NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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La guerra dei cloni

di Pietro Rossi

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La guerra dei cloni

Nel 2008 l'industria dei farmaci generici in Italia era rappresentata da circa 48 aziende, di cui il 48% a carattere nazionale, localizzate (tra centri amministrativi e produttivi) su gran parte del territorio Italiano. La Regione che ospita il maggior numero di strutture è la Lombardia, con circa il 54% del totale; seguono il Lazio con circa il 10% e il Veneto con circa l'8%. I dati del penultimo rapporto Ceis rispecchiano la localizzazione dell'industria farmaceutica nel suo complesso ma le cifre già vecchie. Attualmente - ma i dati completi non sono ancora disponibili - in Italia ci sono infatti 72 industrie diverse che si occupano di farmacologia equivalente, che fanno cioè la stessa medicina prodotta prima da un'unica azienda. I cosiddetti generici, che possono essere sia da banco che prescritti. A noi interessano questi ultimi.

Nel 2009 in Veneto si è speso quasi un miliardo di euro lordi - il servizio sanitario ha sborsato 769 milioni, il resto è il ticket - in farmaci (generici e non) prescritti con 37 milioni di ricette. Rispetto al 2005 sono però aumentate solo le prescrizioni (più 23%, 7 milioni di ricette in più di 4 anni prima), in quanto il costo delle ricette a carico della Regione è diminuito dello 0,3%. Merito dei generici?

In termini relativi,cioè nella differenza di prezzo tra le scatole "griffate" e quelle che hanno la sola indicazione del principio attivo, le percentuali sono alte. E indicano una spesa nettamente inferiore. «Il meccanismo di risparmio è notevolissimo - spiega Alberto Fontanesi, presidente Federfarma provinciale - la diminuzione dei prezzi ha permesso al sistema sanitario dei risparmi sull'ordine del 12% all'anno negli ultimi tre anni, anche se c'è ancora una grossa percentuale di farmaco brand». Nel corso di quest'ultimo trimestre e del prossimo scadranno però molti brevetti e quindi ci saranno ulteriori prodotti da aziende di generici. Inoltre, le aziende vicentine sono quelle che già ora risparmiano più in assoluto, al di là della nuova linea Mantoan. «Fanno già parte dell'eccellenza pur avendo un alto livello qualitativo e la spesa è tra le più basse d'Italia», continua Fontanesi, sottolineando che gli equivalenti danno le medesime garanzie ai cittadini: «Come farmacisti sappiamo che a volte l'effetto può essere differente, ma ciò è dovuto al fatto che con il principio attivo è possibile che cambiano degli eccipienti e che ci siano delle piccole differenze di effetto farmacologico. Se uno è abituato al farmaco originale potrebbe notare qualche dissomiglianza non sostanziale. Ma molto dipende anche dalla qualità del prodotto e per quanto riguarda le farmacie vicentine, i farmaci provengono tutti da aziende collaudate. Attenzione, però. Se avete una ricetta di un generico e volete il farmaco di marca, la differenza la pagate voi e non la Regione».

Le differenze, casomai, si notano maggiormente in un certa branca della farmacologia, quella relativa all'ingegneria genetica. Se infatti i farmaci generici più comuni appartengono alla sfera della produzione chimica - quelli dell'industria farmaceutica di tipo tradizionale - diverso è il discorso per i prodotti realizzati con alto contenuto tecnologico. Questi, essendo costruiti con metodologie totalmente differenti hanno anche un azione che è difforme. «In tali casi - aggiunge Fontanesi - quando un paziente inizia una terapia con un determinato farmaco sarebbe meglio non cambiarlo. Ma parliamo di farmaci costosi - adatti ad esempio a curare le neoplasie - che le farmacie distribuiscono attraverso le aziende sanitarie e per i quali ci atteniamo scrupolosamente alla cartella clinica del paziente e non ci azzardiamo a cambiare. Se un paziente ha iniziato la cura con quel farmaco è infatti meglio che continui con quello».

Anche per questi farmaci c'è un certo risparmio. Sopratutto a Vicenza, dove le quattro aziende sanitarie si collocano nella fascia bassa degli indici di spesa nazionale. Nonostante questo, negli ultimi mesi si sta però registrando un fenomeno particolare che riguarda la distribuzione dei farmaci. I punti farmaceutici del territorio ricevono infatti meno prodotti, circa il 3% in meno nell'ultimo anno rispetto a quello precedente, mentre sono aumentate le medicine che si consumano all'interno degli ospedali. Di conseguenza, a fronte della diminuzione del valore dei farmaci distribuiti nelle farmacie, è aumentato il costo di quelli del circuito interno delle strutture sanitarie vicentine.

«Aumenta con un ritmo di due cifre anno su anno - conferma Fontanesi - quindi sarebbe meglio guardare alla possibilità di usare la forbice su questo aspetto perché la spesa della farmaceutica territoriale è in netta diminuzione, mentre la spesa ospedaliera è in netto aumento. Inoltre la distribuzione del farmaco territoriale rappresenta il 70%, mentre quello ospedaliero è del 30%, ma se continuiamo cosi si può arrivare facilmente al sorpasso». Eppure il diktat regionale è quello di puntare sulla maggiore prescrizione dei generici nella distribuzione territoriale. Si taglia da una parte e si spende dall'altra? «Nel nostro settore è facile fare economia, basta una delibera - commenta il presidente di Federfarma - ma non vorrei fosse l'ultima piccola raschiatura: se vogliono fare dei risparmi reali che guardino la spesa ospedaliera. Noi abbiamo ceduto i nostri margini e diminuito il nostro giro di affari. La nostra parte l'abbiamo fatta volentieri, adesso spero non colpiscano la salute dei cittadini».

La tesi avanzata è quello del rischio di chiusura di alcune farmacie territoriali a causa del minor introito dovuto sia alla politica dei farmaci generici sia alla diminuzione della distribuzione ospedaliera. Tra i negozi farmaceutici a rischio figurano le realtà più piccole, ma indispensabili in quelle zone scoperte anche dal punto di vista ambulatoriale,non solo di presidio medico. E la questione non sembra essere solo un allarme. «Indubbiamente si sono create delle criticità - chiosa Fontanesi - ci sono dei paesi vicentini nei quali non c'è nemmeno il medico e la farmacia diventa un presidio importantissimo. Ma se continuiamo a fare delle economie, sopratutto i più deboli sono a rischio di sopravvivenza. Negli ultimi dieci anni la diminuzione dei margini è stata in media superiore al 10% e ci sono alcune realtà che stanno chiudendo nei comuni più piccoli. Tanti colleghi, anche vicentini, proprio quelli che portano il farmaco nella famiglia quando c'è la neve. Il nostro messaggio è chiaro : noi abbiamo fatto la nostra parte adesso andiamo a vedere altri tipi di spesa sanitaria».

Lo scenario, insomma, sorprende un po'. Non fosse altro per il fatto che quella dei farmacisti è da sempre conosciuta come una casta che di certo non ha problemi finanziari. In ogni caso il lavoro della Regione e degli stessi direttori delle aziende sanitarie comincia già con delle controparti con le quali fare i conti. E quella dei farmacisti non sarà sicuramente l'unica. E siccome il tempo stringe, anche nella virtuosa Vicenza di sicuro, in un mese, i dirigenti dovranno sedersi attorno a molti tavoli.


nr. 35 anno XV del 2 ottobre 2010

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