«È una connotazione e basta. Chi è nato in quegli anni può ricordare una Vicenza piacevole, ritrovare alcuni luoghi e forse riconoscere anche qualche personaggio. Chi non la conosce invece ha lo stesso approccio con la città di adesso, un po' snob, un po' addormentata, troppo bella per essere vera e poco vera per essere così bella».
Questo romanzo può essere definito un romanzo musicale, protagonista è la chitarra che accompagna un'intera generazione.
«Certo. Non era importante essere di destra o di sinistra, comunisti o fascisti. L'unica differenza era che a sinistra le ragazze erano più belle! Per me, ad esempio, era più importante capire se piacevano i Beatles o i Rolling Stones, e ancora adesso la penso così. Noi eravamo determinati, stavamo da una parte o dall'altra, senza alternative. Il mondo del rock'n roll però superava queste differenze, e per me la musica è centrale ancora adesso».
Avere sedici anni nel '68: è questa la storia di Antonio, Angela e Caproni in un momento delicato della loro vita, tra la fine del servizio militare, simbolo dell'iniziazione al mondo adulto, e la libertà della giovinezza. Come vivono la loro ribellione adolescenziale?
«C'è stata la ribellione che è diventata P38 e bombe, sia a destra che a sinistra. I personaggi invece vivono quegli anni a modo loro, senza farsi coinvolgere troppo. Quello che li coinvolgeva di più era la vita privata e il rock'n roll, che in un certo senso è il contrario del privato».
I protagonisti si ritroveranno alla fine in una città cambiata, priva della magia dei loro anni giovanili. Lei come sente la sua città oggi?
«Le ultime tre pagine del libro erano state definite da un editore "becero descrizionismo estetizzante". A me personalmente piacciono molto proprio per questo descrizionismo! Il personaggio di Caproni torna a Vicenza e rivede la città con gli stessi occhi di quando aveva sedici anni. Potrebbe tornare anche domani e non cambierebbe niente. Vicenza così era, per certi versi, e così è ancora oggi. Rimane una città stupenda dove i monumenti storici, concentrati in poche centinaia di metri, fanno venire il capogiro per la loro bellezza».
Come vede la generazione dei giovani quarant'anni dopo?
«Il nostro era un mondo completamente diverso, non sempre facile. Anch'io ho iniziato a lavorare come supplente precario, ma senza pormi il problema di come fare: si faceva e basta. C'erano molte meno esigenze, ma c'erano più possibilità dal punto di vista lavorativo. La musica era migliore, il cinema era migliore, la letteratura era migliore. La nostra generazione è stata vittima dei "cattivi maestri", ed è la stessa dei pessimi genitori di oggi, ma con il disincanto e il fascino dei grandi rockettari. Speriamo sempre che un giorno suoni alla porta Bruce Springsteeng e viviamo perché questo possa accadere. Oggi rimane solo la disillusione di un mondo che si sta sgretolando sotto ai piedi».
«La nostra rivoluzione ragazzina cominciava ad invecchiarci dentro, a metter su casa, a cercarsi un lavoro. Era gelosa in amore e metteva su la pancia. Col tempo si era ammalata di tristezza e monotonia». C'è insita la volontà di cambiare, emergono alcuni sogni dei protagonisti.
«A quel tempo ci sono state le grandi rivoluzioni che avvenivano fuori, e quelle ancora più importanti che avvenivano dentro, quelle che hanno determinato lo stile di vita e hanno dato la capacità di credere nelle cose. Antonio e Caproni a 25 anni erano già per certi aspetti vecchi perché avevano capito che gli ideali erano diventati barzellette o tragedie, o tutte e due assieme. Chi era intelligente si chiamava fuori da certi avvenimenti, senza abbandonare la speranza di un mondo migliore».
Quale importanza trovano i sentimenti e le passioni nel romanzo?
«Sono fondamentali, soprattutto il disincanto e l'onestà morale: qualsiasi cosa accada, tu sei sempre tu e il resto rimane il resto».
Ha progetti futuri?
«Ho scritto 12 pagine in cinque anni di un romanzo molto interessante perché è un romanzo maturo. Non è ambientato a Vicenza, ma su un aereo che sta tornando in Italia dopo tanto tempo e dove nel frattempo sono successe alcune cose».
E l'autore sarà sempre Guido Costello?
«Credo proprio di sì».
nr. 38 anno XV del 23 ottobre 2010