha modelli creativi, ma che tratta in profondità le tematiche concernenti i diritti dei bambini, in un ambientazione che va da Vicenza alla capitale francese

di Laura Campagnolo

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Nel primo libro di Virginia Dalla Pozza la storia

Una laurea in Giurisprudenza, un Master presso l'Università di Edimburgo e un'attenzione sensibile rivolta al mondo dell'infanzia, ai diritti della famiglia e dei minori, spesso calpestati da una società sorda alle loro richieste di aiuto. Virginia Dalla Pozza è una giovane scrittrice vicentina, al suo primo impegno letterario, ma con alcuni progetti nel cassetto; emotiva e passionale, proprio come la protagonista del suo romanzo.  

Qual è la storia di questo suo primo libro?

«"Il giardino dei ciliegi" narra la storia di Amaranta, una giovane fotografa che vive a Parigi con il fidanzato da circa due anni. La sua vita è caratterizzata da un rapporto affettivo stabile e ed è allietata dalle bellezze della ville lumière. Tuttavia qualcosa dentro la tormenta: i ricordi, che Amaranta cerca in tutti i modi di scacciare dalla propria mente, riparandosi dietro una spessa corazza per non dover soffrire. Nonostante la ragazza tenti di ricostruirsi una nuova vita a Parigi, recidendo ogni legame con i suoi trascorsi e con la sua città, Vicenza, i fantasmi del passato la rincorrono, vanificando ogni suo tentativo di prendere le distanze dalla terra in cui è cresciuta. Una serie di circostanze imprevedibili riapre in lei vecchie cicatrici, ma al contempo risveglia nel suo cuore l'affetto per i luoghi d'infanzia. Dibattuta tra la nostalgia per i familiari e il rancore nei loro riguardi, Amaranta intraprende un percorso volto alla ricerca della propria identità. Questo cammino interiore è parallelo a un viaggio nel tempo e nello spazio verso mete lontane. A guidarla lungo il tragitto vi sono la fede e il profondo affetto che la lega alla sorella Emma». 

Ci può svelare il significato del titolo? 

«Ho scelto questo titolo "Il giardino dei ciliegi" perché ben rappresenta l'amore di Amaranta per la natura e, in particolare, per gli alberi di ciliegio. Nel mio romanzo il ciliegio rappresenta il simbolo di un'infanzia felice, come se questa pianta meravigliosa, dai frutti che appaiono palline di Natale agli occhi di Amaranta, la accompagnasse lungo le tappe della sua vita. Grazie al legame con le colline in cui è cresciuta, Amaranta si considera parte integrante dell'universo, si sente al sicuro, libera di esprimere se stessa e quei sentimenti che difficilmente riesce a manifestare a parole. La giovane vede negli alberi di ciliegio degli amici fidati, capaci di infonderle energia quando con le sue braccia esili cinge i loro fusti vigorosi e di offrirle un rifugio dal quale assaporare un indescrivibile senso di libertà. Scoprendo la bellezza dell'ambiente circostante, Amaranta scopre se stessa. Questo rapporto speciale con la natura le consente di preservare il suo istinto, istinto che la guida attraverso le vicissitudini della vita, facendole trovare la strada giusta».

A quali modelli letterari si è rivolta?

«A nessuno in particolare, mi lascio semplicemente trasportare dal flusso creativo. Soltanto se si è spontanei si riesce a comunicare il messaggio del proprio libro senza cadere in costruzioni letterarie che rischino di apparire artificiose agli occhi del lettore. Se si cerca la perfezione o l'imitazione di un modello letterario, quella sensazione sceme fino a scomparire. In qualità di lettrice, invece, prediligo i classici. Tra i miei autori preferiti vi é Jane Austen per la sua capacità di fotografare la società dell'epoca, offrendo un quadro delle convenzioni sociali e della loro ipocrisia con uno stile arguto e raffinato».

Quale morale si può ritrovare nel romanzo?

«La vita ci riserva prove più o meno grandi, non bisogna mai perdere la fiducia in se stessi, nei valori in cui crediamo, come il rispetto per la propria persona e l'amore per i propri cari. La vita non risparmia certo dalle delusioni, dai fallimenti, ma riserva anche gioie immense delle quali non potremmo accorgerci se abbandonassimo la speranza. Ho voluto, inoltre, sottolineare l'importanza della ricerca dell'identità personale. Il disperato bisogno d'identità di Amaranta si ricollega, nel libro, al diritto di ciascun bambino di crescere ed essere educato in quanto individuo unico e speciale. Ho enfatizzato tale diritto perché, a mio avviso, esso è messo a dura prova nella società contemporanea».

Si può dire che questo sia un romanzo autobiografico?

«Anche se vi sono tratti di Amaranta e dei suoi familiari simili al mio carattere e a quello delle persone a me vicine, la storia è frutto esclusivo della mia creatività. La magia della scrittura consiste proprio nel fatto che anche se si parte da un punto reale, poi, la realtà cede il passo all'immaginazione, di modo che il libro viva di vita propria. I personaggi che prima sono solo sulla carta diventano persone in carne ed ossa nella mente dell'autore. All'improvviso non è più lo scrittore a dettare le regole, ma il libro stesso che vuole prendere la sua direzione».

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