NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
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In attesa di “Erodiade” di Giovanni Testori per il Ciclo di Spettacoli Classici all’Olimpico

di Mario Bagnara
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In attesa di “Erodiade” di Giovanni Testori per il

Erodiade di Testori all'Olimpico

A Vicenza andrà in scena il testo originario, per ora reperibile con difficoltà solo in qualche biblioteca (in città solo presso l'Accademia Olimpica), ma per la prima è assicurata la pubblicazione, come 30° Quaderno del Teatro Olimpico, di una nuova edizione. Ne sarà grande interprete, con la regia di Pierpaolo Sepe, l'affermata attrice rodigina Maria Paiato, due volte premiata agli Olimpici del Teatro.

L'Erodiade di Giovanni Testori non presenta una vera e propria trama come altri lavori teatrali: non mancano nel farneticante monologo della protagonista riferimenti agli altri personaggi della vicenda giudaica, ma non sono presenti sulla scena, ad esclusione della testa recisa di Jokanaan (questo il nome, anche acusticamente lugubre e inquietante, del "predicatore del deserto"), coperta da un lino sporco di sangue dentro un bacile posto ai suoi piedi. Sarà interessante scoprire quali scelte di scene e costumi il Teatro Eliseo di Roma e il Teatro Stabile del Veneto abbiano effettuate per questa produzione olimpica, destinata poi ad essere proposta nei prossimi mesi al Teatro Eliseo di Roma, al Verdi di Padova e quindi a gennaio 2011 al Goldoni di Venezia (nei mesi scorsi anche il Teatro Stabile Pubblico Regionale dell'Emilia Romagna ne ha prodotto un'edizione con Iaia Forte e Sandro Lombardi).

Necessariamente a trionfare sarà la voce della protagonista, spesso violenta e tonante contro il suo rivale Jokanaan che nelle prime battute, mentre si presenta (secondo le indicazioni dell'autore stesso), ancora «possente e regale», sul trono «incrostato di pietre e di smalti», definisce «ultimo profeta, martire primo, precursore dei santi e della croce», ma subito dopo anche «maschio crudele e rabbioso del tuo cielo, del tuo Dio e del Cristo usurpatore e vendicativo».


Un dramma d'amore

Si comprende subito che la causa fondamentale del suo tormento è l'amore che ella ha provato e tuttora prova per lui anche dopo la decapitazione. Ricorrente la sua confessione: «... io t'ho amato, sacra testa...». Un amore folgorante il suo, fin dalla prima volta che, una sera, l'ha visto avanzare verso la reggia «come un gigante stremato che non intendeva arrendersi a nessuna legge e a nessuna ragione». Una passione che ella, nonostante i tenaci e coerenti rifiuti del rivale, ha coltivato spiandolo, nella cantina ove era stato imprigionato da Erode, «nudo, splendido, atrocemente maschio, virile e sprezzante». Da questo «osceno rifiuto» è derivato il suo piano di vendetta, realizzato con la complicità della figlia Salomé che ora odia come rivale in amore.

Ora però è una sconfitta, in una reggia che le è ostile e tenta di allontanarla: nella seconda parte infatti si presenta "sfatta e discinta", mentre si trascina la "veste bordata di pietre azzurre e grigie che indossava nel primo tempo". Continua il suo rimpianto d'amore; rivolgendosi a Jokanaan, dichiara: «Avremmo potuto amarci come nessuno sulla terra s'era amato mai; sfidare il tuo Dio e il mio, distruggerli e annientarli con la forza della nostra vana felicità». Ma ormai il destino è segnato: Jokanaan con il martirio si è ricongiunto a Dio, ma per lei che nella parte finale se la prende anche con lo scrittore "senza pietà", accusandolo di non aver adeguatamente interpretato il suo dramma d'amore («questa povera testa l'ho amata, l'ho desiderata e l'ho voluta ancora di più» dopo aver visto Salomè ed Erode abbracciati), si avvicina il momento fatale, la sua estrema vittoria, paradossalmente chiesta al «Dio di Jokanaan e del Cristo». Ormai morente per le ferite che si è provocato con un invisibile pugnale, trova la forza per scoprire e ammirare la testa dell'amato Jokanaan e sembra trovare la pace estrema, «per morire donna e donna soltanto». «Adesso finalmente sono la regina che volevo. Finalmente, adesso, anche chi scrive mi concede dignità, forza e regale grandezza».

nr. 36 anno XV del 9 ottobre 2010

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